Guardo i Fiori nel vaso, sul tavolo in cucina. “Stanno appassendo, dovrei cambiarli!”, è un pensiero automatico.
Appassendo nel vaso raccontano la storia
delle foglie quando lasciano il ramo, cambiano colore e distanza dalla
terra. Volano giù.
Così, le margherite bianche ingiallendosi mi richiamano alla stagione della mia età di oggi, in bilico fra Autunno ed Inverno. E, se i miei capelli sono diventati di un colore così simile a quello delle margherite e delle foglie ingiallite, mi rallegro del cambio di stagione, dentro e fuori di me, di nuovo. Me ne rallegro, perchè mi sembra di far parte di un cambiamento che non solo mio, sia oltre me. Inarrestabile.
Non esiste una età in cui ci si butta via o si butta via qualcun altro o qualcos’altro.
(continua / in progress 15092019)
Manca la foto, ma c’è (sul cellulare), domani la trasferirò. Nel frattempo, ne metto un’altra . . .
NPAL Lab – “s o t t o c a s a” – Milano, Parco Lambro & Altrove
28 . 0 . 2019
“Sarà ben ora di buttarli questi fiori! Guarda, sono proprio appassiti!”. Stai dicendo. Forse, sei in ansia o indispettita?
“Non lo sai che i fiori appassiti vanno buttati, il vaso va lavato e riposto?”
e continui a dire di quello che sembra e, forse non è, di quello che si deve fare.
“Non lo capisci?”
(dialogo interrotto)
(continua)
30 . 9 . 2019
30 . 9 . 2019
Cantano gli ultimi Uccelli prima di migrare da questa Estate infinita.
Come una Mollica di Pollicino, per poter tornare indietro anche se, ritornare non sempre ti riporta da dove, credi o credevi, di essere partito:
“L’Acqua diventa Ramo. I Rami diventano Acqua.
Trema il Fulmine così vicino alla Stella.
Ho rivisto “Abrazo de la Serpiente”, ci sono tornata (per caso?) sospinta, come una barchetta di carta, dal Vento, da un link ritrovato in Fb. Ho sentito che mi parlava, parlava proprio alla parte di me che vuole “partire, senza scappare, però…”.
“Da cosa potresti scappare?”
Da qui….
“Oh, non puoi! Qui e là sei sempre tu, oppure non lo sei, mai.”
Preferisco la seconda ipotesi.
“Sì, però però arrivarci è un Viaggio!”
Va bene. Mi aiuteresti a partire?
“Lo stai facendo, anzi sei già in viaggio. Ascolta!
(la meta non è il viaggio).
Sì, ascolta, il tuo Canto ti sta cercando . . .”
Grazie.
28 . 5 . . 2017
“Qualunque sia il tuo dolore e la tua pretesa o ricerca di guarigione, ascolta. Ascoltati, trova il confine, là dove ascoltare è ascoltarti ma rimane ascoltare. Là, oltre alla tua persona/lità. Ascolta. Ascoltati ascoltando, con umiltà e semplicità, vai oltre. Riconosci la tua paura, ascoltala, Qualunque mezzo sarà buono se alla fine lo rilascerai. Non cercare scorciatoie e se le troverai, ringrazia! … Fino ad allora, o finora, non si sa in quale vita o quando, vai, vai, vai…. e resta andando e, vai restando. Mi intendi?”-
(così, sento diverse voci nello stesso o canto, e sono una…).
La tua voce è un canto, e come un canto, seguo il ritmo del respiro, il mio che non è solo mio … vado e resto, resto e vado. La bambina in me, non è negata e non comanda più. Riconosce il Cerchio e partecipa, lieve.
Così, sento diverse voci nello stesso canto, e sono una…
La naturalezza è l’unico potere, autentico.
GRAZIE!
NPAL diary & Journey 2805017, Here & Elsewhere
28 . 5 . 017
Mi sono svegliata, con l’immagine (la prima, qui sopra), davanti agli occhi.
Ho risentito quella emozione di disturbo, della scorsa estate in Siberia, quando ci siamo incontrati con Olga. Eravamo un gruppo in un seminario-Viaggio, non un tour turistico (senza offesa per Alpitour), eppure mi sono sentita come in un safari, davanti agli obiettivi, cellulari e macchine fotografiche: la sciamana Olga nella sua stupenda casina, di quattro per quattro metri, ci guardava con severità e compassione.
Cellulari in mano e macchine fotografiche pronte, riflessi condizionati di ripresa e giudizio. Tutto pronto.
Alla fine, si è fatta fotografare. Così piccola, così di un altro Mondo (un Ponte fra i Mondi). Si stringeva al figlio e… non so scriverne. Le foto son venute tutte sfocate, che coincidenza! Io mi sono sentita svenire, avrei voluto svanire, del tutto!
Da allora, per ogni tipo di rappresentazione, sento una diffidenza che sto cercando d’esplorare. Forse l’ho sempre sentita per l’arte, meno per la fotografia, ma ora è riemersa potente. Hanno detto che fotografare ruba l’anima. Magari non ruberà l’anima, ma la disturba! Se “fissi” in un’immagine permanente, qualcosa o qualcuno separandolo, dalla sua appartenenza multidimensionale, e mostrarlo come una “figurina”, l’anima è disturbata, e soffre. Ed, ad soffrire è anche la nostra anima. Mentre l’ego gongola?
Ecco il ricordo, di una foto che non ho fatto.
Le fiamme del fascio di rami di Ginepro per la fumigazione si espandono nella piccolissima stanza, dove il gruppo è voluto entrare insieme, invece di rispettare la richiesta (10 per volta); cadevano ovunque i lapilli , alla fin del rituale di guarigione , che non descrivo. Avete presente l’energia del Vulcano? Eravamo indifesi, in balia del Mistero.
Le presenze (umane) erano troppe, troppo pesanti, e pensavano senza sosta, giudicando, classificando? Olè! Un dente si è spezzato (sarebbe potuto rompersi ben altro, più gravemente. Quante, quante paure sono emerse, urlanti! . Molti rimproveri indignati : era una sciamana esagerata, non avrebbe dovuto fare così, “Gli sciamani non sono aggressivi, non lasciano tracce sul corpo… “.
Pensavano di essere ad uno spettacolo e lo spettacolo li aveva troppo spaventati? Davanti alla potenza della naturalezza ci si può spaventare, d’accordo. Dipende dal tuo Intento, e dal tuo “bisogno”, cosa ti succede. Puoi scappare, giudicare, cercare scampo dall’abbandono, oppure arrenderti, inchinarti e ringraziare, davvero, o altro. A te la scelta. E, basta. Non è uno spettacolo (di magia).
Ormai, tutto può essere documentato (ed essere consultabile in rete, su youtube o altro). Tutto, tranne l’invisibile. Rispettiamo almeno quello. E, chiediamo(ci) quale potrebbe essere la causa di tutta questa compulsione di rappresentazione. La risposta potrebbe essere davvero interessante, un viaggio avventuroso e magari pericoloso, dentro di noi.
“La nostra personalità è terrorizzata dalla perdita di controllo, corre al riparo, si nasconde con maschere affascinanti, o terrificanti, e ci fa credere che siamo noi quello che sembriamo, crediamo o ci fanno credere, di essere o dover essere.”
Il Teatro delle Origini, lo sa, usa le maschere per rappresentare l’invisibile, che tale rimane, segreto. Se lo contatti muori, da vivo , e lo sai, non sarai più lo stesso, vivendo .
La naturalezza è l’unico potere, autentico, riunisce le parti separate, è una connessione, non una contrapposizione,
“Vivi in battaglia, dentro di te, per la pace. In viaggio, disarmata, ma non senz’armi. Da sola, ma non separata.Non pretendere. Ascolta. Ora. “
Ci sono momenti in cui mi dimentico di ciò che, pochi istanti prima, avrei voluto scrivere … Ed allora, cosa scrivo (adesso è proprio così)? Bene (C l i c k ), scrivo quello che sento allora, cioè ora. E, questo è proprio un momento in cui sto dimenticando ciò che poco fa avrei voluto raccontare.
C’è una pausa, uno spazio che si intromette fra un’immagine passata ed una presente, ma che non c’è o comunque, non si vede. Un paesaggio mancante o così infinito da annullare ogni definizione, riferimento o nome. Resta ben visibile, uno spazio rarefatto. Li’, mi smarrisco. C’è un balbettio, fra vedere e non vedere. Non sapere, sempre. Un balbettio, sì; me lo ricordo. Quando si balbetta, che succede? Si incespica, su una lettera, su un suono o chissà dove (veramente).
Ci si interrompe, la voce si spezza, non si può continuare, fino alla fine, mai. L’interruzione mi fa sprofondare in un baratro: non sono arrivata alla fine della parola, o della frase, e resto sospesa, arranco, scivolo, precipito, ma dove? Sto parlando al presente, ma quando balbettavo, e ci “credevo” proprio, era così. Se solo mi fossi fermata ad ascoltare, quel baratro avrebbe assorbito il mio precipitare e l’avrebbe trasformato in un volo. Musica di giostra , o di carillon, sento ora… la ballerina col tutù rosa, fra gli specchi, gira e gira. La sua danza deborda dal palcoscenico, (chissà dove), traccia movimenti tribali. S’accende un fuoco. (. . . )
Una storia vale un’altra, quello che conta è raccontare, anzi accogliere le storie, che di nostra proprietà non sono, lasciarle passare. E, restituirle al Vento.
Grazie, sempre. 🙂
NPAL Lab/ Home, PS (provisional set) 2013/14
Eccone una, una storia, un’altra.
Quando sento certe canzoni, le ascolto e le canto come se fossero scritte dentro di me. Mi meraviglio di ricordare canzoni degli anni settanta, parola per parola, quando dimentico tutto o quasi!
La voce accoglie e rilascia, tante storie, mie e non… quando si dice che la separazione non esiste ed è proprio un soffio in-separazione, un balbettio che passa dal baratro e quando meno te lo aspetti, ti porta da altre parti. Come viaggiare in un altro mondo, pur restando qui. O, forse, si resta sul confine
fluttuante fra i mondi, provvisoriamente (cioè per ora).