I’m gonna have to put you down for a while

N.B.: post in progress, più che mai… ) sono in una condizione di “straripamento emotivo”, quindi posso scrivere solo a tratti, altrimenti resterei al pc, o a scrivere-disegnare su un quaderno, giorno e notte. Cè anche altro da fare… quindi, scriverò a tratti….  🙂

  11. 22 –  Da qualche tempo mi dedico a The Work  (oppure qui)  e la dinamica di ribaltare, ciò che avverto all’esterno verso di me diventa qualcosa che io, percependolo, agisco in me o verso l’altro,  è qualcosa che non ricevo ma che io stessa agisco più o meno in-consapevolmente verso me stessa o l’altro.

Oh yes, facciamola finita con le accuse agli altri, cominciando dai genitori, in questa vita e pure nelle altre …  Ora, eccomi di fronte alla mia connessione, assunzione di responsabilità ! Ad un certo punto il dramma-commedia  svanirà e “ribaltare” rivela   questo gioco  nella vita…   La consapevolezza responsabile prima si presenta , ogni tanto, svegliando lo spirito libero della gioia attraverso il rilascio della tensione, e poi, spesso ed infine, quasi sempre,  ad ogni passo incerto o troppo sicuro.

A proposito, c’è una sicurezza, a volte, che mi spaventa.  L’avverto forse più sovente negli altri, e quindi zac! Ribalto su di me, non è qualcun altro o qualcosa, all’esterno, a spaventarmi, son io, ed allora  mi chiedo: perché mi spavento?   Mi son trovata “da un’altra parte, scrivendo (ancora) e mi fermo qui.  Avevo cominciato a scrivere  perchè rileggendo una poesia-canzone di Bob Dylan mi ha infastidito o  toccato una sua frase, mi era  sembrata eccessiva ed allora l’ho ribaltata su di me. E’ questa:

“I found hopeless love in the room above

When the sun  and the weather were mild

You’re as  fine as wine,   I ain’t handing you no line

I’m gonna have to put you down for a while”

Huch’s Tune – BOB DYLAN

Un’altra domanda: ho scritto questo post invece di qualcosa d’altro simile ad un Report del Viaggio a Iona (sono appena tornata in Italia, almeno fisicamente)? Chissà Perchè … 🙂 . Comunque, continua … Grazie ❤

IMG_5951

NPAL Diary &Testimony

( 1 continua  – in progress )

 C l i c k    QUI 

8   e 9 . 8 . 014

Il report del Viaggio a Iona non arriva, ancora.

Ecco, invece:

Rastak Group è “a new ensemble for contemporary Persian folk music was formed as an experimental music group in 1997.  The group seeks to collect, record and interpret  traditional persian folk music for a global audience, incorporating language, culture and history also me ring traditional instruments and forms with contemporary rhythms. The musicians who comprise Rastak have graduated from the best universities in Iran and have done extensive  research into Persian folk music.”.

Non conoscevo questo gruppo ma il mio incontro con la musica persiana risale a tante, tante Lune fa. Quando portavo musica e soprattutto musica tradizionale dei mondi a scuola per le nostre lezioni. Quanti bei ricordi…!

Ora, dopo aver  incontrato questa musica per una fortunata (apparente) casualità,  sto ascoltando un dialogo, fra noi.   Provo ad azzardare  alcuni suoi argomenti. E’ un ensamble misto, donne ed uomini, tutti suonano con un’ispirazione , stanno giocando molto seriamente, proprio come sanno fare molto bene i bambini. Credono a quello che stanno facendo insieme e giocano, si giocano il confine o il limite fra di loro e l’universo, fra la loro cultura e tutte le altre.

Riascolto, e sento: la tromba del giudizio universale, il campanello del gatto, il battito ritmato del cuore e quello del bissare alla porta. Sento l’invocazione del vento e della pioggia, la disperazione della separazione e la gioia di scoprire che non esige e non esiste, sento lo strillo napoletano dei vicoli, di chi vendendo gioca la sopravvivenza, sento il pianto trattenuto nell’attesa che diventa di gioia o di morte a secondo se la “barca” arriva o no.

Ed intanto, sento l’accettazione, di essere insieme sempre, anche quando si è soli,  soprattutto … Grazie.

SHADOWS & GLARES-IMG_0836 - Versione 2

NPAL Travel & Meeting – British Museum, London, January 2014 – Man’s Clothes, recycled metal foll bottl-neck wrappers, copper wire                                                              by EL Anatsui, Ghana 1999 – 2001

MAN'S CLOTH BY  EL ANATSUI-IMG_0838 - Versione 3

“The traditional narrow-strip woven silk kente cloth of Ghana is a source of pride and a receptacle of cultural memories. It is a leitmotif that runs through much of El Anatsui’s work.

 He uses it to pursue the themes of the memory and loss, particularly the erosion of cultural values through unchecked consumerism, here symbolised by the bottle-neck wrappers.

Yet El Anatsui’s work is ultimately optimistic, in the case using cloth as a metaphor for both the fragility and the dynamism and strength of traditional clothes may be seen i the textiles section of the galleries.

El Anatsui (1944) was born in Ghana but since the 1970s has been working at Nsukka where he is professor of Sculpture at the University of Nigeria”.

Broken Bridge II – by El Anatsui   c  l  i  c  k 

NPAL Diary & Meetings – (2 continua – in progress)

3 thoughts on “I’m gonna have to put you down for a while

  1. Huch’s Tune – BOB DYLAN

    Well, I wandered alone through a desert of stone
    And I dreamt of my future wife
    My sword’s in my hand and I’m next in command
    In this version of death called life

    My plate and my cup are right straight up
    I took a rose from the hand of a child
    When I kiss your lips, the honey drips
    I’m gonna have to put you down for a while

    Everyday we meet on any old street
    And you’re in your girlish prime
    The short and the tall are coming to the ball
    I go there all the time

    Behind every tree, there’s something to see
    The river is wider than a mile
    I tried you twice, you can’t be nice
    I’m gonna have to put you down for a while

    Here come the nurse with money in her purse
    Here come the ladies and men
    You push it all in and you’ve no chance to win
    You play ‘em on down to the end

    I’m laying in the sand, getting a sunshine tan
    Moving along, riding in style
    From my toes to my head you knock me dead
    I’m gonna have to put you down for a while

    I count the years and I shed no tears
    I’m blinded to what might have been
    Nature’s voice makes my heart rejoice
    Play me the wild song of the wind

    I found hopeless love in the room above
    When the sun and the weather were mild
    You’re as fine as wine, I ain’t handing you no line
    I’m gonna have to put you down for a while

    All the merry little elves can go hang themselves
    My faith is as cold as can be
    I’m stacked high to the roof and I’m not without proof
    If you don’t believe me, come see

    You think I’m blue, I think so too
    In my words you’ll find no guile
    The game’s gotten old, the deck’s gone cold
    And I’m gonna have to put you down for a while

    The game’s gotten old, the deck’s gone cold
    I’m gonna have to put you down for a while

  2. Ecco,un uso piuttosto improprio del blog,dorsepiù simile all’azione rapida di postare un link in facebook. Sì, ma io in facebook non mi sento a casa, qui invece sì: Un posto poco frequentato, questo.Qui, nel silenzio, meglio si può ascoltare.
    Quindi, in appunto non tanto sulla canzone in sè, ma sulle voci di Bob e sulla trasformazione. La canzone resta, la voce la trasforma trasformandosi. E’ un processo che dura tutta una vita, trasformarsi. E non solo una…

    Sento qualcosadi simile,forse, quando disegno con la penna (che ha i
    la sua voce), o quando danzo,con la muisca o anche senza… Ed anche quando guardo il cielo, soprattutto quando la Luna sembra andare e venire con le nuvole,come adesso.
    Come se non bastasse ho appena finito di vedere “La musica nel cuore”.Sì la musica è dentro ed intorno, basta ascoltare… Grazie ❤

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