Come prima
e dopo

© lab Harambèe – kaapi carla barnabei

Milano & Altrove, a casa- 3o . 8 . o6

F i n e – I n i z i o

“La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il mistero, non ha mai perso il suo dramma”.

( … )

“Tempo. Tempo. Tempo vissuto, tempo dimenticato, tempo condiviso.

I miei ricordi mi aiutano a vivere il presente ed io desidero che sopravvivano.

Devi raccontare la tua storia e poi devi dimenticarla.

Questo ti rende libero”.

Louise Borgeois

Iniziare un’opera, chiedersi perchè. Lasciare accadere un gioco d’infanzia quando una storia era vera e vissuta. Un gioco da vivere lungo un giorno intero. Dalla mattina alla sera, sogno compreso. Sempre.

Mi sono ritrovata tra fili intrecciati ad altri fili. Sempre loro. Sono scappata fra parole e foto, adesso son qui tra le mie ninna nanne e filastrocche. Ritornano suoni, colori, e persino l sapori. Niente di preciso nè separato.

Una lunga scia di passi intrecciati come nastri a fingere strade…
mi son trovata davanti a cassetti aperti, scaffali appena spolverati, porte socchiuse e ho riscoperto tesori
da riconoscere, da ascoltare.

Immagini sbiadite, ninnoli, conchiglie piene di sabbia. Nastri ancora annodati, fiocchi rossi, gomitoli di filo e cordoncino come nidi, campanelli di orsacchiotti ed orsi parlanti. Abitini, piattini e posatine spaiate, piccoli vassoi e tavolini imbanditi comunque. Casette e cassette.

Ruote di orologi per improbabile combinazione fra un guscio di noce e una pietruzza- delfino. Rocchetti e forbicine lucenti, cappellini con fiori pallidi in carte ingiallite, scarpe da bimba anteguerra.

Ancora, carta in foglietti ripiegati, bigliettini legati con filo infuocato e messaggi arrotolati ma senza bottiglia. Un cestino di foglietti in bustine indirizzate alla stessa persona e mai spedite. Quaderni e quadernini, foglietti legati insieme o da soli. Penne e pennini in astucci, bustine e scatoline.

Piccole cornici, con figurine, foto, disegni e lettere, appoggiate al muro e spesso in diverso non luogo. Giocattoli di latta semoventi, birilli e secchielli per la spiaggia senza paletta, bambole con braccia sottili e capelli dipinti.

Di vetro occhi di gatto su una vecchia borsa inglese simile a quella magica di Mary Poppins. Cristalli di rocca e di sale. Foglie e piume a talismano. Rametti secchi e muschio sempre annaffiato. Ghirlande con fili di voli e cerchi di tamburi e tamorre. Oh, che vertigine !

Prendo solo un po’ di spazio per riprendere fiato e per me, tutto il resto, resta lì. Per ora.

E cerco qualcosa che cambi, una storia da raccontare o qualcosa che la possa accogliere se arriverà da non so dove. Apro cartelle e pacchi, vi leggo scritti sopra vecchi indirizzi e date lontane.
Poi, eccola lì: tanta e tanta garza. Metri e metri di fili intrecciati a fili.

Tarlantana avvolta e srotolata in una nube variabile di inamidato bianco, da lasciare ad ingiallire nel the o a trasformarsi nel verde d’erba menta e melissa.

Dopo, aspettare che sia asciugata e profumata in una grossa treccia lunga fino a terra, a dispiegare ogni filo, ogi trama, verso il cielo. Preprare gomitoli di filo e tutto il necessario.

Chissà quale forma vorrà prendere. Quale storia vorrà raccontare o ascoltare ?


Perchè:

“Le opere e le storie non sono nostre, ci trovano… Sai, sono loro, a trovarci! “.

P. S.:


Insomma, ho ri-cominciato la mia “prima opera”. Di nuovo, dopo quasi tre anni di pausa. Si’, parto per un Viaggio tanto atteso. Come se fosse la prima volta o l’ultima… E’ l’alba.

Grazie.


Come prima
e dopo

© lab Harambèe – kaapi carla barnabei

Milano & Altrove, a casa- 3o . 8 . o6

F i n e – I n i z i o

“La mia infanzia non ha mai perso la sua magia, non ha mai perso il mistero, non ha mai perso il suo dramma”.

( … )

“Tempo. Tempo. Tempo vissuto, tempo dimenticato, tempo condiviso.

I miei ricordi mi aiutano a vivere il presente ed io desidero che sopravvivano.

Devi raccontare la tua storia e poi devi dimenticarla.

Questo ti rende libero”.

Louise Borgeois

Iniziare un’opera, chiedersi perchè. Lasciare accadere un gioco d’infanzia quando una storia era vera e vissuta. Un gioco da vivere lungo un giorno intero. Dalla mattina alla sera, sogno compreso. Sempre.

Mi sono ritrovata tra fili intrecciati ad altri fili. Sempre loro. Sono scappata fra parole e foto, adesso son qui tra le mie ninna nanne e filastrocche. Ritornano suoni, colori, e persino l sapori. Niente di preciso nè separato.

Una lunga scia di passi intrecciati come nastri a fingere strade…
mi son trovata davanti a cassetti aperti, scaffali appena spolverati, porte socchiuse e ho riscoperto tesori
da riconoscere, da ascoltare.

Immagini sbiadite, ninnoli, conchiglie piene di sabbia. Nastri ancora annodati, fiocchi rossi, gomitoli di filo e cordoncino come nidi, campanelli di orsacchiotti ed orsi parlanti. Abitini, piattini e posatine spaiate, piccoli vassoi e tavolini imbanditi comunque. Casette e cassette.

Ruote di orologi per improbabile combinazione fra un guscio di noce e una pietruzza- delfino. Rocchetti e forbicine lucenti, cappellini con fiori pallidi in carte ingiallite, scarpe da bimba anteguerra.

Ancora, carta in foglietti ripiegati, bigliettini legati con filo infuocato e messaggi arrotolati ma senza bottiglia. Un cestino di foglietti in bustine indirizzate alla stessa persona e mai spedite. Quaderni e quadernini, foglietti legati insieme o da soli. Penne e pennini in astucci, bustine e scatoline.

Piccole cornici, con figurine, foto, disegni e lettere, appoggiate al muro e spesso in diverso non luogo. Giocattoli di latta semoventi, birilli e secchielli per la spiaggia senza paletta, bambole con braccia sottili e capelli dipinti.

Di vetro occhi di gatto su una vecchia borsa inglese simile a quella magica di Mary Poppins. Cristalli di rocca e di sale. Foglie e piume a talismano. Rametti secchi e muschio sempre annaffiato. Ghirlande con fili di voli e cerchi di tamburi e tamorre. Oh, che vertigine !

Prendo solo un po’ di spazio per riprendere fiato e per me, tutto il resto, resta lì. Per ora.

E cerco qualcosa che cambi, una storia da raccontare o qualcosa che la possa accogliere se arriverà da non so dove. Apro cartelle e pacchi, vi leggo scritti sopra vecchi indirizzi e date lontane.
Poi, eccola lì: tanta e tanta garza. Metri e metri di fili intrecciati a fili.

Tarlantana avvolta e srotolata in una nube variabile di inamidato bianco, da lasciare ad ingiallire nel the o a trasformarsi nel verde d’erba menta e melissa.

Dopo, aspettare che sia asciugata e profumata in una grossa treccia lunga fino a terra, a dispiegare ogni filo, ogi trama, verso il cielo. Preprare gomitoli di filo e tutto il necessario.

Chissà quale forma vorrà prendere. Quale storia vorrà raccontare o ascoltare ?


Perchè:

“Le opere e le storie non sono nostre, ci trovano… Sai, sono loro, a trovarci! “.

P. S.:


Insomma, ho ri-cominciato la mia “prima opera”. Di nuovo, dopo quasi tre anni di pausa. Si’, parto per un Viaggio tanto atteso. Come se fosse la prima volta o l’ultima… E’ l’alba.

Grazie.


A
C a s a


© lab Harambèe
Monti di S. Lorenzo al Guercio, Luglio 2006

q u i

o l t r e

“NON C’E’ AMORE PER CHI RESTA FUORI”
dice


GPQ
cioè Giò

Non c’è amore se lo cerchi fuori di te come se fosse qualcosa che ti deve riempire o svuotare…come se fossi tu il contenitore e non il contenuto controllato in fondo e soprattuto vincolato daproprio quel cercare, in modo continuo e compulsivo,fuori di te.

Attesa spasmodica e fuorviante che ti farà insaziabile, nell’aspettare come un diritto o un dovere ciò che non ti basterà mai.

Attesa disillusa nel disagio di una impotenza a riempire ciò che non può essere nè colmato nè svuotao.

“…Siamo vasi comunicanti e illusi di esserlo …”

Oltre l’illusione l’accettazione, non c’è misura ma c’è limite. Non c’è appagamento ma accettazione.

C’è una porta ed una finestra, non si pùò scappare …La casa sei tu!

Un abbraccio sorridente. Ed anche una lacrima come goccia di pioggia.


© lab Harambèe
S. Terenzio, Luglio 2006


Porta

e

riporta

Venticinque.


Due più cinque sette. Sette per tre ventuno, resto quattro. Ecco i numeri: due,cinque,sette, quattro.

No, no li giocherò al lotto. Sono qui di fronte a me. Mi avvicino, ci parlo:

“Che numero sei tu, me lo dici…?”

2) “Io sono uno e l’altro. Aspetto il tre.”

(sorrido all’immagine della coppia…Sarà possibile non an/negarla contrapponendo gli opposti? Me lo domando…)

4) “Sono completo, equilibrato come un quadrato.Mi raccomando, tieni i piedi per terra..! ”

(eh sì, ti scriverò addosso sulla pelle, ne ho bisogno…!)


5) ” Il ciclo del quadrato è completato, io sono un ponto verso il nuovo mi chiamano numero della tentazione e del cambiamento.”

(Oh, lo so, mannaggia. Nella mia data e ricorrenza di nascita ho innumerevoli cinque…)

7) “Non aspetto più. Nessuna contrapposizione, nessuna realizzazione. Nè illuminazione. Riunifico oltre il tempo e lo spazio.”

(oh, bè…m’inchino)


© lab Harambèe – Sarzana & Altrove, Luglio 2006

n o m a d e

casa di L.

Poi, chiuderò ancora gli occhi, ed il dialogo continuerà spero. Nei giorni, fra segni e sogni.
In sonno ed in veglia la linea che disegna ed insegna non finirà mai di trasformare e sorprendere. Tutti i giorni, qui. Dentro e fuori di me.


Buon viaggio…!

(c o n t i n u a – 1.a parte )

P.S.: il post avrà un seguito numerologico…meno frivolo!


V i a

<br<


© lab Harambèe – Sarzana & Altrove, Luglio 2006

“Quando non può lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela.

La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte delle acque tornate calme.

Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione.

Forse conoscete quella barca che si chiama desiderio.”

“…perseguire un obiettivo che cambia continuamente e che non è mai raggiunto è forse l’unico rimedio all’abitudine, all’indifferenza, alla sazietà. E’ tipico della condizione umana ed è elogio della fuga, non per indietreggiare ma per avanzare. E’ l’elogio dell’immaginazione mai attuata e mai soddisfacente. ”


Henri Laborit –

“Elogio della fuga”