Guardo i Fiori nel vaso, sul tavolo in cucina. “Stanno appassendo, dovrei cambiarli!”, è un pensiero automatico.
Appassendo nel vaso raccontano la storia
delle foglie quando lasciano il ramo, cambiano colore e distanza dalla
terra. Volano giù.
Così, le margherite bianche ingiallendosi mi richiamano alla stagione della mia età di oggi, in bilico fra Autunno ed Inverno. E, se i miei capelli sono diventati di un colore così simile a quello delle margherite e delle foglie ingiallite, mi rallegro del cambio di stagione, dentro e fuori di me, di nuovo. Me ne rallegro, perchè mi sembra di far parte di un cambiamento che non solo mio, sia oltre me. Inarrestabile.
Non esiste una età in cui ci si butta via o si butta via qualcun altro o qualcos’altro.
(continua / in progress 15092019)
Manca la foto, ma c’è (sul cellulare), domani la trasferirò. Nel frattempo, ne metto un’altra . . .
NPAL Lab – “s o t t o c a s a” – Milano, Parco Lambro & Altrove
28 . 0 . 2019
“Sarà ben ora di buttarli questi fiori! Guarda, sono proprio appassiti!”. Stai dicendo. Forse, sei in ansia o indispettita?
“Non lo sai che i fiori appassiti vanno buttati, il vaso va lavato e riposto?”
e continui a dire di quello che sembra e, forse non è, di quello che si deve fare.
“Non lo capisci?”
(dialogo interrotto)
(continua)
30 . 9 . 2019
30 . 9 . 2019
Cantano gli ultimi Uccelli prima di migrare da questa Estate infinita.
A volte, non so di cosa sto parlando. Ascolto e parlando mi trovo in un discorso che non conosco. Se non me ne accorgo subito, potrebbe durare a lungo.
In caso contrario, di soprassalto mi chiedo cosa mai io stia dicendo. Se me ne rendo conto solo in parte,
per il resto non so che fare (che faccio)?
Quando non mi spavento troppo, chiedo di riascoltare quello che ho detto. Lo scrivo, o lo riscrivo, per riscoprirlo.
Forse, In questo modo per riascoltare e rileggere, ho scritto la maggior parte dei post(s) in questo blog?
Solo di recente, ho completato le sezioni About e Info, in alto nel frontespizio di Boscoparlante ( iniziato neel 2003) e, poco fa, vi ho trovato scritto:
“Senza preclusioni, osserva l’orizzonte. Fino a quando scomparirà.”
(ora, lascio uno spazio vuoto, per tornare a scrivere in questa attesa. E, lascio in sospeso alcune frasi, connesse da spazi da lasciare vuoti e o da visitare).
NPAL (Nomadic Provisiobal Art-Life) Lab – Findhorn Foundation (Manda’s living room) 2012
17 . 8 . 2019
What’d you say about?”
Ho sempre creduto , forse in automatico, al dialogo dando per scontato che ci fosse, sempre e con tutti ( o quasi).
Invecchiando, mi sono accorta che se il dialogo manca dentro di me (fra tutte le mie parti separate), non posso pretendere di trovarlo fuori, intorno.
E, da quando finalmente l’ho trovato (le mie parti separate si sono riconosciute e cercano integrazione/riunione) non posso comunque pretendere che ci sia con qualcuno o con tutti.
Se (dialogo) c’è, (allora) c’è. Viceversa, se non c’è, non c’è . . .
“Comunque, non escludere possa accadere, Non si sa mai…).
(il testo di “A tratti” qui sotto, nei commenti
(continua – in progress)
“Series of Masks”- NPAL Lab – Milano & Elsewhere 2015/2016
14 . 8 . 2019
“The space among all those words”
18 . 8 . 2019
Per tutta la vita mi sono accentrata sulla mancanza, invece di riconoscere quello spazio vuoto come un’occasione per sperimentare libertà, riconoscimento, consapevolezza e gratitudine.
“Ad un certo punto, la vita si rivolta, come un abito quando lo si togli da dosso. “
Cosa succede, forse, dipende da come è l’abito, da quanto e come lo si è indossato e da come lo si leva?
“Dipende dalla vita e dalla morte . . . “
Così mi avevi già risposto ed io ho subito pensato: ecco, un’altra volta questa risposta!
Kiki Smith’s – Peters Project
19 . 8 . 2019 – La vita si rivolta, e questo, da qualche tempo, non mi spavento più come prima.
Cerco di restare, lì ad ascoltarla. Perchè, mi sembra proprio che la vita non sia da possedere ma da lasciare accadere. Magari nutrendo, in noi un intento che
non sia un programma ma una specie di porta per loro, la vita & la morte.
Quando le considero insieme e non separate, sento che c’è salvezza sia nell’una sia nell’altra.
E, quando qualcosa di destabilizzante accade o qualcosa finisce, quando qualcuno si allontana ed io mi perdo,
aspetto che l’abito della vita si rivolti di nuovo e cambi (ma ormai lo so, non è mio . . .).
Per modo di dire … dicendolo mi prendo un piccolo spazio per retrocedere segretamente da quello che ho appena detto, prima.
In inglese ho trovato alcune traduzioni, ed ho preferito questa: as a figure of speech, perchè? Indicando una “figura retorica” mi sembra riferisca l’accadere o il mostrar/si di “figura”, per una specie di spettacolo privato o pubblico. Parlare ad una platea o da una platea. Senza teatro, però e senza un vero spettacolo, probabilmente.
Nella distanza fra teatro dello spettacolo e società dello spettacolo ci sta la grande differenza, un mondo o più, direi! Fra l’origine sacra dello spettacolo rituale (idolo, maschera, sacra rappresentazione e cerimonia) e l’edizione rappresentativa) della società dei consumi ce ne corre, davvero, di differenza. Non più “investiti dalla divinità”, attori autentici sotto la maschera ed il travestimento, ma consumatori che comprano e (si) vendono come figure partecipi di un teatrino-organizzazione di consenso pilotato. Merci per messaggi mercificati.
Qual’è il problema? Vivere in un teatrino senza saperlo. Per modo di dire uno spettacolo, per modo di dire vivere.
Farnetico e cosa c’entra o centra questa specie di post con quella “figura retorica”? Non so, ma stiamo attenti a non essere, oltre che a farle, “figure di merda” (e almeno, cerchiamo di accorgercene) … Oh, l’ho detto.
(scrittura veloce, un po’ puzzolente e comunque, in progress … :-).
Post Scriptum: 2 . 4. 2019
Gli Esquimesi si baciano annusandosi accuratamente (con una cerimonia antica che ancora conserva il suo valore). Con loro non si possono fare, o essere tantomeno, “figure di merda”. Subito si sarebbe riconosciuti e mandati a camminare sul “Ghiaccio sottile” (Icewisdom). . . per aiutare un nostro rinnovamento ?! 🙂
“Non importa se vedi in Bianco e Nero o a Colori. Ascolta . . .
C’è un vento pazzesco, tutto ondeggia, in cielo ed in terra. Anche la macchina sopraffata dal movimento dell’aria e mio, sposta immagini oltre l’obiettivo, fotografando un’imprevista inquadratura. Mentre, quella rimasta fuori si libera, potrebbe raggiungere tutte le altre immagini liberate, chissà dove?
“Quando non puoi vedere, ascolti.”
NPAL Lab – “Blowing in the Wind”- Findhorn & Elsewhere, August/September 2012
(continua – in progress)
26 . 7 . 2019
Quando comincio a raccontare, spesso non so se farlo con un tempo presente o passato prossimo o remoto. Il racconto, a volte è un ospite inatteso, si manifesta poco a poco. Questo, accade nel presente (sono, sei). Se evoca dal passato ciò che già era accaduto o non accaduto , acoltando sento altre storie (ero, eravamo, eravate, erano). Ricordo, o non ricordo, mi è accaduto o l’ho sognato e, che differenza ci sarebbe?
Parlare del tempo non è una negazione (c’è stato o non).
Piuttosto, chiedersi “chi sono?” sia una domanda (esssere presenti mentre lo si chiede, con umiltà non sottomessa e spirito bambino) nei limiti consentiti dalla trasformazione della nostra consapevolezza che invecchiando può consentirci nuovi inizi … ?
NPAL LAb Exhibition & Illusion, Milan & Elsewhere 2012
“A volte, non c’è confine fra domanda e risposta.”
Viaggiano insieme, oltre confine. E, se “la risposta è dentro di te”, è importante non essere soltanto, o sempre, fuori . . . ;.)
(continua – in progress)
7 . 2 . 2019
La distanza fra due immagini di paesaggi potrebbe essere intesa come uno spazio da percorrere, a piedi o in volo, da soli o iinsiemead altri, con un mezzo di trasporto, o senza.
Un cammino o un volo, accade fra cielo e terra, sulla terra in questa cosidetta terza dimensione o nelle altre. Trovarsi nello stesso viaggio in questa o in altre realtà multidimensional, fa una certa differenza, ma se navighi davvero ad un certo punto sei oltre confine, per ipotesi… Come esserne mai certi? (no separation) 🙂
NPAL Lab – Diary & Journey “Passano e ripassano” via Corelli, Milano & Altrove 27 Febbraio 2019
(- continua)
28 . 2 . 2019
Immagine di treni in transito, tanti viaggi tra di loro, intervalli, immagini, cambiamenti. Sospirando canto Amapola, perchè ne sento l’aria. Ed adesso, scusatemi, vado a cercare quel libro “Il Viaggiatore Notturno” di Maurizio Maggiani.
Si, proprio quel libro che mi aveva fatto ricordare di aver sentito cantare quella canzone da mio nonno Felice, sottovooce, quando cantava ormai solo così, spesso da solo davanti alla finestra, dopo aver condiviso, da giovane, per tanti anni la sua voce con un coro. Quanti ricordi vissuti o, ascoltati raccontare.
Mia mamma Renata, piccola piccola, lo accompagnava quando lui andava a cantare nel coro, verso sera. E poi, lei seduta ad ascoltare, seguiva lui in silenzio, intanto imparava le canzoni di un vasto repertorio di generi musicali diversi. Per tornare a casa, a notte fatta, con la sua manina nella tasca grande del cappotto del suo papà altissimo, bellissimo e dolcissimo. Credo di aver ereditto quel senso dell’essere compagni musicali, sonori nel vivere, anche condividendo il silenzio. Grazie.
Quando, non molto tempo fa, ho comimciato ad essere rassicurata nell’ascolto, piuttosto che nell’essere ascoltata, ho cominciato ad intendere come il bisogno di raccontare prescinda dall’ascoltare, ascoltarsi nell’essere “insieme” (anche se l’altro non c’è o non si vede). Però, per questo… working in progress, mentre sta arrivando un’altra Primavera!
Ho preso tanti treni nella mia vita e quanti ne ho persi! Ne resta una immagine mossa, di tracce sempre in divenire. Perchè, in fondo, un viaggio non è mai finito e le mete sono sempre in movimento fra loro. Un treno in transito questo lo sa…
Il viaggio non va atteso, va vissuto in ogni momento, dovunque tu sia, lo spirito del viaggio è sempre con te. Non sei mai solo nè fermo.
“Non aspettare di partire, comincia a viaggiare dove sei, anche se sei seduta davanti alla finestra della tua stanza.”
(lascia andar via i pensieri ed ascolta. Forse, c’è una storia che è appena partita e sta arrivando da te … )
Kaapi Carla Barnabei – NPAL Lab “Waiting for a Tales” – Findhorn Foundation – 2012
“Non sono le persone che fanno i viaggi, ma i viaggi che fanno le persone”.
John Steinbeck
(- continua)
3 . 3 . 2019
NPAL Lab – Diary & Journey “Listening”, Milan and Elsewhere, 3 March 2019
“Nell’Acqua c’è uno Specchio. E, nello specchio il fluire dell’immagini, chissà dove.”
Le immagini riflesse, come treni d’altra dimensione, vanno Altrove?
P.S.: Il viaggio mi porti “qui”, dove sono. Nessun confine vorrei percepire ( rilasciando l’illusione di percepirlo) 🙂
(in progress)
ore 21.47
Lascio qui un paio di appunti per la mia ricerca sulla esperienza passata ed in progress “Mappe per/del Silenzio”. Titolo assolutamente indicativo, provvisorio ed in trasformazione. Insomma, per il poco che ne so, una storia multidimensionale di segni sonori ed in-visibili . Spazi e mondi.
Da anni ci penso e l’incontro con il khoomi mongolo a Ulan Batar (Giugno 2018), la mia resa (“non ce la faccio a cantare così, riconosco il mio limite e, ti seguirò ascoltandoti, fino all’infinito”) e la testimonianza del maestro (che emozione risentirlo nel video!) hanno segnato una svolta facendomi da ponte nella nebbia.
* (ho trovato la prima di queste tracce sottostanti, sbirciando fra i vecchi post del 2007 per la prima, e da questa ho trovato la successiva 🙂 o procedo, quando non sto ferma per associazioni e per incontro con “quello che arriva” o trovo.. Si rinnova la gratitudine che ho sentito allora e sento ora. Grazie 🙂
(fantastico, ascoltare tutte e tre le tracce, video, contemponeamente . . . ) 🙂
(in progress)
4 . 3 . 019
** Procedo, quando non sto ferma, per associazioni e per incontro con “quello che arriva” o trovo (siano parole, immagini o suoni).
Quando siamo nella cosiddetta Notte dell’Anima, non sempre ce ne rendiamo conto. Forse, proprio perché, alla fine, non c’è proprio nessun conto, nessun controllo che possa portarci via da lì?
Siamo in quell’Oscurità profonda, non troviamo luce o riferimento che ci possa aiutare, o almeno orientare, verso l’uscita.
Ed allora, che si fa?
“Non si tratta di fare conti o controlli, confronti e strategie…
Così non ne usciresti mai (!) ma, se veramente vuoi uscire nella (tua) vita vera,
ce la farai …!”
Ci sono tante Storie, o Tales , che trattano del Percorso dell’Eroe. Ed, uno dei primi (the best) loro messaggi sento, essere che l’eroe possa essere chiunque (o “qualunque “altro”, in noi ed intorno) abbia l’Intento di fare quel percorso (attraversare l’Oscurità alla quale appartiene e scoprirne la connessione alla Luce).
NPAL Diary & Meeeting , Mongolia 2017
Da qualche giorno, NPAL, nella sua limitatezza e semplicità, sta diventanto NPAL Storytales & Storytellers. Sta andando verso la liberazione di uno Spazio che possa accogliere, e rilasciare, Storie/ Tales e condividerle. Benvenute/i… (Storytales and Storytellers)-
Quindi … Cin Cin… (celebrating) 🙂
“L’Intento è vivo, non bloccarlo , non conservarlo, non controllarlo.
Lascialo vivere con te, nutrilo e …lascialo respirare, diventare.
“Lasciati e trovati. e poi , lasciati di nuovo . . . “
Era scritto a mano. La calligrafia leggera, pendeva un po’ di qua ed un po’ di là, come se volasse sopra la riga che usualmente guida in un direzione.
E’ una mappa d’appartenenza.
La mappa è invisibile ed anche l’apparenza, lo è. Lo saranno, se davvero appartengono ad uno spazio indiviso (non uno spazio rappresentato, codificato, confinato, classificato, temuto od amato, venduto o perduto, ecc,). Là, dove non c’è separazione di forma, valore e tempo, fra noi, intendendo me, (tutte le parti di me), e te (tutte le parti di te) o lei (tutte le sue parti, lui (tutte le parti in lui).
Più grande sarà la libertà di stare lontano e vicino, più grande sarà lo spazio… verso una dimensione non misurabile, inseperata. C’è un percorso da fare, potrebbe già essere in corso, sicuramente non avrà un punto di arrivo ( e, forse, neanche di ritorno)!
*2. NPAL “No Border” – 10062013, Milan & Elsewhere
NPAl Diary & Journey 1606017 (in progress)
19 . 06 . 2017
Once upon a time you dressed so fine
You threw the bums a dime in your prime, didn’t you?
People’d call, say, “Beware doll, you’re bound to fall”
You thought they were all kiddin’ you
You used to laugh about
Everybody that was hangin’ out
Now you don’t talk so loud
Now you don’t seem so proud
About having to be scrounging for your next meal.
How does it feel
How does it feel
To be without a home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You’ve gone to the finest school all right, Miss Lonely
But you know you only used to get juiced in it
And nobody has ever taught you how to live on the street
And now you find out you’re gonna have to get used to it
You said you’d never compromise
With the mystery tramp, but now you realize
He’s not selling any alibis
As you stare into the vacuum of his eyes
And ask him do you want to make a deal?
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You never turned around to see the frowns on the jugglers and the clowns
When they all come down and did tricks for you
You never understood that it ain’t no good
You shouldn’t let other people get your kicks for you
You used to ride on the chrome horse with your diplomat
Who carried on his shoulder a Siamese cat
Ain’t it hard when you discover that
He really wasn’t where it’s at
After he took from you everything he could steal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Princess on the steeple and all the pretty people
They’re drinkin’, thinkin’ that they got it made
Exchanging all kinds of precious gifts and things
But you’d better lift your diamond ring, you’d better pawn it babe
You used to be so amused
At Napoleon in rags and the language that he used
Go to him now, he calls you, you can’t refuse
When you got nothing, you got nothing to lose
You’re invisible now, you got no secrets to conceal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Oggi, riascoltando questa canzone, ri-trovo una testimonianza che testimonia una condizione per tutti di una discesa là sotto, in quel punto detto “di non ritorno”, nel senso che comunque ritornerai da qualche parte, ma non sarà più la stessa. In quel punto, capire che è stata una fortuna arrivare fin li’ e, morire nella personalità di chi credevi d’essere e credevano tu fossi.
Essere, almeno una volta in questa vita come “Like a rolliing I stone”, rilasciare le certezze, rischiarle e vivere da mendicante, senza mendicare. Lasciare la maschera che consentiva di medicare celando quell’elemosina da “ricchi”. E, mendicare davvero, senza più maschera.
Liberarsene e, senza saperlo al momento, trovare la consapevolezza e trasformare quel mendicare nel viaggio di chi porge la ciotola vuota agli altri, senza nome e, soprattutto, apprezzandola, sia vuota sia piena:
“Accetta ed onora quel dono che è anche il vuoto”.
Apprezzare e celebrare quel vuoto, soprattutto dentro di sé. Uno spazio che si sta liberando, un ritorno a casa, dolce, struggente, misterioso, indescrivibile. Tutto scompare 🙂
Qualcosa resta? Sì, seguire la musica, il canto che percepisci dentro di te e qualche volta anche fuori, come quando ascolti davvero.
Ascoltare davvero è , sia seguire una voce quando corrisponde ad un ritmo che ti annienta e ti fa rinascere, trasformata.. sia accettare altri ritmi e trovare una distanza…ma continuando a cantare ?
Come una Mollica di Pollicino, per poter tornare indietro anche se, ritornare non sempre ti riporta da dove, credi o credevi, di essere partito:
“L’Acqua diventa Ramo. I Rami diventano Acqua.
Trema il Fulmine così vicino alla Stella.
Ho rivisto “Abrazo de la Serpiente”, ci sono tornata (per caso?) sospinta, come una barchetta di carta, dal Vento, da un link ritrovato in Fb. Ho sentito che mi parlava, parlava proprio alla parte di me che vuole “partire, senza scappare, però…”.
“Da cosa potresti scappare?”
Da qui….
“Oh, non puoi! Qui e là sei sempre tu, oppure non lo sei, mai.”
Preferisco la seconda ipotesi.
“Sì, però però arrivarci è un Viaggio!”
Va bene. Mi aiuteresti a partire?
“Lo stai facendo, anzi sei già in viaggio. Ascolta!
(la meta non è il viaggio).
Sì, ascolta, il tuo Canto ti sta cercando . . .”
Grazie.
28 . 5 . . 2017
“Qualunque sia il tuo dolore e la tua pretesa o ricerca di guarigione, ascolta. Ascoltati, trova il confine, là dove ascoltare è ascoltarti ma rimane ascoltare. Là, oltre alla tua persona/lità. Ascolta. Ascoltati ascoltando, con umiltà e semplicità, vai oltre. Riconosci la tua paura, ascoltala, Qualunque mezzo sarà buono se alla fine lo rilascerai. Non cercare scorciatoie e se le troverai, ringrazia! … Fino ad allora, o finora, non si sa in quale vita o quando, vai, vai, vai…. e resta andando e, vai restando. Mi intendi?”-
(così, sento diverse voci nello stesso o canto, e sono una…).
La tua voce è un canto, e come un canto, seguo il ritmo del respiro, il mio che non è solo mio … vado e resto, resto e vado. La bambina in me, non è negata e non comanda più. Riconosce il Cerchio e partecipa, lieve.
Così, sento diverse voci nello stesso canto, e sono una…
La naturalezza è l’unico potere, autentico.
GRAZIE!
NPAL diary & Journey 2805017, Here & Elsewhere
28 . 5 . 017
Mi sono svegliata, con l’immagine (la prima, qui sopra), davanti agli occhi.
Ho risentito quella emozione di disturbo, della scorsa estate in Siberia, quando ci siamo incontrati con Olga. Eravamo un gruppo in un seminario-Viaggio, non un tour turistico (senza offesa per Alpitour), eppure mi sono sentita come in un safari, davanti agli obiettivi, cellulari e macchine fotografiche: la sciamana Olga nella sua stupenda casina, di quattro per quattro metri, ci guardava con severità e compassione.
Cellulari in mano e macchine fotografiche pronte, riflessi condizionati di ripresa e giudizio. Tutto pronto.
Alla fine, si è fatta fotografare. Così piccola, così di un altro Mondo (un Ponte fra i Mondi). Si stringeva al figlio e… non so scriverne. Le foto son venute tutte sfocate, che coincidenza! Io mi sono sentita svenire, avrei voluto svanire, del tutto!
Da allora, per ogni tipo di rappresentazione, sento una diffidenza che sto cercando d’esplorare. Forse l’ho sempre sentita per l’arte, meno per la fotografia, ma ora è riemersa potente. Hanno detto che fotografare ruba l’anima. Magari non ruberà l’anima, ma la disturba! Se “fissi” in un’immagine permanente, qualcosa o qualcuno separandolo, dalla sua appartenenza multidimensionale, e mostrarlo come una “figurina”, l’anima è disturbata, e soffre. Ed, ad soffrire è anche la nostra anima. Mentre l’ego gongola?
Ecco il ricordo, di una foto che non ho fatto.
Le fiamme del fascio di rami di Ginepro per la fumigazione si espandono nella piccolissima stanza, dove il gruppo è voluto entrare insieme, invece di rispettare la richiesta (10 per volta); cadevano ovunque i lapilli , alla fin del rituale di guarigione , che non descrivo. Avete presente l’energia del Vulcano? Eravamo indifesi, in balia del Mistero.
Le presenze (umane) erano troppe, troppo pesanti, e pensavano senza sosta, giudicando, classificando? Olè! Un dente si è spezzato (sarebbe potuto rompersi ben altro, più gravemente. Quante, quante paure sono emerse, urlanti! . Molti rimproveri indignati : era una sciamana esagerata, non avrebbe dovuto fare così, “Gli sciamani non sono aggressivi, non lasciano tracce sul corpo… “.
Pensavano di essere ad uno spettacolo e lo spettacolo li aveva troppo spaventati? Davanti alla potenza della naturalezza ci si può spaventare, d’accordo. Dipende dal tuo Intento, e dal tuo “bisogno”, cosa ti succede. Puoi scappare, giudicare, cercare scampo dall’abbandono, oppure arrenderti, inchinarti e ringraziare, davvero, o altro. A te la scelta. E, basta. Non è uno spettacolo (di magia).
Ormai, tutto può essere documentato (ed essere consultabile in rete, su youtube o altro). Tutto, tranne l’invisibile. Rispettiamo almeno quello. E, chiediamo(ci) quale potrebbe essere la causa di tutta questa compulsione di rappresentazione. La risposta potrebbe essere davvero interessante, un viaggio avventuroso e magari pericoloso, dentro di noi.
“La nostra personalità è terrorizzata dalla perdita di controllo, corre al riparo, si nasconde con maschere affascinanti, o terrificanti, e ci fa credere che siamo noi quello che sembriamo, crediamo o ci fanno credere, di essere o dover essere.”
Il Teatro delle Origini, lo sa, usa le maschere per rappresentare l’invisibile, che tale rimane, segreto. Se lo contatti muori, da vivo , e lo sai, non sarai più lo stesso, vivendo .
La naturalezza è l’unico potere, autentico, riunisce le parti separate, è una connessione, non una contrapposizione,
“Vivi in battaglia, dentro di te, per la pace. In viaggio, disarmata, ma non senz’armi. Da sola, ma non separata.Non pretendere. Ascolta. Ora. “
Invece, se la preoccupazione è dentro di te, in te, bisogna occuparsene.
Il verbo “occupare” mi ha sempre affascinato, perché ha, in sè, due opposti (o contrari apparenti): essere occupato nell’impegno, fuori e magari pure dentro,ed essere occupati da altri od altro, fuori ed anche dentro.
Quante sfumature in questa apparente contrapposizione, uniscono gli opposti! E, quanti interrogativi.
Essere impegnato in un lavoro, in una attività, in una passione, fuori o dentro , senza separazione (dentro/fuori( ovunque (tempo e luogo)? Essere occupati, tenuti in pugno, controllati da altri o altro, fuori (e magari fin dentro di noi, in fondo) e o essere inconsapevolmente occupati, condizionati, controllati, manipolati da parti di noi, dentro, che agiscono, spesso a nostra insaputa, sottomettendo le altre parti (di noi) ed, a volte, persino l’anima?
“Alla mia età veneranda, sto scoprendo, anzi sono scoperta da Spirito Bambino e, mi chiedo sorridendo se tutte quelle divisioni dalla mente (mia ed altrui) puntigliosamente definite, esistano, o se esistano solo come differenze di sfumature. Come se, fra due opposti, esistesse una gamma di tonalità in divenire, viva, libera da ogni nostra di controllo, che trasformi continuamente gli opposti e la presunta separazione in altro da sé stessi, (e da “noi”), esprimendo una distanza. Una distanza, una terza possibilità , a sua volta, possa espandersi come creatura differenziandosi e comunque, restando inseparata in connessione con la sua ( e nostra) Origine.
E, di fronte a questo miracolo in divenire, all’alba ed al tramonto, puoi stare in silenzio, ad ascoltare.
Storie arrivano, ti confortano e, quando sarai abbastanza confortato/a, o anche solo un pochino sollevato/a, cambieranno sconfinando. Forse potrai trovarti in un altro paesaggio, in un’altra storia. No, non cercare di classificarla, di darle titolo o di venderla. Non è tua e va, va…. Continuerà. Potrai seguirla? Chiediglielo e, chieditelo.
E, magari partirai, o sarai già, in Viaggio!”.
2.
“Ora. ti chiedo: chi sono?”
“Sei un artista! Perché non lo vuoi ammettere?”.
“Lo sai quanto io resti perplessa o infastidita, per questa parola… Sto cercando il perché, da tanto. Intanto lasciami dire : mi sento , più che altro, una semplice cantastorie ma, da come sento, non sono io, son le storie a cantare … Sì , e le ringrazio, sempre! .
E, ti chiedo di nuovo (sai già, a quale proposito). Sono un canale (di racconti e d’immagini che non sono mie, arrivano e vanno)? Come un Bastimento raggiunge la Riva, ci raggiungono e poi, ci lasciano, ma sempre fra noi, l’Oceano . . .” 🙂
Grazie grazie, sempre.
3.
NPAL Diary & Meetings, Mongolia, August 2015
2. NPAL Diary & Journey – Provisional Installation, Milan 2014
3. NPAL Diary & Journey – HorseS and Infinity – Mongolia , September 2015
Da quando sono tornata dal Viaggio in Mongolia, una settima precisa fa, sento un’attrazione irresistibile per l’in-visibilità. No, non cancello, non separo. Piuttosto, sento la memoria, il suo profumo vivo.
La mia percezione si è rarefatta, sento lo spazio, ho bisogno della sua libertà, e della mia, dal “riempimento delle cose e delle persone”. No, non voglio liquidare tutto, ma rispettare l’essenza, di “chi e cosa”. Per questo, occorre spazio. Liberamoci, dunque. Ora, scrrivo, sospinta dalla voce di un’immagine appena scoperta. Mi dice:
“Quello che non vedi, c’è …!”
Ecco, qui sotto, l’immagine. Il titolo. “Hanging-Scroll-Japanese-Painting-White-Hawk-Paint-Japan-Asian-art-Paper-old”. Ma il Falco (Hawk) lo si vede o no ?
“Non ti farò un ritratto, mai. Di te disegnerò l’impressione, lo spazio liberato da un’inclinazione di lato verso la luce.
Insomma, contemplare senza un perché, senza un’aspettativa, senza un tornaconto o un ritorno.
Stare lì, stare qui, senza un preciso scopo. Soltanto stare qui. Ed è tanto (senza confine).
“Non dare misura all’Infinito, Amore (mio & tuo)”
Nostro, non è una misura, una specialità, un possesso un’organizzazione. Semplicemente, è non-separazione. Sentendo la pacifica assenza (di chi, di cosa?).
Grazie 🙂
Sto partendo, pe Terre lontane, agognate, per la conclusione e, forse, l’inizio di un’altra fase di vita . Il mio non-testamento testimonia una difficoltà a stare qui, ed anche, a cogliere il volo, perché ancora non capisco la differenza fra qui e stare oltre (se).
Così, mi perdo, comunque, e mi ritrovo nel Viaggio.
“Partire è un po’ come morire.”
Parto per la Terra dei Nomadi Guerrierieri/e, Iniziando dalla capitale in movimento (accampamento nomade) , in trasformazione.
Partire è stare in un nomadismo che segue spostamenti geografici ma è stabile alla Radice?!
Nessuna contrapposizione fra restare e muoversi, se si riconosce il processo di trasformazione a cui tutti apparteniamo.
Thanks, again.
Dicevi:
“Tornare a casa è restare qui, ora.
Non esiste un prima ed un dopo, un qua e là, separando nella visione te (me. chiunque) dall’ infinito”.
(anche la congiunzione (“e”) invece dell’opposizion (o””) potrebbe essere separante?