Vorrei scriverti una lettera, perchè vorrei parlarti, ma non si può. Siamo confinati per lockdown (Covid 19 Virus), o almeno così crediamo.
Vorrei parlarti, sì. E’ come se mi avesse colpito un fulmine. E se l’ha fatto, è accaduto, intensamente ma dolcemente, nel senso che non ho sentito un colpo ma . . . luce. Ammesso che la luce si possa sentire, nel senso di feeling o di abbaglio, sono in questo chiarore forte ed evanescente, cioè in movimento, non stabile.
Vorrei scriverti una lettera, non un messaggio (whatsap o sms) e o una email. No, proprio una lettera, scritta su carta, magari con un disegnino, non esplicativo, ma che si manifesti di per sé, sul foglio. E, che sia nella sua libertà indipendente, come la meraviglia. 🙂
Forse, non una lettera vorrei scriverti. Piuttosto riconoscere uno spazio, che sia ponte fra te e me, noi, o addirrittura un burrone per perdersi e cielo per volare ( via, da soli ed insieme, un sentiero per aria, non qualcosa da possedere in terra). Qualcosa da condividere ma non per obbligo, per scoperta di un viaggio che già incominciato perda il suo programma (se mai lo abbia avuto).
Adesso che la libertà sta cambiando suoni e colori, s’assottiglia nel tempo (breve o no, chissà) che ci resta, ci incontra diversamente , diventa essenziale e senza fronzoli nè aspettative. Libertà libera da definizioni, di esser quello che è e che non è stata finora.
(continua – in progress 29042020)
Immagini:
NPAL LAb 2015-16 Findhorn Foundation – “Così vicini all’Oceano ed alle Stelle” – “So close to the Ocean, the Moon and the and Stars”)
Un breve racconto da “La mia vita” libro di mio padre Carlo Barnabei – partigiano della brigata Gap “Sergio Bassi”
PIAZZALE LORETO
“E’ appena trascorso il giorno glorioso del 25 Aprile. E’ mattina, ho da poco finito il turno di guardia alla mitraglia appostata sul terazzino della seconda Portineria della mia Fabbrica, l’Alfa Romeo, in via Renato Serra. Gli scontri in città sono finiti. Trovo il modo di fare una scappata a casa. Mentre cammino per raggiungere la mia abitazione, apprendo la notizia che Mussolini è stato giuistiziato. Il suo corpo è esposto a piazzale Loreto. Ho un sussulto, vado subito a vedere se è vero, incredulo.
Arrivo e la piazza è gremita all’inverosimile; mi appare la scena che tutto il mondo conosce. Al traliccio di un manufatto sinistrato (angolo corso Buenos Aires) sono appesi per le gambe i corpi di Claretta Petacci e Benito Mussolini. Quei corpi non mi fanno compassione, rappresentano la fine della tragedia che ha sconvolto il mondo. Il luogo è transennato, e vigilato dalle Guardie Partigiane. Le salme provengono da Dongo, sono state deposte in questo piazzale dove, il 10 agosto 1944 per rappresaglia ad una presunta azione partigiana di sabotaggio (contro un camion tedesco (in viale Abruzzi – 8 Agosto 1944 ), dei militi fascisti (della legione Ettore Muti di RSI) avevano fucilato, 15 antifascisti detenuti, prelevati dal carcere di San Vittore (per ordine del comando di sicurezza nazista).
Poco dopo il comando C.N.L., avvertito il pericolo che i corpi vengano calpestati dalla folla inferocita, nell’intento di sottrarli allo scempio, dispone di esporli al cospetto di tutti.
Un fiume di persone passa davanti alla transenna, lì vicino se ne sono fermate altre. Ecco: vedo di spalle una donna anziana, vestita di nero; appoggiata alla transenna, gesticola, impreca, maledisce quei corpi poco distanti da lei, quasi li tocca! Le persone vicine assistono in rispettoso silenzio.
Quella scena è sempre rimasta impressa nella mia mentee d è l’immagine inesorabile della condanna del nazifascismo. “
Aggiungo una “NOTA”: Nella narrazione di quei giorni da parte di mio padre, ricordo un’altra immagine che in questo suo racconto non appare: sul corpo di Claretta Petacci appeso capovolto la gonna è stata chiusa ( legata) alle ginocchia, grazie ad un gesto di rispetto di qualcuno. Quest’immagine e quella della donna anziana in nero che maledisce, non mi sembrano in contraddizione ma complementari. Nella loro distanza uno spazio per la nostra umanità. Per non dimenticarla mai, sia in rivolta sia in pace, verso tutti, nessuno escluso.
Ora e sempre resistenza rinnovata.
Una delle mie foto preferite di mio padre Carlo (Carletto). L’ho trovata recentemente, non l’avevamo mai vista insieme e non appare nel suo libro (pubblicato ne 2004 e depositato all’Archivio dei diari di Pieve).
Probabilmente, sta facendo un comizio (sul davanzale di una finestra), nel 1945. Chissà se quei giornio mio zio Peppino Roncaglioni (nome di battaglia “el Negher” partigiano della brigata Gap di “Visone” G. Pesce) fosse ancora vivo. Morirà a 21 anni in ospedale per rappresaglia fascista il giorno prima della Liberazione.
Nel ’49 mio padre e mia madre Renata, staffetta partigiana e sorella di Peppino, si sposeranno e continueranno per tutta la vita insieme a rispettare quella scelta politica ed umana senza compromessi con coraggio, trasmettendola . Grazie (non aggiungo altro) – Carluccia
“Non importa se vedi in Bianco e Nero o a Colori. Ascolta . . .
C’è un vento pazzesco, tutto ondeggia, in cielo ed in terra. Anche la macchina sopraffata dal movimento dell’aria e mio, sposta immagini oltre l’obiettivo, fotografando un’imprevista inquadratura. Mentre, quella rimasta fuori si libera, potrebbe raggiungere tutte le altre immagini liberate, chissà dove?
“Quando non puoi vedere, ascolti.”
NPAL Lab – “Blowing in the Wind”- Findhorn & Elsewhere, August/September 2012
(continua – in progress)
26 . 7 . 2019
Quando comincio a raccontare, spesso non so se farlo con un tempo presente o passato prossimo o remoto. Il racconto, a volte è un ospite inatteso, si manifesta poco a poco. Questo, accade nel presente (sono, sei). Se evoca dal passato ciò che già era accaduto o non accaduto , acoltando sento altre storie (ero, eravamo, eravate, erano). Ricordo, o non ricordo, mi è accaduto o l’ho sognato e, che differenza ci sarebbe?
Parlare del tempo non è una negazione (c’è stato o non).
Piuttosto, chiedersi “chi sono?” sia una domanda (esssere presenti mentre lo si chiede, con umiltà non sottomessa e spirito bambino) nei limiti consentiti dalla trasformazione della nostra consapevolezza che invecchiando può consentirci nuovi inizi … ?
NPAL LAb Exhibition & Illusion, Milan & Elsewhere 2012
“A volte, non c’è confine fra domanda e risposta.”
Viaggiano insieme, oltre confine. E, se “la risposta è dentro di te”, è importante non essere soltanto, o sempre, fuori . . . ;.)
(continua – in progress)
7 . 2 . 2019
La distanza fra due immagini di paesaggi potrebbe essere intesa come uno spazio da percorrere, a piedi o in volo, da soli o iinsiemead altri, con un mezzo di trasporto, o senza.
Un cammino o un volo, accade fra cielo e terra, sulla terra in questa cosidetta terza dimensione o nelle altre. Trovarsi nello stesso viaggio in questa o in altre realtà multidimensional, fa una certa differenza, ma se navighi davvero ad un certo punto sei oltre confine, per ipotesi… Come esserne mai certi? (no separation) 🙂
NPAL Lab – Diary & Journey “Passano e ripassano” via Corelli, Milano & Altrove 27 Febbraio 2019
(- continua)
28 . 2 . 2019
Immagine di treni in transito, tanti viaggi tra di loro, intervalli, immagini, cambiamenti. Sospirando canto Amapola, perchè ne sento l’aria. Ed adesso, scusatemi, vado a cercare quel libro “Il Viaggiatore Notturno” di Maurizio Maggiani.
Si, proprio quel libro che mi aveva fatto ricordare di aver sentito cantare quella canzone da mio nonno Felice, sottovooce, quando cantava ormai solo così, spesso da solo davanti alla finestra, dopo aver condiviso, da giovane, per tanti anni la sua voce con un coro. Quanti ricordi vissuti o, ascoltati raccontare.
Mia mamma Renata, piccola piccola, lo accompagnava quando lui andava a cantare nel coro, verso sera. E poi, lei seduta ad ascoltare, seguiva lui in silenzio, intanto imparava le canzoni di un vasto repertorio di generi musicali diversi. Per tornare a casa, a notte fatta, con la sua manina nella tasca grande del cappotto del suo papà altissimo, bellissimo e dolcissimo. Credo di aver ereditto quel senso dell’essere compagni musicali, sonori nel vivere, anche condividendo il silenzio. Grazie.
Quando, non molto tempo fa, ho comimciato ad essere rassicurata nell’ascolto, piuttosto che nell’essere ascoltata, ho cominciato ad intendere come il bisogno di raccontare prescinda dall’ascoltare, ascoltarsi nell’essere “insieme” (anche se l’altro non c’è o non si vede). Però, per questo… working in progress, mentre sta arrivando un’altra Primavera!
Ho preso tanti treni nella mia vita e quanti ne ho persi! Ne resta una immagine mossa, di tracce sempre in divenire. Perchè, in fondo, un viaggio non è mai finito e le mete sono sempre in movimento fra loro. Un treno in transito questo lo sa…
Il viaggio non va atteso, va vissuto in ogni momento, dovunque tu sia, lo spirito del viaggio è sempre con te. Non sei mai solo nè fermo.
“Non aspettare di partire, comincia a viaggiare dove sei, anche se sei seduta davanti alla finestra della tua stanza.”
(lascia andar via i pensieri ed ascolta. Forse, c’è una storia che è appena partita e sta arrivando da te … )
Kaapi Carla Barnabei – NPAL Lab “Waiting for a Tales” – Findhorn Foundation – 2012
“Non sono le persone che fanno i viaggi, ma i viaggi che fanno le persone”.
John Steinbeck
(- continua)
3 . 3 . 2019
NPAL Lab – Diary & Journey “Listening”, Milan and Elsewhere, 3 March 2019
“Nell’Acqua c’è uno Specchio. E, nello specchio il fluire dell’immagini, chissà dove.”
Le immagini riflesse, come treni d’altra dimensione, vanno Altrove?
P.S.: Il viaggio mi porti “qui”, dove sono. Nessun confine vorrei percepire ( rilasciando l’illusione di percepirlo) 🙂
(in progress)
ore 21.47
Lascio qui un paio di appunti per la mia ricerca sulla esperienza passata ed in progress “Mappe per/del Silenzio”. Titolo assolutamente indicativo, provvisorio ed in trasformazione. Insomma, per il poco che ne so, una storia multidimensionale di segni sonori ed in-visibili . Spazi e mondi.
Da anni ci penso e l’incontro con il khoomi mongolo a Ulan Batar (Giugno 2018), la mia resa (“non ce la faccio a cantare così, riconosco il mio limite e, ti seguirò ascoltandoti, fino all’infinito”) e la testimonianza del maestro (che emozione risentirlo nel video!) hanno segnato una svolta facendomi da ponte nella nebbia.
* (ho trovato la prima di queste tracce sottostanti, sbirciando fra i vecchi post del 2007 per la prima, e da questa ho trovato la successiva 🙂 o procedo, quando non sto ferma per associazioni e per incontro con “quello che arriva” o trovo.. Si rinnova la gratitudine che ho sentito allora e sento ora. Grazie 🙂
(fantastico, ascoltare tutte e tre le tracce, video, contemponeamente . . . ) 🙂
(in progress)
4 . 3 . 019
** Procedo, quando non sto ferma, per associazioni e per incontro con “quello che arriva” o trovo (siano parole, immagini o suoni).
Questo è un posto a cui appartengo, ma non è al posto che appartengo veramente.
Appartengo a ciò a cui il posto stesso appartiene. Ed è un’appartenenza, che sto scoprendo o che si sta rivelando. Non solo a me, si sta rivelando . . . . Perchè?
Siamo indivisi, e scoprirlo è un percorso.
Sì, è un percorso e , come tale attraversa e si fa attraversare, oltre (o nonostante), le parole, le aspettative e , soprattutto, oltre ogni catalogo o catalogazione . . .
“Si tratta di affidarsi, e non di con-trattare . . . “
Dicevi, come una Nuvola nel Cielo. Sussurrava il Vento.
Sì, le Nuvole sussurrano, altrimenti come potrebbero cambiare forma… ? Il Vento le attraversa mentre insieme cantano. Oltre è un luogo (o non-luogo) esiste, non è speciale. Lì, non è dove sei di più ( o meno) , ma senza misura sei , così vicino al Niente che ancora temi (?).
Oh, (mi) fai delle domande meravigliose, non sono inquisitorie. Sono un dono, aprono mondi da esplorare.
*2.
Ti ringrazio.
o
E, questa gratitudine è una chiave che apre la mia porta chiusa, e chiude la mia porta aperta. Libera (me ) da paure ed entusiasmi (chiusure & aperture), riconosce il confine.
Il confine, esiste?
Vivrò ancora, con me e con te, per scoprirlo.
E tu, invisibile, trasformerai ogni domanda. Fino fondo, là dove non c’è misura o fine separata da un altro inizio.
Ci sono momenti in cui mi dimentico di ciò che, pochi istanti prima, avrei voluto scrivere … Ed allora, cosa scrivo (adesso è proprio così)? Bene (C l i c k ), scrivo quello che sento allora, cioè ora. E, questo è proprio un momento in cui sto dimenticando ciò che poco fa avrei voluto raccontare.
C’è una pausa, uno spazio che si intromette fra un’immagine passata ed una presente, ma che non c’è o comunque, non si vede. Un paesaggio mancante o così infinito da annullare ogni definizione, riferimento o nome. Resta ben visibile, uno spazio rarefatto. Li’, mi smarrisco. C’è un balbettio, fra vedere e non vedere. Non sapere, sempre. Un balbettio, sì; me lo ricordo. Quando si balbetta, che succede? Si incespica, su una lettera, su un suono o chissà dove (veramente).
Ci si interrompe, la voce si spezza, non si può continuare, fino alla fine, mai. L’interruzione mi fa sprofondare in un baratro: non sono arrivata alla fine della parola, o della frase, e resto sospesa, arranco, scivolo, precipito, ma dove? Sto parlando al presente, ma quando balbettavo, e ci “credevo” proprio, era così. Se solo mi fossi fermata ad ascoltare, quel baratro avrebbe assorbito il mio precipitare e l’avrebbe trasformato in un volo. Musica di giostra , o di carillon, sento ora… la ballerina col tutù rosa, fra gli specchi, gira e gira. La sua danza deborda dal palcoscenico, (chissà dove), traccia movimenti tribali. S’accende un fuoco. (. . . )
Una storia vale un’altra, quello che conta è raccontare, anzi accogliere le storie, che di nostra proprietà non sono, lasciarle passare. E, restituirle al Vento.
Grazie, sempre. 🙂
NPAL Lab/ Home, PS (provisional set) 2013/14
Eccone una, una storia, un’altra.
Quando sento certe canzoni, le ascolto e le canto come se fossero scritte dentro di me. Mi meraviglio di ricordare canzoni degli anni settanta, parola per parola, quando dimentico tutto o quasi!
La voce accoglie e rilascia, tante storie, mie e non… quando si dice che la separazione non esiste ed è proprio un soffio in-separazione, un balbettio che passa dal baratro e quando meno te lo aspetti, ti porta da altre parti. Come viaggiare in un altro mondo, pur restando qui. O, forse, si resta sul confine
fluttuante fra i mondi, provvisoriamente (cioè per ora).
Forse le azioni consuete alle proprio o altrui della personale o altrui Facebook’s page, tralasciate in loco, s’affacciano qui? Eh, da un po’ Scrivo nei commenti del blog un link come un appunto da sviluppare in seguito, in un post, qui.
Eccone uno!
Post in progress, assolutamente . . .
NPAL Diary – Sound & Meeting/Testimony
25 . 8 .2014
Ah, il Silenzio . . . Presenza di libero suono, senza chiacchere. Silenzio; che va taciuto o detto, c’e’ differenza? Che sia segreto o cio’ che non va taciuto, segretamente in sospeso e non posso sapere ne’ cosa ne’ come, sarà’ espresso e da chi… Non so, se il Silenzio sia in me o in noi, ammesso che ci sia distanza, o vicinanza, fra me , fra noi, fra voi e tra loro . . .
NPAL diary, Findhorn Foundation / the Park, July 2014
Suona, suona. Questa canzone che parla di fine e contemporaneamente di risveglio, come se fossero in fondo inseparati. Non c’è risveglio senza fine. E, la fine sta accadendo, ora.
“Non è quello che dici, ma la voce che hai. Come è diventata la tua voce, dopo innumerevoli pianti ed innumerevoli sorrisi, nell’uragano e nel sole. Sta camminando da lungo tempo, ancora. Non è se ti risveglierai ma dove sei ora, e se lo sai … ! “.
Ritornare a Casa. Questo, ritorno, qui ora. Ascolto. E, mi sembra ad ogni minuto una nuova partenza, infinita, qui, ora, verso casa … Grazie.
Le voci di Bob, vanno oltre il testo, mi portano a sentire un cambiamento che segna il momento presente, provvisorio, in continuo cambiamento, eppure nella “sua” eternità …
Thank you so much 🙂
NPAL Meetings and Memories 0607014
P.S.: nei commenti, come al solito, lyric e riferimenti, in progress… (tanti sono ! 🙂
Shadows are falling and I’ve been here all day It’s too hot to sleep time is running away Feel like my soul has turned into steel I’ve still got the scars that the sun didn’t heal There’s not even room enough to be anywhere It’s not dark yet, but it’s getting there
Well my sense of humanity has gone down the drain Behind every beautiful thing there’s been some kind of pain She wrote me a letter and she wrote it so kind She put down in writing what was in her mind I just don’t see why I should even care It’s not dark yet, but it’s getting there
Well, I’ve been to London and I’ve been to gay Paree I’ve followed the river and I got to the sea I’ve been down on the bottom of a world full of lies I ain’t looking for nothing in anyone’s eyes Sometimes my burden seems more than I can bear It’s not dark yet, but it’s getting there
I was born here and I’ll die here against my will I know it looks like I’m moving, but I’m standing still Every nerve in my body is so vacant and numb I can’t even remember what it was I came here to get away from Don’t even hear a murmur of a prayer It’s not dark yet, but it’s getting there.
Oh yes … ho sempre avuto difficoltà a scrivere, e dire, quello che sento per Bob, anzi per la sua voce, per la sua voce, forse indipendentemente da quello che canta .
Non ho mai conosciuto l’inglese e, quando ho cominciato ad ascoltare Bob a 16 anni, ed anche ultimamente, negli ultimi anni lo sto studiando, è così: quando sento cantare o parlare Bob sento un Suono. Come Quando, poco fa, un vento tempestoso scuoteva alti alberi, qui di fronte alla finestra, ho ascoltato il canto senza parole, così simile al silenzio ed al fulmine. Quello che ho sentito allora, mi accompagna anche ora e sempre. Quindi, accetto questa difficoltà ad esprimermi, è stata ed ancora è, una via di accettazione del mio limite, così sempre in bilico, come sono, tra emozione e voler comprendere e riconoscimento del mistero di una distanza insondabile. Credere fino ad un certo punto eppure aver bisogno disperato di totalità, Per tanti anni, soprattutto quando ero davero persa, la sua voce è stata una guida per me. Ascoltarla mi riportava veso casa, chissà dove. Oh yes, ho avuto, ed ho altre guide ma ancora sento, tutto il sostegno avuto fin qui, e le maree ed i naufragi, giù a toccare il fondo, tante tante volte. E poi, risalire alla terra, ma sempre aver bisogno di profondità ed abisso, da felicità a condanna, o viceversa.
Guide e maestri … dentro, fuori ed altrove, sono Uno . E questo Uno ha la sua voce, (quella di Bob). Quella voce che son tante voci. Altre, altre voci! Ascolta. Ascoltala, una voce che scompare… si assottiglia al nulla… e risorge e va ad onde, a scivoli, a precipizio verso l’oceano.
Mi racconta delle maschere indossate e tolte per scoprirne altre, mi racconta di venti storici e non, di identificazioni a cancellare, il percorso dall’illusione al nulla, maI niente scontato, niente catalogato. C’è sempre un margine non scritto, vuoto, per scivolare via e non capire secondo il catalogo, il giudizio. Un sorriso che si fa pungente, un urlo che si sottrae alla prgione, la conosce bene. “Vai se vuoi, se no resta, tanto non cambia, forse.” 🙂 Testimoniare i segni e le ferite, e oltre la speranza, stare qui. Affidarsi al posto assegnatoci in quella Mappa misteriosa, terrestre e celeste, multidimensionale. Che sia un n posto provvisorio secondo questa nostra visone separata, una parte sola … da scoprire inseperata?
Nella voce di Bob, amo i “segni a scomparire” , le incrinature dalle quale filtra la luce (citando Cohen). Attraverso una penombra sempre più lontana dalla separazione fra ombra e luce, let’s go … Grazie, many tears, now…
http://vimeo.com/m/81378472 Il post e’ in progress( tanto per cambiare… 🙂 ) anche perché’ sto preparando al viaggio imminente (Londra e Galles) motivato anche dalla visita a questa mostra.