Lascio qui un link, come un appunto, dopo un regalo ricevuto.
sto cercando di non confondermi, rispetto ai richiami di faccende pratiche: sto cercando di risolvere (730, ccek-in imprevisti che poi, si rivelano incontri) e sento che il mio sguardo s’apre all’inaspettato.
Una paura smette di angustiare e ti porta proprio lì, dove non avresti mai creduto di poter andare, eppure ci sei ed ascolti, ci stai bene.
Ci stai bene, perché non giudichi ed ascolti . . . ? Come se fosse una musica: quello che accade non è quello che ti aspetti o che vedi, è quello che ascolti, quello che senti: ecco, il verbo sentire espande verso un ascolto incondizionato, diventa una scoperta, s’apre alla meraviglia come stato inaspettato di miracolo o semplicemente d’essere bambino, di nuovo 🙂
Hello darkness, my old friend I’ve come to talk with you again Because a vision softly creeping Left its seeds while I was sleeping And the vision that was planted in my brain Still remains Within the sound of silence
In restless dreams I walked alone Narrow streets of cobblestone ‘Neath the halo of a streetlamp I turned my collar to the cold and damp When my eyes were stabbed by the flash of a neon light That split the night And touched the sound of silence
And in the naked light I saw Ten thousand people, maybe more People talking without speaking People hearing without listening People writing songs that voices never share No one dare Disturb the sound of silence
“Fools” said I, “You do not know Silence like a cancer grows Hear my words that I might teach you Take my arms that I might reach you” But my words like silent raindrops fell And echoed in the wells of silence
And the people bowed and prayed To the neon god they made And the sign flashed out its warning In the words that it was forming And the sign said “The words of the prophets Are written on the subway walls And tenement halls And whispered in the sounds of silence”
Quello che conta son le storie, non quello che trovi o porti a casa.
S’apre uno spazio d’ascolto ad ogni incontro, con qualcuno, qualcosa, un paesaggio, un’immagine, un segno visivo o sonoro. Oltre le parole, s’apre uno spazio di ascolto, non sai cosa arriva non sai perché. Restare connessi attraverso l’ascolto senza spettative e senza richieste, come una porta ( o una finestra) che si lascia attraversare, come una strada che si trasforma al passaggio dell’acqua, in fiume …
Le storie sono sempre presenti, persino su una pagina personale di ebay, dove qualcuno espone cose da vendere. Sono presenti soprattutto dove non le cercheresti mai, forse stanno in attesa e, ti sorprendono, se le lasci apparire. Dipende da noi quello che troviamo, così come dipende sempre da noi se non troviamo qualcosa…? 🙂
Le storie si manifestano come suono, hanno un ritmo secolare che ha loro consentito di intrecciarsi fra loro e di cambiare, trasformandosi in un’altra storia, connessa ad altre, e così via. La separazione nel tempo e nello spazio è dissolta, se ascolti e racconti, se sei ascoltato e raccontato.
Quando racconti, sei una Voce fra tante, accogli una storia in te … Sia benvenuta!
Mi sto astenendo da Facebook, e sperimenterò di nuovo il blog, i suoi ritmi più lenti, l’ascolto di presenze assenti o viceversa. Con & senza risposta. Scrivere nel Bosco e non sotto i riflettori. Senza faccine, poillici alzati, controllo di risposte e sguardi da spionaggio gossiparo (senza offesa).
Prima ho ritrovato, e riletto, vecchi commenti dell’epico periodo di Splinder.
Il tempo dei blog (blogs?) era bellissimo – ponte fra due realtà, o più in prospettiva , o senza!
Ho sentito nostalgia, davvero.
Mi piacerebbe avere notizia dei blogger coi quali mi sentivo ai tempi, solo sul blog. Ho ritrovato Danilo Coppola , Simona/Anyanka e Paolo Vites, viaggiano fra blog e Fb.
La distanza fra noi, ha continuato a tenerci in contatto.
“Ci sono storie mai scritte, e forse neanche mai sentite del tutto, che continuano. E, proprio per la loro incompiutezza ed invisibilità, continuano a cambiare, ti seguono silenziose e qualche volta, cantano.”
NPAL Diary & Journey 2406017 (in progress)
25 . 6 . 2017
“No Title” potrebbe essere una non-negazione, forse, come il “no-birthday”?
Nel senso di uno spazio riconosciuto in sè, nella sua in-visibilità presenza, parente dell’infinito e del Niente. Un Non-sense incodificato. Non si vede ma c’è, forse dipende dallo sguardo e da come senti.? Forse, dipende dalla differenza fra cercare e cercare ber trovare.
“Cercare senza meta. potrebbe portare a casa, nel senso del non-luogo, da te stesso inseparato, se quello è il tuo Intento. Cercare non significa per forza trovare qualcosa, ma potresti trovarlo …. nell’inaspettato.
L’inaspettato potrebbe non avere la forma aspetti, o cerchi di vedere… Potrebbe essere “not to be” per la tua mente, o addirittura un pericolo. Invece, potrebbe essere pericoloso ma meraviglioso, periglioso ma rappacificante con ciò che non è “tuo” ma inseperato. Intendi?”
“Lasciati e trovati. e poi , lasciati di nuovo . . . “
Era scritto a mano. La calligrafia leggera, pendeva un po’ di qua ed un po’ di là, come se volasse sopra la riga che usualmente guida in un direzione.
E’ una mappa d’appartenenza.
La mappa è invisibile ed anche l’apparenza, lo è. Lo saranno, se davvero appartengono ad uno spazio indiviso (non uno spazio rappresentato, codificato, confinato, classificato, temuto od amato, venduto o perduto, ecc,). Là, dove non c’è separazione di forma, valore e tempo, fra noi, intendendo me, (tutte le parti di me), e te (tutte le parti di te) o lei (tutte le sue parti, lui (tutte le parti in lui).
Più grande sarà la libertà di stare lontano e vicino, più grande sarà lo spazio… verso una dimensione non misurabile, inseperata. C’è un percorso da fare, potrebbe già essere in corso, sicuramente non avrà un punto di arrivo ( e, forse, neanche di ritorno)!
*2. NPAL “No Border” – 10062013, Milan & Elsewhere
NPAl Diary & Journey 1606017 (in progress)
19 . 06 . 2017
Once upon a time you dressed so fine
You threw the bums a dime in your prime, didn’t you?
People’d call, say, “Beware doll, you’re bound to fall”
You thought they were all kiddin’ you
You used to laugh about
Everybody that was hangin’ out
Now you don’t talk so loud
Now you don’t seem so proud
About having to be scrounging for your next meal.
How does it feel
How does it feel
To be without a home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You’ve gone to the finest school all right, Miss Lonely
But you know you only used to get juiced in it
And nobody has ever taught you how to live on the street
And now you find out you’re gonna have to get used to it
You said you’d never compromise
With the mystery tramp, but now you realize
He’s not selling any alibis
As you stare into the vacuum of his eyes
And ask him do you want to make a deal?
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You never turned around to see the frowns on the jugglers and the clowns
When they all come down and did tricks for you
You never understood that it ain’t no good
You shouldn’t let other people get your kicks for you
You used to ride on the chrome horse with your diplomat
Who carried on his shoulder a Siamese cat
Ain’t it hard when you discover that
He really wasn’t where it’s at
After he took from you everything he could steal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Princess on the steeple and all the pretty people
They’re drinkin’, thinkin’ that they got it made
Exchanging all kinds of precious gifts and things
But you’d better lift your diamond ring, you’d better pawn it babe
You used to be so amused
At Napoleon in rags and the language that he used
Go to him now, he calls you, you can’t refuse
When you got nothing, you got nothing to lose
You’re invisible now, you got no secrets to conceal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Oggi, riascoltando questa canzone, ri-trovo una testimonianza che testimonia una condizione per tutti di una discesa là sotto, in quel punto detto “di non ritorno”, nel senso che comunque ritornerai da qualche parte, ma non sarà più la stessa. In quel punto, capire che è stata una fortuna arrivare fin li’ e, morire nella personalità di chi credevi d’essere e credevano tu fossi.
Essere, almeno una volta in questa vita come “Like a rolliing I stone”, rilasciare le certezze, rischiarle e vivere da mendicante, senza mendicare. Lasciare la maschera che consentiva di medicare celando quell’elemosina da “ricchi”. E, mendicare davvero, senza più maschera.
Liberarsene e, senza saperlo al momento, trovare la consapevolezza e trasformare quel mendicare nel viaggio di chi porge la ciotola vuota agli altri, senza nome e, soprattutto, apprezzandola, sia vuota sia piena:
“Accetta ed onora quel dono che è anche il vuoto”.
Apprezzare e celebrare quel vuoto, soprattutto dentro di sé. Uno spazio che si sta liberando, un ritorno a casa, dolce, struggente, misterioso, indescrivibile. Tutto scompare 🙂
Qualcosa resta? Sì, seguire la musica, il canto che percepisci dentro di te e qualche volta anche fuori, come quando ascolti davvero.
Ascoltare davvero è , sia seguire una voce quando corrisponde ad un ritmo che ti annienta e ti fa rinascere, trasformata.. sia accettare altri ritmi e trovare una distanza…ma continuando a cantare ?
“Stai tranquilla con le cose che ti succedono. L’ultima volta Bruno ricordava il fatto che tutto ciò che ci arriva lo abbiamo causato noi ed avendolo creato noi, siamo anche in grado di sopportarne il giogo. Buona domenica. Baci.”
*1.
Un messaggio che ha una sua precisione. Impeccabile. Lascia una scia e tu se vuoi, puoi ascoltare, seguire, restare. Senza esclusione . . .
Trovare nelle distanze ponti, nel Silenzio, il Canto nell’Assenza la Presenza… Vivere e morire, rinascere a te tesso/a, inseparato/a?!
Grazie, sempre 🙂
*2.
NPAL Diary & Journey, in progress, 0406017, – Here /Elsewhere
*2. NPAL Presence/Absence (Mask), Aries and Tauros Garden, Fhindorn Foundation 2013/2015
5 . 6 . 017
Sopportare, non mi è piaciuto, anzi, come sottilmente egoico ed agente di complicità, l’ho spesso sentito. Una complicità ad un sistema in cui ognuno ha un suo posto, assegnato, chissà, per nascita, karma o altro. D’accordo, volevi il “posto fisso”? Questo lo è.
In realtà (quella non per forza convenzionale), la fissità totale è … improbabile, o forse neanche esiste. Tutto (proprio tutto?) si trasforma, in modo più o meno visibile, o addirittura in modo invisibile (dipende dallo sguardo?), quindi mica può restare fisso ed identico, no?
Preferisco l’esperienza della resistenza a quella della sopportazione, perché la sento più profonda, a creare ponti fra quello che succede “fuori” e quello che sentiamo dentro, ad esempio la ribellione, all’ingiustizia, al dolore al tradimento (e qui, ci sarebbe anche un’altra storia, inerente al cambiamento …).
Dici: “Resilienza, allora!”
Nel senso, che resistere non sia uno sforzo? Riconoscere le risorse (nostre ed altrui, dentro e fuori) soprattutto quelle non riconosciute, e liberarle? Se sopporto, o mi sforzo, ostacolo il cambiamento (dentro e fuori di me)? Liberare le risorse dai condizionamenti precede la loro attivazione ( a volte si auto-attivano, quando sono libere di farlo)?
Ciò che evita lo sforzo consente il cambiamento in funzione di un Intento (aggiornato, via via, sul riconoscimento di ogni paura, condizionamento, schema della personalità, ecc.)?
(Oh, so many questions!)
*3. NPAL Diary & Journey, 2015/2017
Grazie!
NPAL Diary & journey, Dialogue, 0506017 (in progress)