A volte, la storia arriva da te e, non è un racconto. No, è un incontro … Ascolto la differenza, tra racconto ed incontro, quando arriva da me. E, dico “da me”, ma in quel momento non sono separata, dietro al mio nome od una maschera. Non sono sola. La magia di una storia viva è proprio che s’accompagna a te e forse, ti sveste d’ogni maschera, pretesa, pregiudizio . . . E, nuda posso sentire il vento in profondità, se sono in ascolto.
Certe volte, sono distratta e la maschera è sottomessa a quell’attesa, aspettativa o altro, così che io perdo il vuoto che ci separa e ci unisce oltre ogni forma, ed ogni definizione di personalità.
Grazie!
La sua Voce (di Bob) è come una storia in progress, se l’ascolti parti per un viaggio dentro di te e, seguendola, non trovi confine, se non quello fra Terra e Cielo (e lì Terra e Cielo, Inferno e Paradiso non sono categorie e non sono separati, mai).
Contemporaneamente ti porta oltre il tempo, là dove Passato, presente e futuro non sono inseparabili . . . Sempre!
Quello che conta son le storie, non quello che trovi o porti a casa.
S’apre uno spazio d’ascolto ad ogni incontro, con qualcuno, qualcosa, un paesaggio, un’immagine, un segno visivo o sonoro. Oltre le parole, s’apre uno spazio di ascolto. Non sai cosa arriva non sai perché. Restare connessi attraverso l’ascolto senza aspettative e senza richieste, come una porta ( o una finestra) che si lascia attraversare, come una strada che si trasforma al passaggio dell’acqua, in fiume …
Le storie sono sempre presenti, persino su una pagina personale di ebay, dove qualcuno espone cose da vendere. Sono presenti, soprattutto dove non le cercheresti ma, forse stanno in attesa e, ti sorprendono, se le lasci apparire.? Dipende, forse, da noi quello che troviamo, così come dipende sempre da noi se non troviamo qualcosa…? 🙂
Le storie si manifestano come suono, hanno un ritmo secolare che ha loro consentito di intrecciassi fra loro e di cambiare, trasformandosi in un altra storia, connessa ad altre, e così via. La separazione nel tempo e nello spazio è dissolta, se ascolto e racconti, se sei ascoltato e raccontato.
Quando racconti, sei una Voce fra tante, accogli una storia in te … Sia benvenuta!
“Lasciati e trovati. e poi , lasciati di nuovo . . . “
Era scritto a mano. La calligrafia leggera, pendeva un po’ di qua ed un po’ di là, come se volasse sopra la riga che usualmente guida in un direzione.
E’ una mappa d’appartenenza.
La mappa è invisibile ed anche l’apparenza, lo è. Lo saranno, se davvero appartengono ad uno spazio indiviso (non uno spazio rappresentato, codificato, confinato, classificato, temuto od amato, venduto o perduto, ecc,). Là, dove non c’è separazione di forma, valore e tempo, fra noi, intendendo me, (tutte le parti di me), e te (tutte le parti di te) o lei (tutte le sue parti, lui (tutte le parti in lui).
Più grande sarà la libertà di stare lontano e vicino, più grande sarà lo spazio… verso una dimensione non misurabile, inseperata. C’è un percorso da fare, potrebbe già essere in corso, sicuramente non avrà un punto di arrivo ( e, forse, neanche di ritorno)!
*2. NPAL “No Border” – 10062013, Milan & Elsewhere
NPAl Diary & Journey 1606017 (in progress)
19 . 06 . 2017
Once upon a time you dressed so fine
You threw the bums a dime in your prime, didn’t you?
People’d call, say, “Beware doll, you’re bound to fall”
You thought they were all kiddin’ you
You used to laugh about
Everybody that was hangin’ out
Now you don’t talk so loud
Now you don’t seem so proud
About having to be scrounging for your next meal.
How does it feel
How does it feel
To be without a home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You’ve gone to the finest school all right, Miss Lonely
But you know you only used to get juiced in it
And nobody has ever taught you how to live on the street
And now you find out you’re gonna have to get used to it
You said you’d never compromise
With the mystery tramp, but now you realize
He’s not selling any alibis
As you stare into the vacuum of his eyes
And ask him do you want to make a deal?
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You never turned around to see the frowns on the jugglers and the clowns
When they all come down and did tricks for you
You never understood that it ain’t no good
You shouldn’t let other people get your kicks for you
You used to ride on the chrome horse with your diplomat
Who carried on his shoulder a Siamese cat
Ain’t it hard when you discover that
He really wasn’t where it’s at
After he took from you everything he could steal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Princess on the steeple and all the pretty people
They’re drinkin’, thinkin’ that they got it made
Exchanging all kinds of precious gifts and things
But you’d better lift your diamond ring, you’d better pawn it babe
You used to be so amused
At Napoleon in rags and the language that he used
Go to him now, he calls you, you can’t refuse
When you got nothing, you got nothing to lose
You’re invisible now, you got no secrets to conceal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Oggi, riascoltando questa canzone, ri-trovo una testimonianza che testimonia una condizione per tutti di una discesa là sotto, in quel punto detto “di non ritorno”, nel senso che comunque ritornerai da qualche parte, ma non sarà più la stessa. In quel punto, capire che è stata una fortuna arrivare fin li’ e, morire nella personalità di chi credevi d’essere e credevano tu fossi.
Essere, almeno una volta in questa vita come “Like a rolliing I stone”, rilasciare le certezze, rischiarle e vivere da mendicante, senza mendicare. Lasciare la maschera che consentiva di medicare celando quell’elemosina da “ricchi”. E, mendicare davvero, senza più maschera.
Liberarsene e, senza saperlo al momento, trovare la consapevolezza e trasformare quel mendicare nel viaggio di chi porge la ciotola vuota agli altri, senza nome e, soprattutto, apprezzandola, sia vuota sia piena:
“Accetta ed onora quel dono che è anche il vuoto”.
Apprezzare e celebrare quel vuoto, soprattutto dentro di sé. Uno spazio che si sta liberando, un ritorno a casa, dolce, struggente, misterioso, indescrivibile. Tutto scompare 🙂
Qualcosa resta? Sì, seguire la musica, il canto che percepisci dentro di te e qualche volta anche fuori, come quando ascolti davvero.
Ascoltare davvero è , sia seguire una voce quando corrisponde ad un ritmo che ti annienta e ti fa rinascere, trasformata.. sia accettare altri ritmi e trovare una distanza…ma continuando a cantare ?
“Stai tranquilla con le cose che ti succedono. L’ultima volta Bruno ricordava il fatto che tutto ciò che ci arriva lo abbiamo causato noi ed avendolo creato noi, siamo anche in grado di sopportare il giogo. Buona domenica. Baci.”
*1.
Un messaggio che ha una sua precisione. Impeccabile. Lascia una scia e tu se vuoi, puoi ascoltare, seguire, restare. Senza esclusione . . .
Trovare nelle distanze ponti, nel Silenzio, il Canto nell’Assenza la Presenza… Vivere e morire, rinascere a te tesso/a, inseparato/a?!
Grazie, sempre 🙂
*2.
NPAL Diary & Journey, in progress, 0406017, – Here /Elsewhere
*2. NPAL Presence/Absence (Mask), Aries and Tauros Garden, Fhindorn Foundation 2013/2015
5 . 6 . 017
Sopportare, non mi è piaciuto, anzi, come sottilmente egoico ed agente di complicità, l’ho spesso sentito. Una complicità ad un sistema in cui ognuno ha un suo posto, assegnato . chissà, per nascita, karma o altro. D’accordo, volevi il “posto fisso”? Questo lo è.
In realtà (quella non per forza convenzionale), la fissità totale è … improbabile, o forse neanche esiste. Tutto (proprio tutto?) si trasforma, in modo più o meno visibile, o addirittura in modo invisibile (dipende dallo sguardo?), quindi mica può restare fisso ed identico, no?
Preferisco l’esperienza della resistenza a quella della sopportazione, perché la sento più profonda, a creare ponti fra quello che succede “fuori” e quello che sentiamo dentro, ad esempio la ribellione, all’ingiustizia, al dolore al tradimento (e qui, ci sarebbe anche un’altra storia, inerente al cambiamento …).
Dici: “Resilienza, allora!”
Nel senso, che resistere non sia uno sforzo? Riconoscere le risorse (nostre ed altrui, dentro e fuori) soprattutto quelle non riconosciute, e liberarle? Se sopporto, o mi sforzo, ostacolo il cambiamento (dentro e fuori di me)? Liberare le risorse dai condizionamenti precede la loro attivazione ( a volte si auto-attivano, quando sono libere di farlo)?
Ciò che evita lo sforzo consente il cambiamento in funzione di un Intento (aggiornato, via via, sul riconoscimento di ogni paura, condizionamento, schema della personalità, ecc.)?
(Oh, so many questions!)
*3. NPAL Diary & Journey, 2015/2017
Grazie!
NPAL Diary & journey, Dialogue, 0506017 (in progress)
Come una Mollica di Pollicino, per poter tornare indietro anche se, ritornare non sempre ti riporta da dove, credi o credevi, di essere partito:
“L’Acqua diventa Ramo. I Rami diventano Acqua.
Trema il Fulmine così vicino alla Stella.
Ho rivisto “Abrazo de la Serpiente”, ci sono tornata (per caso?) sospinta, come una barchetta di carta, dal Vento, da un link ritrovato in Fb. Ho sentito che mi parlava, parlava proprio alla parte di me che vuole “partire, senza scappare, però…”.
“Da cosa potresti scappare?”
Da qui….
“Oh, non puoi! Qui e là sei sempre tu, oppure non lo sei, mai.”
Preferisco la seconda ipotesi.
“Sì, però però arrivarci è un Viaggio!”
Va bene. Mi aiuteresti a partire?
“Lo stai facendo, anzi sei già in viaggio. Ascolta!
(la meta non è il viaggio).
Sì, ascolta, il tuo Canto ti sta cercando . . .”
Grazie.
28 . 5 . . 2017
“Qualunque sia il tuo dolore e la tua pretesa o ricerca di guarigione, ascolta. Ascoltati, Trova il confine, là dove ascoltare è ascoltarti ma rimane ascoltare. Là, oltre alla tua persona/lità. Ascolta. Ascoltati ascoltando, con umiltà e semplicità. ai oltre. Riconosci la tua paura, ascoltala, Qualunque mezzo sarà buono se alla fine lo rilascerai. Non cercare scorciatoie e se le troverai, ringrazia! … Fino ad allora, o finora, non si sa in quale vita o quando, vai, vai, vai…. e resta andando e, vai restando. Mi intendi?”-
(così, sento diverse voci nello steso o canto, e sono una…).
La tua voce è un canto, e come un canto, seguo il ritmo del respiro, il mio che non è solo mio … vado e resto, resto e vado. La bambina in me, non è negata e non comanda più. Riconosce il Cerchio e partecipa, lieve.
Così, sento diverse voci nello stesso canto, e sono una…
La naturalezza è l’unico potere, autentico.
GRAZIE!
NPAL diary & Journey 2805017, Here & Elsewhere
28 . 5 . 017
Mi sono svegliata, con l’immagine (la prima, qui sopra), davanti agli occhi.
Ho risentito quella emozione di disturbo, della scorsa estate in Siberia, quando ci siamo incontrati con Olga. Eravamo un gruppo in un seminario-Viaggio, non un tour turistico (senza offesa per Alpitour), eppure mi sono sentita come in un safari, davanti agli obiettivi, cellulari e macchine fotografiche: la sciamana Olga nella sua stupenda casina, di quattro per quattro metri, ci guardava con severità e compassione.
Cellulari in mano e macchine fotografiche pronte, riflessi condizionati di ripresa e giudizio. Tutto pronto.
Alla fine, si è fatta fotografare. Così piccola, così di un altro Mondo (un Ponte fra i Mondi). Si stringeva al figlio e… non so scriverne. Le foto son venute tutte sfocate, che coincidenza! Io mi sono sentita svenire, avrei voluto svanire, del tutto!
Da allora, per ogni tipo di rappresentazione, sento una diffidenza che sto cercando d’esplorare. Forse l’ho sempre sentita per l’arte, meno per la fotografia, ma ora è riemersa potente. Hanno detto che fotografare ruba l’anima. Magari non ruberà l’anima, ma la disturba! Se “fissi” in un’immagine permanente, qualcosa o qualcuno separandolo, dalla sua appartenenza multidimensionale, e mostrarlo come una “figurina”, l’anima è disturbata, e soffre. Ed, ad soffrire è anche la nostra anima. Mentre l’ego gongola?
Ecco il ricordo, di una foto che non ho fatto.
Le fiamme del fascio di rami di Ginepro per la fumigazione si espandono nella piccolissima stanza, dove il gruppo è voluto entrare insieme, invece di rispettare la richiesta (10 per volta); cadevano ovunque i lapilli , alla fin del rituale di guarigione , che non descrivo. Avete presente l’energia del Vulcano? Eravamo indifesi, in balia del Mistero.
Le presenze (umane) erano troppe, troppo pesanti, e pensavano senza sosta, giudicando, classificando? Olè! Molti rimproveri indignati : era una sciamana esagerata, non avrebbe dovuto fare così, “Gli sciamani non sono aggressivi, non lasciano tracce sul corpo… “.
Pensavano di essere ad uno spettacolo e lo spettacolo li aveva troppo spaventati? Davanti alla potenza della naturalezza ci si può spaventare, d’accordo. Dipende dal tuo Intento, e dal tuo “bisogno”, cosa ti succede. Puoi scappare, giudicare, cercare scampo dall’abbandono, oppure arrenderti, inchinarti e ringraziare, davvero, o altro. A te la scelta. E, basta. Non è uno spettacolo (di magia).
Ormai, tutto può essere documentato (ed essere consultabile in rete, su youtube o altro). Tutto, tranne l’invisibile. Rispettiamo almeno quello. E, chiediamo(ci) quale potrebbe essere la causa di tutta questa compulsione di rappresentazione. La risposta potrebbe essere davvero interessante, un viaggio avventuroso e magari pericoloso, dentro di noi.
“La nostra personalità è terrorizzata dalla perdita di controllo, corre al riparo, si nasconde con maschere affascinanti, o terrificanti, e ci fa credere che siamo noi quello che sembriamo, crediamo o ci fanno credere, di essere o dover essere.”
Il Teatro delle Origini, lo sa, usa le maschere per rappresentare l’invisibile, che tale rimane, segreto. Se lo contatti muori, da vivo , e lo sai, non sarai più lo stesso, vivendo .
La naturalezza è l’unico potere, autentico, riunisce le parti separate, è una connessione, non una contrapposizione,
“Vivi in battaglia, dentro di te, per la pace. In viaggio, disarmata, ma non senz’armi. Da sola, ma non separata.Non pretendere. Ascolta. Ora. “
Invece, se la preoccupazione è dentro di te, in te, bisogna occuparsene.
Il verbo “occupare” mi ha sempre affascinato, perché ha, in sè, due opposti (o contrari apparenti): essere occupato nell’impegno, fuori e magari pure dentro,ed essere occupati da altri od altro, fuori ed anche dentro.
Quante sfumature in questa apparente contrapposizione, uniscono gli opposti! E, quanti interrogativi.
Essere impegnato in un lavoro, in una attività, in una passione, fuori o dentro , senza separazione (dentro/fuori( ovunque (tempo e luogo)? Essere occupati, tenuti in pugno, controllati da altri o altro, fuori (e magari fin dentro di noi, in fondo) e o essere inconsapevolmente occupati, condizionati, controllati, manipolati da parti di noi, dentro, che agiscono, spesso a nostra insaputa, sottomettendo le altre parti (di noi) ed, a volte, persino l’anima?
“Alla mia età veneranda, sto scoprendo, anzi sono scoperta da Spirito Bambino e, mi chiedo sorridendo se tutte quelle divisioni dalla mente (mia ed altrui) puntigliosamente definite, esistano, o se esistano solo come differenze di sfumature. Come se, fra due opposti, esistesse una gamma di tonalità in divenire, viva, libera da ogni nostra di controllo, che trasformi continuamente gli opposti e la presunta separazione in altro da sé stessi, (e da “noi”), esprimendo una distanza. Una distanza, una terza possibilità , a sua volta, possa espandersi come creatura differenziandosi e comunque, restando inseparata in connessione con la sua ( e nostra) Origine.
E, di fronte a questo miracolo in divenire, all’alba ed al tramonto, puoi stare in silenzio, ad ascoltare.
Storie arrivano, ti confortano e, quando sarai abbastanza confortato/a, o anche solo un pochino sollevato/a, cambieranno sconfinando. Forse potrai trovarti in un altro paesaggio, in un’altra storia. No, non cercare di classificarla, di darle titolo o di venderla. Non è tua e va, va…. Continuerà. Potrai seguirla? Chiediglielo e, chieditelo.
E, magari partirai, o sarai già, in Viaggio!”.
2.
“Ora. ti chiedo: chi sono?”
“Sei un artista! Perché non lo vuoi ammettere?”.
“Lo sai quanto io resti perplessa o infastidita, per questa parola… Sto cercando il perché, da tanto. Intanto lasciami dire : mi sento , più che altro, una semplice cantastorie ma, da come sento, non sono io, son le storie a cantare … Sì , e le ringrazio, sempre! .
E, ti chiedo di nuovo (sai già, a quale proposito). Sono un canale (di racconti e d’immagini che non sono mie, arrivano e vanno)? Come un Bastimento raggiunge la Riva, ci raggiungono e poi, ci lasciano, ma sempre fra noi, l’Oceano . . .” 🙂
Grazie grazie, sempre.
3.
NPAL Diary & Meetings, Mongolia, August 2015
2. NPAL Diary & Journey – Provisional Installation, Milan 2014
3. NPAL Diary & Journey – HorseS and Infinity – Mongolia , September 2015
Metto fra parentesi, spesso, qualcosa che sopraggiunge mentre sto scrivendo. E’ come un appunto. Quando rileggo, riparto da lì.
Ricordi quando sussurravi (per di più in inglese) ? Ed io, non capivo niente ma se ascoltavo il suono, mi sembrava d’intendere.
Mi hai insegnato, quando parlavi così, e non sussurravi; forse era la tua voce assente (ma presente),ad insegnarmi che non si tratta di capire le parole.
E’ una sintonia, se c’ c’è, oltre le parole. E se c’è stata, c’è sempre… nella connessione (ma non fra noi due separati, necessariaMente).
“Di una sintonia, magari ci si può accorgere che pur essendoci davvero, sia in una direzione diversa da come credavamo.”
Una sintonia, forse non rispetto ad un altro (ad un’altra o ad altro) ma verso di noi inseparati ed, in quanto tali, non identificanti in “me/noi”.
In quel momento come fosse quella sintonia dodecafonica, non funzionale ad una melodia precostituita, piuttosto un’avventura, poco avvenente nell’aspetto , dietro l’apparenza, e così profonda nelle radici, infinite. Grazie 🙂
NPAL Diary and Journey, Gobi Desert 2015
(seguirò post, prima o poi, in progress 🙂 )
19 . 10 . 016 (poco dopo la Mezzanotte)
(in progress 😉 )
20. 10 . 016 ( quasi un’ora dopo la Mezzanotte . . . )
Eppure … (e p pure)
Eppure. Il suo suono non recupera ma ipotizza verso l’Infiito, del non-giudizio , del non so (cosa, chi, dove, quando e perché o per come. . . ).
Nella prossima vita, se ci sarà, mi piacerebbe essere una/un musicista o direttamente, un suono!
Eppure, racconta una storia (bellissima?) :
“Non si fidava della negazione, della separazione e, neanche del recupero. No, non si fidava di loro né dei loro significati, come erano codificati e come ammiccavano.”
Non sapeva il motivo , ma sentiva costrizione nella negazione, perché separava (e viceversa), escludeva qualcosa. Vi sentiva un’ingiustizia, nel dividere cioò che stava insieme davvero, come l’Ombra e la Luce.
Le avevano insegnato che senza ombra la luce non c’è ( o viceversa). Sì, le avevano insegnato che dipende dal punto di vista quello che si vede e quindi, quello che si percepisce dipende da come si guarda ( si vede o sente o ….) . E, quello che si sente nella pancia come un’emozione, va a finire in un pensiero che la mente dirige e controlla. La mente separa.
Per questo, si ribellava: sia pur accettando le rime, comunque sentire poesia. Nel detto e nel non-detto, e perfino nell’in-separato!
Quanto tempo, e non-tempo, passò fino a quando si accorse che la ribellione l’avesse portata ad amare quello per cui si ribellava?”.
Allora, come va a finire la storia ( ma c’è una fine ?) ? 🙂
(in progress – continua)
20 . 10 . 2016
Allora, come va a finire la storia. Ma è una storia?
Per guardare fuori dalla finestra, devo girare la testa a destra, verso Nord-Est.
“Le storie mi hanno cresciuta, in questa vita e nelle altre” ho scritto, subito dopo aver pensato con affetto a tutti coloro che me le hanno raccontate: nomi, visi, paesaggi ed accadimenti, una sequenza infinita di immagini davanti a me, in me. Un paesaggio interiore, di immagini svanite. Perché “La natura delle immagini è di svanire”. (*)
E, se “I vecchi dovrebbero essere esploratori” (**), sto esplorando il vuoto meraviglioso che lasciano le immagini (quando svaniscono). Mi meraviglio e non mi fa più così paura. Anzi, siamo diventati amici.
Le storie, sono il soggetto, arrivano da noi, ci abitano e bisogna farle proseguire. Ascoltarle e trasmetterle… Ma prima aspettare che ci abbiano attraversato, trasformato e portato via ogni immagine, o quasi.
Tutte le storie che mi hanno cresciuta, mi hanno scossa come un fulmine e poi, seppellita sotto terra a cercare, cercare e cercare di nuovo.
Sono state e sono vive, le storie, diventando uno spazio d’ascolto: un ritmo senza melodia, (suono di cascata, della foglia che tocca terra lasciando il ramo, il flop del sacchetto della spazzatura nel cestone apposito) la voce di un sorriso,quando torni e quando vai via, l’urlo selvaggio di un neonato … ed il silenzio, sopratutto.
Mentre guardo fuori dalla Finestra, da quassù, proprio a Nord Est, passa un Uccello (lo vedo dal basso ). Starà migrando?
C’era una volta e, non c’era!
*Selene Calloni W. racconta in modo incantevole anche attraverso citazioni (“James Hillman- Il cammino del “fare anima” e dell’ ecologia profonda” – Ed. Mediterranee
** T.S. Eliot in “La forza del carattere” James Hillman – Adelphi ed.
Altrochè . . . . (che avverbio interessante, direi. L’altro (o l’Altro) rispetto a qualcosa d’altro, è in una prospettiva (che)).
Chissà ,se questa convergenza prospettica sia in direzione di passato o di futuro e, magari (ohiohi), del presente.
“Qui ed ora”, quando non è una etichetta ( e non è per niente sbagliato se lo fosse -per giunta), prospetterebbe indietro (passato) ed in avanti (futuro) qualcosa di non ipotizzato?
Magari, in un modo non- separato in cui il presente momento ipotizzi un ponte fra prente, passato e futuro. Insomma, un miracolo?
Ehi, (fra parentesi.): il punto interrogativo (?) sia una suggestion, o uno stratagemma che sfoca(no) il pensiero da una definizione definitiva verso l’(immaginario) infinito!
Ho ritrovato un articolo sul blog di Renato e Manu, ora entrambi in un’altra dimensione, da qualche anno. L’ho trovato insieme ad un ricordo per il mio caro amico Antonio Caronia, postato l’anno scorso su Facebook.
“Sono piuttosto cauta, ora, nella frequentazione di Facebook. Cerco di passare attraverso la negazione ed anche le mie riserve, come cerco di farlo rispetto ad ogni automatismo nella comunicazione (ad esempio:domanda e risposta, giudizio, organizzazione del consenso ed auto-conseso – I like- , compensazione, dimenticare la responsabilitò, stare nel pettegolezzo e sorridere a vanvera,). Però apprezzo quel meccanismo che riporta ad oggi le pagine postate, un anno prima,lo stesso giorno. Oggi ha riportato insieme il loro ricordo.”
Comincio quindi, qui, un post in progress (doto il tempo imitato che ho). Il loro ricordo porta immediatamente delle connessioni. Comincio con Renato e Mau, che non conoscevo di persona, ma è come se li avessi conosciuti …
“Sulle “Medicine Naturali” incombe la scure Europea o almeno sembra o forse incomberà … vaghiamo nel vago. Le “medicine naturali” e la “pratica dell’autogestione della salute” prendono in considerazione e curano le cause della malattia, con un’ attenzione particolare all’alimentazione e agli stili di vita.
La nostra amica Etain racconta così il suo rapporto con le medicine naturali: …L’attenzione credo che sia un grande segreto. Qualche mese fa, mi sono accorta che gli episodi di vomito ed emicrania che mi capitavano inspiegabilmente erano periodici e infatti avvenivano due giorni prima delle mestruazioni. Va bene, sarà la menopausa, pensai, ma ero sconcertata: io che non ho mai sofferto per le mestruazioni, le gravidanze o i parti, ora mi tocca questo? Per fortuna da un po’ di tempo ho un vero medico, il quale mi ha dato una tintura di salvia.
Allora ho preso la tintura per il primo mese, ma ho anche preso l’abitudine di passare a salutare la salvia vicino al cancello di casa e di mangiare una foglia. Bene, arriva il giorno del crollo e non crollo, sto molto meglio delle altre volte. Il secondo mese non prendo più la tintura, mangio salvia e saluto la pianta. Arriva il giorno del male e sto bene, meglio di prima. Il terzo mese non mangio più foglie di salvia, saluto solo la pianta tutti i giorni (con un pò di paura, perché se non mi ascolta e sto male, sono due giorni d’inferno) ed ecco che arriva il giorno delle mestruazioni senza il minimo disturbo. Bisogna chiedere aiuto e credere che arrivi! Devono bastare le orme dell’Uomo Verde come conferma della sua presenza. –
L’Occidente nutre ancora sospetti sulla medicina omeopatica, che usa quantità infinitesimali di sostanza naturali per guarire, ma il concetto di “sola Informazione” che passa da una pianta ad un essere umano, in altre parti del mondo fa parte di tradizioni sciamaniche. Spiega uno sciamano dell’Amazzonia: “Quando devo fare un medicinale, vado a cercare la pianta che mi aiuta e sto in silenzio li per lungo tempo. Ascolto il canto della pianta e quando l’ho imparato faccio ritorno. Preparo una bacinella d’acqua del fiume e poi, tenendo nel cuore la pianta, io canto quel canto sopra la superficie dell’acqua. Uso quell’acqua per guarire. Io faccio questo perché non tutti gli uomini hanno la capacità di ascoltare a lungo.”
( il brano è tratto da Lato Selvatico )
Immagino Etain che va dal “medico della mutua” e gli racconta il suo approccio all’omeopatia… e provo anche a immaginarmi il medico…
Seguire e fidarsi delle intuizioni, imparare ad ascoltare le voci e le energie sottili del mondo naturale, vivere con cura e leggerezza ogni giorno che ci è dato; nel tempo globalizzato del capitale ogni piccolo gesto di autogestione potrebbe diventare un gesto di liberazione.
Ascoltare la “Salvia” . . . e buon cammino.”
15 . 2 .2016
Qualche volta, mi hanno raccontato di un Bosco interiore. Se invisibile, si fa sentire attraverso una Radice comune ad altre storie di connessioni o ad una storia infinita.
A volte le immagini fotografiche hanno dell’incredibile, forse per una sproporzione o per un’improbabile associazione fra forme e creature diverse, rimandano ad un altro punto di vista e, forse ad un altro mondo.
Qui io vedo tre alberi. Vedo bene?
(un punto di vista è un punto di vita, un altro punto di vista è un altro punto di vita). 🙂
Insomma, contemplare senza un perché, senza un’aspettativa, senza un tornaconto o un ritorno.
Stare lì, stare qui, senza un preciso scopo. Soltanto stare qui. Ed è tanto (senza confine).
“Non dare misura all’Infinito, Amore (mio & tuo)”
Nostro, non è una misura, una specialità, un possesso un’organizzazione. Semplicemente, è non-separazione. Sentendo la pacifica assenza (di chi, di cosa?).
Grazie 🙂
Sto partendo, pe Terre lontane, agognate, per la conclusione e, forse, l’inizio di un’altra fase di vita . Il mio non-testamento testimonia una difficoltà a stare qui, ed anche, a cogliere il volo, perché ancora non capisco la differenza fra qui e stare oltre (se).
Così, mi perdo, comunque, e mi ritrovo nel Viaggio.
“Partire è un po’ come morire.”
Parto per la Terra dei Nomadi Guerrierieri/e, Iniziando dalla capitale in movimento (accampamento nomade) , in trasformazione.
Partire è stare in un nomadismo che segue spostamenti geografici ma è stabile alla Radice?!
Nessuna contrapposizione fra restare e muoversi, se si riconosce il processo di trasformazione a cui tutti apparteniamo.
Thanks, again.
Dicevi:
“Tornare a casa è restare qui, ora.
Non esiste un prima ed un dopo, un qua e là, separando nella visione te (me. chiunque) dall’ infinito”.
(anche la congiunzione (“e”) invece dell’opposizion (o””) potrebbe essere separante?