È tempo di mettersi in ascolto.
È tempo di fare silenzio dentro di se.
È tempo di essere mobili e leggeri,
di alleggerirsi per mettersi in cammino.
È tempo di convivere con le macerie
E l’orrore, per trovare un senso.
Tra non molto, anche i mediocri lo
diranno.
Ma io non parlo di strade più impervie,
di impegni più rischiosi,
di atti meditati in solitudine.
L’unica morale possibile
È quella che puoi trovare,
giorno per giorno, nel tuo luogo
aperto-appartato.
Che senso ha se solo tu ti salvi.
Bisogna poter contemplare,
ma essere anche in viaggio.
Bisogna essere attenti,
mobili, spregiudicati e ispirati.
Un nomadismo,
una condizione, un’avventura,
un processo di liberazione,
una fatica, un dolore,
per comunicare tra le macerie.
Bisogna usare tutti i mezzi disponibili,
per trovare la morale profonda
della propria arte.
Luoghi visibili
E luoghi invisibili,
luoghi reali
e luoghi immaginari
popoleranno il nostro cammino.
Ma la merce è la merce,
e la sua legge sarà
sempre pronta a cancellare
il lavoro di
chi ha trovato radici e
guarda lontano.
Il passato e il futuro
non esistono nell’eterno presente
del consumo.
Questo è uno degli orrori,
con il quale da tempo conviviamo
e al quale non abbiamo ancora
dato una risposta adeguata.
Bisogna liberarsi dell’oppressione
E riconciliarsi con il mistero.
Due sono le strade da percorrere,
due sono le forze da far coesistere.
La politica da sola è cieca.
Il mistero, che è muto,
da solo diventa sordo.
Un’arte clandestina
per mantenersi aperti,
essere in viaggio,
ma lasciare tracce,
edificare luoghi,
unirsi a viaggiatori inquieti.
E se a qualcuno verrà in mente,
un giorno, di fare la mappa
di questo itinerario;
di ripercorrere i luoghi,
di esaminare le tracce,
mi auguro che sarà solo
per trovare un nuovo inizio.
È tempo che l’arte
Trovi altre forme
Per comunicare in un universo
In cui tutto è comunicazione.
È tempo che esca dal tempo
astratto del mercato,
per ricostruire
il tempo umano dell’espressione
necessaria.
Una stalla può diventare
Un tempio e
Restare magnificamente una stalla.
Né un Dio, né un’idea,
potranno salvarci
ma solo una relazione vitale.
Ci vuole una altro sguardo
Per dare senso a ciò
Che barbaramente muore ogni giorno
Omologandosi.
E come dice un maestro:
“Tutto ricordare e tutto dimenticare”.
– ANTONIO NEIWELLER, “L’altro Sguardo. Per un Teatro Clandestino” – dedicato a T. Kantor, Maggio 1993
Riferimenti:
– https://comunitaprovvisoria.wordpress.com/2009/01/21/antonio-neiwiller-maggio-1993/
nel blog Comunità Provvisoria: terra, paesi, paesaggi, paesologia
– https://francescodonofrio.files.wordpress.com/2013/10/antonio-neiwiller.pd
1. 2. 3. disegni di Antonio Neiwiller
Rileggendo un vecchio post del 1 . 11 . 2009 ho trovato tracce per oggi, ed anche per domani . . . 🙂
(16 – 12 – 2018 – in progress)


31 . 12 . 2018
Ultimo giorno di quest’anno, ancora in corso. Nessun bilancio. Ascolto musica aspettando si riveli la differenza e la somiglianza fra musica, suono e rumore (una specie di bordone più o meno udibile fa da sottofondo discretamente fino a quando nel silenzio risuona potente oltre ogni identificazione…).
Echi di guerra nei fuochi d’artificio. Sarà anche viceversa, qualcuno trova la guerra accettabile ? Si spaventano gli animali in città, nelle case e fuori, si lamentano si nascondono sotto il letto. E, noi?
Nelle feste celebrative c’è sempre qualcosa di violento sottaciuto ed indescrivibile, in agguato a segnar confini, dove crediamo ci sia ancora pace e dove invece non c’è più (anche se a volte non ce ne accorgiamo neanche).
A ben ascoltare, di pace non ce ne è più dappertutto, sulla terra. Siamo abituati pure alla guerra, con e senza armi vere proprie, ormai bastano le parole, le frasi pronte a dividere e distruggere.
Eppure, senti che silenzio . . . ?
NPAL Lab – “Dentrocasa” 2017
(3112018 – in progress)