C’è qualcosa d’altro fra me e quello che vedo, o mi sembra di vedere. Come se proprio la sua in-visibilità fosse una via d’uscita. Da dove, dalla limitata percezione che “qui è ora” significhi proprio e solo quello che vedo o sento?
Il momento presente è una parentesi fra la percezione separata di uno spazio, che diviso non è percepibile.
Ho avuto l’illusione di un bisogno di pieno (ad esempio riempiendo la casa d’oggetti scambiandoli per memorie), eppure, solo quando ho sentito di svuotarla, l’ho percepita libera nella sua invisibile fierezza di essere innanzitutto e soprattutto uno spazio.
In Mongolia, lo spazio non ha limiti, sfugge oltre lo sguardo come il vento sfugge all’orecchio. L’ascolto del vento non ha confini, lo sguardo ad una gher (o yurta o tenda circolare dei nomadi) percepisce lo spazio, anche dall’interno, infinito. Come la percezione di una non-distanza, uno spazio inseparato dalla sua misteriosa , indecifrabile origine. Origine che potrebbe aver avuto una storia, ma anche è stata ed è oltre.
“Un segreto, come tale non è comprensibile”.
Se mai fosse possibile svelarlo, potrebbe accadere solo lasciando svanire ogni tramite in noi, ogni riscontro, ogn rappresentazione?
Wassily Kandinsky – Eight times, 1929
“Una domanda deve poter navigare da sola, per essere libera. La risposta vagherà liberamente. Entrambe non sanno se s’incontreranno, mai.”
NPAL Diary & Meetings 0109015 (in progress)
NPAL Journey & Meetings – Mongolia 2708015