con riferimento al precedente, un altro SegnaPost(o)
“In questo tour, Dylan sta esplorando un terreno che nessun altro ha mai raggiunto prima, continuando a spingersi verso il futuro. Non sappiamo se lo rivedremo ancora, ma siamo grati di aver condiviso parte della nostra esistenza su questa terra nello stesso tempo in cui lo ha fatto lui. Ci siamo sentiti meno soli, e comunque andranno le cose, tornando a casa dopo queste due serate ci sentiamo come dice lui in una delle sue nuove canzoni, “viaggio leggero e sto tornando a casa”. E quell’assolo di armonica durante “Every grain of sand”, l’unico in tutto il concerto lo conserveremo a lungo nel cuore, come un pegno di amore e condivisione. “
* Paolo Vites
Grazie Paolo, come sempre.
Ho letto e sentito: rispecchiato il rigore e lo struggimento percepito durante il suo concerto, solo quello del 3 luglio. Ecco, non descrivi, racconti di lui . . . e di te. Eppure ripercorri passo passo, tutto il suo percorso, di trasformazione, del suo ritorno a casa.
Il suo rigore, niente spazio per gli applausi, niente scenografia, solo quel panneggio infuocato che in un momento, non ricordo quando, si è trasformato in un fitto insieme di tronchi altissimi, forse a indicare così lontana la distanza dal Cielo da non poter vedere rami e foglie della loro chioma?
Nessuna pausa per gli applausi: non c’è posto per questo, voi non siete i vostri applausi, voi non siete pubblico, siamo tutti insieme e siamo qui, ora! Io non sono nessuno dei personaggi coi quali potrei essere identificato e neanche voi.
Siamo connessi , a cominciare proprio da noi stessi, se guardiamo tutti da quella parte, consapevoli di tornare a casa, dal buio, disperati e lieti, insoddisfatti e grati… grati. Vedi la Scintilla ? Mi è sembrato ci dicesse quell’assolo ultraterreno di Armonica, verso la fine del concerto.
Quando si torna a casa e si allegerisce il bagaglio, non si tratta di dimenticare ma di riconoscere e lasciare andare. Niente è davvero perduto. Bob testimonia, ancora una volta, che torniamo allo Spazio e possiamo vivere la nostra Paura tanto che possa svanire, pura, spaziosa .
E, quell’assolo d’Armonica ha smesso d’incantare? No, mai.
Uscita dall Teatro degli Arcimboldi, quando sono tornata a casa da sola, mi son chiesta: e addesso dove vado?
Attraversando la città che mi sembrava proprio sconosciuta, devastata, tra sconosciuti devastati; sulla banchina sotterranea della linea 7 (buio, sporcizia, assenza di indicazioni) una persona gridava pena di tradimento e abbandono al cellulare e indirettamente pure a chi era lì vicino; lì ancora ho sentito quella Voce d’Armonica struggente che , come lo Spazio, racchiude tutte le voci e tuttti i Silenzi.
Non ha mai smesso il suo richiamo, la sua preghiera di invocazione e di gratitudine ( passaporto per il ritorno). Riconoscimento d’appartenza.
Chi crediamo di essere ci separa da chi davvero siamo?!
Là, al concerto, di fronte a Bob, sentirsi soli , in sé stessi, e con lui, come soli ma non separati siamo, adesso. Qui e Altrove.
Ascoltiamo, ascoltiamo, lontani e vicini, da lontano e da vicino.
Grazie ancora Paolo, di orientare lo Sguardo, il tuo e il nostro, verso quella Scintilla, e al Vento. Di esserne testimone.
Articolo di Paolo Vites su “Il Sussidiario”
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(continua – in progress 03-04-05 . 07 . 2023)