Quando ci sono ricorrenze, come oggi, immancabili arrivano ricordi di corrispondenza (nel senso di un arrivo postale o di una relazione); memorie. Come tali son vive e s’affaccendano non tanto nella mente ma in un’area espansiva, sottille e a scomparsa…
“Ciò che tende a scomparire, riappare…. Le relazioni non sono mai finite!”
dicevi sorridendo. E quest’affermazione contrastava, o almeno così ipotizzavo allora, con il tuo mopdo di pensare prevalentamente lucidamente razionale. Avevo sempre immaginato che dietro quella tua evidente razionalità, sempre accompagnata da una apprezzata (da tutti) disonvoltura nell’analisi dei fatti e nell’organizzazione di riparazioni e sistemazioni, ci fosse ben altro, insospettato e forse segreto, anche per te.
E, la faccio breve, oggi che stai immobile davanti al vetro della finestra o del televisore, ormai sono piuttosto sicura : stai guardando altrove e staresti meglio, se riconoscessi quella meravigliosa parte di te che ha sempre atteso in penombra di essere riconosciuta e liberata. Io la vedo, e vorrei che l’amassi anche tu come, non solo io, facciamo quando (se ce lo concedi) veniamo a trovarti.
Tu stai, senza lamentarti mai e quando io riesco a non spaventarmi e a stranirmi del tuo sguardo apparentemente assente e della stessa assenza delle tue parole, ascolto in pace, almeno per un poco, almeno per un momento … che sembra infinito. Ed allora, immagino anche lì per lì, di fronte a te, di scriverti un messaggio, nell’aria, anzi mi sembra che arrivi e si scriva da solo:
“Siamo provvisori, intanto che ci siamo vogliamoci bene, così liberam,ente, per quello che c’è e pure per quello che non c’è! Ed,aspettiamo il nostro cambiamento accogliendolo, qualunque sia. Distinti eppure mai separati.”
Questo messaggio ne riecheggia altri che ho ricevuto e continuo a ricevere, fanno sorridere la solitudine che m’accompagna, la fanno fiorire e sussurrare. Appaiono fugaci, in andata e ritorno incessanti e lievi fra le vite , segni di presenze di chi questa dimensione l’ha lasciata in altra forma e sempre si rinnova d’altri aspetti e comunicazioni.
Oggi, giorno di Resurrenzioni (sì. al plurale), pongo un segno in forma di fiore sullo schermo; il suo gambo s’allunga e diventa Aquilone d’Aria e di Vento.
E poi, prosaicamente, brindo con Prosecco in una coppa di Cristallo (dal servizio speciale che ho ereditato, nel ricordo di tanti brindisi passati e …futuri, in progress!)
Grazie.
Npal & Guigoz’s Lab Aprile 2021
(Pianta Spontanea cresciuta sull’asfalto di un marciapiedi e a ridosso di un muro, vicino a via Conterosso, Lambrate/Mi)
Si esclama “Era ora!” alludendo al momento presente un poco in ritardo rispetto alle aspettative; si usa un tempo al passato, per indicare qualcosa di già avvenuto nella nostra immaginazione e da allora rimasto in attesa?
“Inizia da oggi!”
Se vivo l’inizio e lo percepisco sospeso e sempre lontano dalla conclusione di un’azione che da tempo è attesa a completarsi, cosa accadrà?
Invece, potrei rispettare e riconoscere un percorso di nuovi inizi, ricorrenti e successivi, inanellati come le stagioni; sarò, mio malgrado, nel cambiamento, nella connessione al mistero di quel tempo che mai separa l’inizio dalla fine, (come il Seme sottoterra separato non è dall’Albero e dalla Foglia che diventerà . . . )?
Se la mia attenzione è sulla mancanza, sull’incompletezza, sulla distanza da una meta che forse mai sarà raggiumta… ecco, vedrò nello sforzo un’inizio affaticato, perduto. Un miraggio all’incontrario!
“Quando sarà l’Ora, la nostra apparenza, il colore della nostra Voce saranno immagine del Vuoto e del Silenzio,
quell’immagine che sempre ci attende per svanire… ”
Se scrivo si fa’ tardi, rispetto all’inizio del programma quotidiano. Invece, se non scrivo sfuggo da un’occasione di ascolto e di gioia.
“Allora scrivi solo due righe. E ascolta!”
Scrivere è una pausa dal programma di quello che “devo (dovrei) fare e che rimando. Sono un’esperta di procrastinazione, automaticamente invento scappatoie!
Si sono avvicendati, per anni, programmi e liste di “cose da fare” (mercificare/cosifare le azioni…?!) e oggi, dichiaro: “Stop!”. Nuova fase.
Alla fine della quarentena, non ancora ufficiale, mi fermo a rimboccarmi le maniche. Aspetto un momento, che arrivi qualche suono o una canzoncina d’incoraggiamento. Ed incomincio ad scoltare. Ascolterò sia il programma sia il suo contrario. Riuscirò a stare in equilibrio, o in bilico, fino a stasera, almeno?
Oggi, c’è una luce soffusa, velata. il cielo è bianco, come una pagina. I cinguettii, dalla finestra sul lato sud della casa, fanno immaginare voli verso nuovi nidi.
Questo post è in progress, come i precedenti. Anzi, di più. . .
Scrivere post limitandomi a poche righe o ad un’immagine soltanto, mi consente di sorprendermi, prima o poi. La volta successiva all’inizio ritorno a leggere o a quardare. Ascolto, e continuo. E, così via.
Questa specie di piccolo rito mi sostiene, posso riconoscere la mia tendenzaa a procrastinare (il mio intralcio principale) e ricordarmi del percorso e di ascoltare “le storie”.
“Le storie la raggiungevano, prima o poi. Quando stava in silenzio, le accoglieva meglio. Quando invece era presa da pensieri o affacendata a volte le trascurava, ascoltandole di sfuggita, senza dialogarci. Oppure, quando era triste, tristissima, le aspettava, persino le evoca, per avere compagnia e farsi tramite di quella scintilla ad altre solitudini. “
Con l’avvento di Facebook le storie potrebbero NOn restare intrappolate nella rete di approvazione o di diniego?
(quanti “I like” ci sono sotto ad un post?) .
Le storie chiedono libertà di trasmetersi, come piace a loro, amano sia il silenzio sia lo stupore. Si meritano puro ascolto. Sono ospiti, non proprietà condominiali da affitare o vendere.
Sì, ho nostalgia dei “tempi dei blog” e di quegli incontri con persone conosciute, cos’ intensi nell’infinito spazio fra le parole. Quante storie e sussurri insieme ad un nome, in sospeso fra presenza percepita e invisibilità. Una narrazione libera di scorrere, via. Eppure, ci univa.
Mi hanno sempre affascinato le immagini (“aperte”) che hanno in sé qualcosa d’indefinito. Alludono, evocano senza descrivere una forma. Abitano lo spazio, non al servizio di un concetto da riconoscere ed assimilare. Piuttosto evocheranno un’appartenenza, una visione senza l’obbligo di credere in un’affermazione. Forse per questo, sono sempre stupita ad ascoltare davanti ad un’opera di “arte preistorica” cosiddetta dai posteri nata invece come atto magico dalla connessione consapevole e poetica fra Umanità & Natura – e viceversa?!
Si tratta di una visione (perduta) ma eternamente presente, magari in pen-Ombra se la separazione dualistica – di genere, valore e legittimità – viene data per scontata da un automatismo di giudizio e di classificazione. Invece, i nostri Antenati preistorici non si sentivano separati dalla Natura e dall’Altro Mondo: essere vivi ed esprimerlo significava trasmettere ed incarnare una connessione, senza finalità rappresentative/affermative. Una necessità, essenziale per la vita ed anche per la sua compartecipe nell’inevitabile trasformazione in divenire, la morte.
Stamattina, ho ritrovato immagini ed uno scritto descrittivo della Grotta Chauvet (*). E mi sono commossa nel riconoscere l’inseparazione di due immagini: quella di una fiera (Leone/ssa?) e di una figura umana, con vulva (triangolo pubico) bene in vista. La testa animale s’abbina o sostituisce, quella femminile enunciata ( o cercata) nella descrizione per una “Venere” , non del tutto riconoscibile come tale. Chi guarda potrebbe restare in perplessità cercandola, come se qualcosa mancasse, o fosse confusa nel soggetto classificato come tale.
Oggi, siamo abituati a guardare cercando corrispondenze o differenze rispetto ad idee o concetti predefiniti, piuttosto che a sentire sensibilemente ed essere parte della visione in atto – (“Mentre guardi una rosa, diventa una Rosa. Diventa il suo Profumo!“).
Eppure, quella vulva è lì, affonda ne si rispecchia nella fessura della roccia, ne è tridimensialmente tradotta, mentre la sua forma riconoscibile muta, a seconda del punto di vista. Presenza ed assenza – (si vede & non si vede, in-visibile) – si uniscono nel cambiamento della percezione interiore (dietro allo sguardo … “altri occhi”). Un Altro Sguardo. Fluttua il sentire oltre alla divisione dell’in-visibile (dall’interno all’esterno, dal particolare al tutto e, viceversa… ).
Si resterà muti, ad ascoltare?
Lasciar passare pensieri, non tradurli in parole. L’immagine avrà la libertà di svanire almeno in parte. Ecco, un’opportunità per restare silenziosamente ad ascoltare. Ciò che non si rivela, resterà sospeso in attesa d’essere riconosciuto, di nuovo. Il Silenzio ci potrà parlare. Un’altra Voce, un Altro Suono, un’Altra Musica!
“Ma siamo sicuri che non siano in due (o più)?”, ho risposto.
*1.
(01/02012022 continua – in progress)
*1. immagine pescata dalla rete (web)
3 . 12.2022
Segnare un posto, lasciare qualcosa su un posto vuoto, occuparlo provvisoriamente.
“Passare da Onda in Onda.”
Onda su Onda, ascoltando quella canzone, mi sentivo trasportare in un ritmo incessante. Più tardi l’avrei riconosciuto, tangibilmente . . .(seguirà piccola narrazione).
(030120222 – in progress)
*2.
4 .01 . 2022
Onda su onda, attraversata si sentiva. L’acqua era fuori e dentro di lei. Sentiva la sua forma mutare nel fluire incessante.
Così fuori, così dentro.
Il corpo dov’era? Spogliato di forma esterna. Multidimensionale essenza, semplicemente vibrazione. Frequenza di un riflesso, sull’Acqua.
Nello specchio un sorriso muta le lacrime e s’apre al divenire, all’infinito.
*3.
immagini *2. e *3. : NPAL (Nomadic Provisional Art-Life), “Project for Voices” – Milano & Elsewhere 20102021
4 . 4 . 202 – Viaggio in remoto a Maia.
Sono arrivata ad Airport One, sull’Anello.
Non vedo i miei compagni ma so che ci sono.
Prima di partire indosso tuta e stivali grigio chiaro d’ ordinanza (*).
Salgo su una navicella monoposto, stretta. Patisco, ma non troppo, un po’ stare in uno spazio così esiguo, il viaggio sarà’ brevissimo. Dopo una partenza a scheggia la navicella si stabilizza per qualche minuto e riparte fendendo il buio. Incontriamo la luce di tre Stelle allineate.
Ploff, ecco, siamo arrivati. La porta si apre automaticamente. Dopo un suono soffice, una luce blu intermittente si accende.
Scendo. Paesaggio di sogno, di una bellezza incredibile: un’ immensità ghiacciata e traslucida, illuminata da tre stelle incastonate a V su una volta blu scuro. Che Cielo!!
Montagne e picchi ghiacciati, si intravedono in lontananza. Una bellezza primordiale, accecante.
Nel Ghiaccio s’intuiscono, in punti in cui è piu sottile, quasi delle porte chiuse, trasparenti.
Vicino a me, niente e nessuno. Eppure, non mi sento sola.
Cammino facendo attenzione, cerco di congedare la paura di cadere e scivolare sul ghiaccio scintillante. Confido nell’aiuto dei miei stivali con spesse suole antiscivolo. Ed invoco le Guide (SW and e SN).
Si, ma dove vado?
Continuo a camminare ascoltando lievi vibrazioni nell’aria condensata, per orientarmi in qualche modo. Ed ecco, un suono, indica il percorso.
“Di là, vai!”
Senza altri riferimenti, proseguo nel bianco luminescente.
Improvvisamente, percepisco un movimento sotto il ghiaccio, un guizzo. Aspetto, ascolto.
Davanti a me appare dal nulla una piccola Foca Bianca lucente. Si avvicina, mi annusa, mi invita a giocare con lei.
Resto piuttosto perplessa. Ci osserviamo reciprocamente ed ipotizzo che per giocare potrebbe intendere essere seguita in un percorso di scivolate sul ghiaccio, senza pattini… Allora, mi immagino di averli sotto agli stivali e pattinando la seguo.
Si ferma, la raggiungo. Un girotondo, ed infine dopo qualche altro metro, si ferma. Cresce, diventa grande, sempre più lucente.
Anche il suono cresce e diventa voce tonante. Viene da sotto il ghiaccio. Il ghiaccio si assottiglia ad Est. Sta per rompersi?
Ho paura (a parte il freddo forse mitigato dalla tuta, ricordo di non saper proprio nuotare).
La Foca Bianca si trasforma in un Tricheco gigantesco, con lunghe Zanne. Comunque, mantiene la sua espressione giocosa, e con un balzo mi carica sul dorso. Si immerge dove il ghiaccio si è’ sciolto e, mi porta con sé.
All’inizio sono spaventata, cerco di concentrarmi sul suono e sul movimento fluido, ondeggiante del Tricheco/Foca. Mi affido.
In breve ll viaggio acquatico finisce. Siamo davanti ad una grotta ghiacciata. Entriamo.
Dentro, una forte luce azzurra e profumo di neve. Il suono, che non è mai cessato, diventa sottile, timbrico, deciso ma anche delicato (come la neve).
Saluto il Tricheco che ritorna sulla banchisa in acqua. Mentre si immerge, ritorna ad essere una giovane Foca.
Spero d’incontrarli ancora.
Mi guardò intorno. Sul fondo della grotta la Luce diventa sempre più intensa e si condensa in una Presenza luminosa che vibra e risuona. La grotta e’ un altare di Ghiaccio, la Luce una divinità di puro Suono, si riflette in aperture sull’acqua . . . Mi sento toccata, accarezzata e punta dalla Luce. Senza dolore. Un processo di sensibilizzazione?
L’ Azzurro entra in me, e lascia delle lettere i fluttuanti, celesti: K O R E C K.
E’ il mio nome? Chiedo. Non ricevo risposta. Il suono cambia, si espande. Ascolto, mi sento diventare evanescente, liberata da pensieri ed incombenze.
Ed allora, quale sarà’ il mio ruolo?
Il suono sommessamente si modula e rimodula . . . . (indecifrabile) e segue “S C S O M della Visione e dello Specchio” , corrispondenza:
“Proteggere e pulire gli specchi ed i riflessi in ingresso ed in uscita – Favorire l’autenticità delle immagini nella loro provvisorietà“.
Chi parla?
La Voce mi ricorda quella sommessa della Fata e Strega, nel Bosco. Ma guarda, ora la grotta e’ verde e sento odore di Foresta.
La luce diventa una Fiammella Blu /Verde, per un attimo.
Infine, vengo assorbita e catapultata nel buio assoluto. Senza navicella, senza nessun riferimento.
Adesso sono qui, da dove sono partita. La mia tuta è , diventata verde/turchese -non a tinta unita, bensì a nuvole d’acquerello.
Sento riemergere immagini d’infanzia molto vivide e mi commuovo.
Ringrazio chi e cosa, senza separazione, percepisco di ringraziare: il Tutto. Che bello sentirsi grata!
Un saluto ai miei compagni di viaggio, ancora.
Grazie.
– Nome terrestre Kaapi Carla Barnabei- Codice Astro 0202010101 Koreck – Scsom della Visione e dello Specchio *(click)
testimonianza dalla pagina FB di Q’Arta– NPAL (Nomadic Provisional Art Life 04012022
rielaborazione di un’immagine pescata in rete
*4.
Nomadic Provisional Art Life 04012022 (in progress)
06 . 02 . 2022
Cosa poteva fare per la loro salvezza (della Bambina e di sé stessa)?
Non sapeva nuotare, avrebbe potuto galeggiare sull’Acqua?
Invocò a lungo, di essere trasportata, senza chiedere dove:
“Trasportatemi da qualche parte…”
disse sospirando.
E così, accade il miracolo. Un piccolo iceberg apparve, galleggiava sull’Acqua. E dentro, c’erano loro.
– Frammento di e per “Antica Novella – (Esordio)” (in progress/continua – 06012022)
Lasciare qualcosa per occupare un posto. Scrivere due righe, il 27 Dicembre invece che il 24 o il 25, ricorrenza luttuosa ma di rinascita. Era il 2011, dieci anni anni fa . Dieci: un’altra decina d’anni, un altro Zero benvenuto!
Grazie.
(post in sospeso – in progress 🙂
29 . 12 . 2021
“Parli sempre dei morti !”
aveva detto ***. prima di concludere bruscamente la comunicazione, buttando giù la cornetta del telefono (adesso non si potrebbe più dire così con i cellulari, ma quest’immagine ben corrisponde ancora ad un’interruzione stizzita).
Mi son trattenuta dal rispondere: “A volte i morti sono più vivi di certi viventi” per evitare ogni percezione a riferimenti personali. E, per restare nello Stupore.
Ebbene, sì, sono sempre stata affascinata dalla relazione Vita/Morte e viceversa. Sono sata aiutata nel distacco, sentendolo provvisorio nella traformazine che diffonde, ogni volta che qualcuno, senza escludere anche me stessa, mi ha lasciato, (sia vivendo sia morendo).
Nell’ascoltare quel silenzio non-muto, di fronte ad immagini invisibil, che Meraviglia. Ecco, la (mia) Salvezza (sia pure provvisoria, o in progress . . .) !
Proprio oggi, mettendo a posto una libreria vetrina, in seguito al crollo di un ripiano, ho trovato questa foto, ed un appunto sul retro. E’ quello che resta di un quadro mancato, quello che mi avevi chiesto tante volte, anticipando un regalo.
No, non l’ho mai dipinta quell’immagine del Resegone, traducendo uno schizzo veloce: il paesaggio dalla finestra della nostra casa di Valghegrentino che tu e Renata avevat ristrutturato e restaurato con tanta cura. E, vi avrò certamente deluso entrambi, anche se non me lo avete mai detto.
Nella vicinanza che oggi sento con te e con lei, rinnovo la mia richiesta di perdono sia a voi, per tutto quello che non ho inteso, riconosciuto e rispettato, sia a me stessa, per non “essere (stata) abbastanza”.
Prima o poi, arriva sempre un momento nella nostra vita in cui ci si accorge dell’amore che non si è riconosciuto, e non fa differenze se dentro o fuori di noi, in fondo quel confine fra me e voi è (stato) una opportunità per affidarsi all’infinito. Ed oggi, cerco di farlo.
Tanti auguri, papà Carletto, per il tuo centesimo compleanno, per questo e tutti gli innumerevoli nostri incontri in-visibili, di noi tre ed oltre, per sempre.
Grazie.
Carluccia
N.B.: certamente questa foto non supplisce al quadro. Ho scritto nell’elenco delle priorità: un acquarello del Resegone, accompagnato da un “raccontino” che, proprio ora, sta comiciando a sussurrare. Ho già preparato un foglio adatto (A3), ed un quadernetto (dei tuoi) 🙂
post da scrivere (in divenire)
27 e 28 . 11 . 2021
Sono tornata a scrivere, qui. Troppo poco sarà per un vero e proprio post completo? Sì, probabilmente.
Quindi, cominciamo a percepire la continuazione del precedente post in sospeso. In fondo, la causa della provvisorietà potrebbe essere non solo nella precarietà impermanente della nostra natura, e riflettersi nella bellezza della sospensione che come un filo sospeso su un burrone non respinge il raggio di sole abbagliante; si offre al vuoto ed alla luce.
Se la percezione cambia, ed accetta di dialogare con la paura riconoscendola, un’ offerta potrebbe non essere un sacrificio ma una meravigliosa trasformazione.
“Non potrai vedere se non cambi punto di vista, dove il paesaggio e’ cambiato, cambia . . . E cambierà.“
L’abbaglio è stato criminalizzato. “Stai attento agli abbagli” che fa il paio con ”Stai attento alle illusioni”.
Piuttosto, direi invece di stare attenti e presenti nell’intento, non solo a quello dichiarato ma alla sua ombra: quella che rivelandosi ci aiuterà a riformularlo, incluidendo nel nostro “anelito a riscuotere un risultato” tutte le paure, i condizionamenti e le aspettative da liberare. Così, l’intento in divenire, avrà una strada da percorrere e noi cammineremo in buona copmpagnia veritiera , non di una pretesa di risultato ma di un percorso di liberazione (magari imprevedibile.)
Non so se son stata abbastanza chiara, scrivendo. Ed allora scrivo:
“Benvenuti !”
agli abbagli ed alle illusioni, magari lo continuerò a dire senza troppo aprirmi alle aggressioni ed alle tempeste, oltre i miei limiti. Ma come non ascoltare ? Qualcosa o qualcuno, invisibile, sussurra
“Quello che deve accadere, accade!”.
Ed allora, pronti e via . . . Via!
P.S.: la foto narra di un incontro nel Deserto Meridionale dei Gobi. Non si intende, con gli occhi fisici, se Cammello o Cammella) stia sorridendo o avvertendomi che, mi sono avvicinata troppo. Un sorriso non esclude nessuna comunicazione, no? Ricordo che stavamo aspettando di partire in carovana, allineati. Ed io ho partecipato a piedi mentre la Creatura ruminante e meravigliosa alla quale ero stata assegnata camminava vicino a me mentre parlavamo, fitto fitto fra noi.
Era il 2017. Non ha ancora superato l’imbarazzo di cavalcare o cammellare (nessun ruolo da sottoposti/sovrapposti). Eppure, qualche volta, l’ho fatto, liberamente e per neccessità (vera o presunta).
In entrambi i casi, cammellare in groppa o a piedi, la connessione fa la differenza, per un allineamento ed un dialogo silenzioso o sonoro, una vibrazione che avvicina i punti di vista di due creature, addirittura unendoli e cancellando differenze e distanze (presunte). E’ cambiato il mio sguardo?