Quando siamo nella cosiddetta Notte dell’Anima, non sempre ce ne rendiamo conto. Forse, proprio perché, alla fine, non c’è proprio nessun conto, nessun controllo che possa portarci via da lì?
Siamo in quell’Oscurità profonda, non troviamo luce o riferimento che ci possa aiutare, o almeno orientare, verso l’uscita.
Ed allora, che si fa?
“Non si tratta di fare conti o controlli, confronti e strategie…
Così non ne usciresti mai (!) ma, se veramente vuoi uscire nella (tua) vita vera,
ce la farai …!”
Ci sono tante Storie, o Tales , che trattano del Percorso dell’Eroe. Ed, uno dei primi (the best) loro messaggi sento, essere che l’eroe possa essere chiunque (o “qualunque “altro”, in noi ed intorno) abbia l’Intento di fare quel percorso (attraversare l’Oscurità alla quale appartiene e scoprirne la connessione alla Luce).
NPAL Diary & Meeeting , Mongolia 2017
Da qualche giorno, NPAL, nella sua limitatezza e semplicità, sta diventanto NPAL Storytales & Storytellers. Sta andando verso la liberazione di uno Spazio che possa accogliere, e rilasciare, Storie/ Tales e condividerle. Benvenute/i… (Storytales and Storytellers)-
Quindi … Cin Cin… (celebrating) 🙂
“L’Intento è vivo, non bloccarlo , non conservarlo, non controllarlo.
Lascialo vivere con te, nutrilo e …lascialo respirare, diventare.
“C’è una foto con qualcuno (io), ma non guardare “chi” (me) , guarda vicino, guarda il Cielo…”
Classificare e dividere, come se gli Esseri umani fossero superiori alle Pietre o alle Nuvole. Una proiezione di separazione che, riprospettata su piani social-politici, potrebbe diventare razzista e nazi-fascista? Non m interesso (più ) di politica, mi sforzo di non ignorarla e, piuttosto, non riesco a non indignarmi. Si tratta di priorità, sia nelle relazioni personali sia nelle relazioni sociali.
Si tratta di responsabilità. Bisogna farsi qualche domanda, del tipo: questa azione procura sofferenza a qualcuno? Ne posso fare a meno, e ci potrebbe essere una alternativa?
In fondo, che sia una questione di immaginAzione e di Libertà inseparata (mia/tua/nostra/vostra/loro)? Si tratta, di aprire la visuale, di ampliare lo sguardo? E, di non farsi i”cazzi propri” come se gli altri (in senso lato: persone, popoli, paesi, razze e mondi) non esistessero?
Che poi, “i cazzi, o fatti, nostri” visti con uno sguardo limitato ci condizionerebbero, ci renderebbero schiavi, diciamolo!
Per vedere chiaro, bisognerebbero essere in pace, dentro di noi, con noi stessi e conoscere la nostra Oscurità. Come, altrimenti, potremmo vedere, in quel Buio? E, cosa potremmo vedere se non le nostre paure ed i nostri rancori proiettatti su qualcuno o qualcosa d’altro, fuori di noi?
E’ lo spettacolo inconsapevole, il film di una vita non vissuta, l’illusione di una realtà apparente, recitata inconsapevolmente (una trappola individual-sociale).
Però, la possibilità di risveglio c’è… ma non si compra, ci vuole l’intento di cambiamento, di risveglio ( non rifugiarsi in compensazioni)!!!
Sai, quando viaggiando guardiamo qualcosa attraverso una finestra e, magari la finestra non c’è neanche potrebbe essere l’obiettivo di una macchina fotografica, o qualcosa d’altro che ci consenta d’incorniciare, in parte, ciò che potrebbe essere visto di fronte o intorno a noi. Oppure , potremmo anche non essere in viaggio fuori casa, ma considerarci in viaggio, dovunque.
“Non è tanto importante ciò che vedi, o credi di vedere, se guardando ti liberi dall’ansia di vedere, trovare un’immagine o forse una compensazione?”
Una compensazione che potrebbe farci dimenticare, per un istante almeno, ciò che nell’ombra ci rende così difficile stare, restare, fare e, ci fa nascondere o fuggire, altrove.
Altrove, dove?
Altrove potrebbe essere lì, (magari una paginadel blog o di facebook), dove indifferentemente si possa sostituire ciò che vorremmo o dovremmo fare, con un click, (uno sguardo, click fotografico o della tastiera del pc o smartphone)
(questo è rimasto dall’incipit del post scritto giorni fa o ieri: un ponte che ti mostri proprio che non si può neanche vivere nella paura ma vivere…
NOTA 1
lascio questo post in sospeso e non lo pubblico, come pro-memoria riletto a come scrivo e come scrivevo.
Sto rileggendo vecchi post e mi meraviglio: li ho scritti davvero io?
Adesso, non mi sembra di saper più scrivere in tal modo. Perché? Forse, perchè ora non faccio più riferimento a fatti o persone accaduti, incontrati in questa dimensione e che possano essere trascesi proprio attraverso il racconto scritto o disegnato, dal giudizio, dall’idealizzazione, dall’esaltazione, insomma dall’illusione.
Ultimamente, scrivo per compensare le frecce che non ho saputo, sentito o voluto lanciare.
Scrivo per dire alle compagne di viaggio quanto sono state incoerenti rispetto a chi credono e dicono di essere o stronze, stronzizzime. Scrivo per esprimere la mia delusione di non aver trovato interlocutrici per esaminare la dinamica di separazione fra noi, complice la competizione; ma sbaglio perché non trasmuto non trascendo , pontifico.
E così. non racconto la storia dell’evento per lasciarlo andare. Piuttosto, ne parlo per affermare la mia posizione presunta corretta e per crogiolarmi nella sconfitta o nella vittoria ( a volte non c’è una gran differenza)
Non cancello il post qui sotto, che avevo citato all’inizio come riferimento per scrivere qualcosa.
Direi, che ora sia prioritario considerare perché scrivo e cosa potrei scrivere durante il viaggio a Glastonbury, il prossimo viaggio. Già adesso, si sta rivelando qualcosa, no? Stanno incrinandosi alcune maschere e stereotipi , in me. Bene.
“Questa nota mi rincuora e mi incoraggia anche a comperare un usato i Pad da portare in viaggio. Sì, mi sto accorgendo che urge un ” lavoro sull’intero/interno”, una meditazione sia pur breve e quotidiana, un esercizio fisico mattutino (sia pur breve), fare il bagno ogni giorno, adesso che l’acqua calda c’è grazie alla riparazione dello scaldabagno, e fare un disegnino, come parte di un disegno grande, da portare in viaggio ( una specie di collage, anche da combinare dopo, o da fare su u foglio in cui uno schema, anche semplice, come un mandala circolare con gli assi delle direzioni o una spirale,da riempire con fogli piccoli anche strappati da disegni o fotocopie di disegni, in modo che il frammento sia comunque energicamente connesso alla piu’ grande e o più piccola parte ed anche testimoni l’apertura di lasciare andare. E, fare la fotocopia ma non stracciare il sdegno).
Sulla parete dello studiolo sopra la cassettiera o in camera da letto mostrare a me stessa questa testimonianza che potrebbe essere trascesa (ho paura di perdere qualcosa, ma vedo la mia paura e “me” la guardo) .
NOTA 2
Prima, nell’incipit al post (cambiato) avevo scritto: ” Un ponte che ti mostri proprio dove sei … Be’, non si può neanche vivere nella paura ma vivere…”
“Four Strong Winds blow lonely”
(il testo nei commenti)
N.B.:
20 . 10 . 017
Quello che ho scritto qui sopra, più di un mese fa, mi sembra in buona parte ossessivo ed in parte svanito. La testimonianza, come tal, (se lo è) testimonia un limite.
Forse sono proprio loro, i limiti, i veri testimoni?
Intendo dire, non censuro quello che ora rileggendo, mi sembra ingenuo perché sfuggito alla rappresentazione (guarda “chi sono” o guarda chi vorrei sembrare d’essere) o all’opposto rappresentato proprio per questo motivo, inconsapevolmente. A questo proposito , ho scritto, rimandando il pranzo per l’urgenza di dirlo, un commetto ad un post su facebook, magari lo replicherò anche qui.
Il Vento Soffia, soffia. Soffia via. Grazie!
2 giugno 2008
Angoli & Spigoli
In un Angolo c’è una mappa di Mondi da decifrare. Tutto lo spazio fra Soli, Lune, Stelle e Altro ancora.
La Luce e l’Ombra del Cielo e della Terra fra noi, lontani e vicini, nell’Angolo, in una Stanza, dietro Porte e Finestre, siamo noi.
Per Strada, nelle Piazze, oppure su Sentieri diversi che diano la Speranza o l’Illusione di una comune e reciproca appartenenza nell’essere stretti, isolati, selvaggi.
In un Angolo di Recinto, Casa, Stanza, Porta, Finestra, ed anche in una Stella disegnata, nell’Occhio grande o piccolo, persino in un Sentiero, c’è uno Spigolo, almeno uno.
Quello spigolo che tende la curva della quale è Inizio o Fine, quell’altro che invece si specchia in altri dirimpettai ortogonali: nei riquadri di Ingressi ed Uscite, stanno a ricordare, nel percorso dentro, fuori e dovunque, un tratto o un momento in cui la Direzione dei Passi, dello stare fermi o dell’andare via o alrove, cambia direzione. A volte supera, a volte torna indietro, altre s’inabissa o vola via.
Dove stiamo andando?
Dove stiamo andando, veramente, intendendo lo Spazio ed il Tempo, oltre quel confine di Recinto, Stanza, Ingresso e Uscita, oltre la misura del Tempo suddiviso nei Giorni.
Dove stiamo veramente andando, nel Tempo indefinito, in quel Momento che unisce e separa la nostra Vita quando comincia e quando finisce.
Dove stiamo andando, da soli ed insieme, nelle nostre Vite separate ed intrecciate. Chi comincia prima e chi dopo. E poi, quando finirà…?
E soprattutto, cosa stiamo facendo?
Cosa stiamo veramnete facendo da soli ed insieme, per Noi stessi e per l’Altro vicino e lontano?
Anche oggi, insieme a Te che diventi sempre più sottile, silenzioso, rimpicciolisci fisicamente, e ti stai allontando da questa Vita, a poco a poco, io mi avvicino piano piano. Vengo verso di Te. E cambio Direzione … 🙂
(Ma comincio a sentire che sto andando anche verso parti di me che non conosco proprio, o quasi …). Grazie.
Casa scrivo? Sono tornata da un Viaggio ed ho perduto le parole.
“Bene, Così ora ascolterai il Silenzio!” ***
Sto ascoltando ed, al posto delle parole, sento quasi una musica, nel senso che non è strutturata se non un minimo, tanto da poter essere percepita, come se fosse un segnale di una presenza o di un cambiamento di quello che c’è o forse, non c’è più.
“Ora, cominci a sentire l’invisibile, hai forse smesso di resistere?” ***
“A che cosa?” rispondo.
“A ciò che ti pone confini, richieste, modelli, doveri o compensazioni (se non riesci a farlo, ad accettarlo compensa con altro. L’importante è sopravvivere, o no?” ***
2.
Improvvisamente, il paesaggio svanì, anzi divenne irriconoscibile: fra tanti frammenti che lo abitavano come un popolo di sguardi.
Sguardi liberati dall’occhio e dal corpo che avrebbe potuto generarli. Erano allora, sguardi, autonomi? S’interrogavano in sé e l’un l’altro, non per giudicare ma per scoprisi ed osservare la dinamica della trasformazione.
Non che ci capissero un gran che, eppure la sentivano, come se alla libertà del loro guardarsi, corrispondesse un’altra musica.
3.
NPAl Diary & Journey – 2508017 (in progress)
1-3 -4- Mongolia Tour
2 – NPAL “Free Gifts” – Water (111104)
29 . 8 . 2017
In Mongolia la quantità da misurare perde di significato. Sei nell’Infinito.
Perché certi continuano a contare, misurare, giudicare? Mi son chiesta tante volte perché la musica dello spazio non sia ascoltata.
“Lascia andare chi credi di essere o chi gli altri credono tu sia …”
dicevi, tanto tempo, o vite, fa. Anzi, non lo dicevi, lo cantavi, Ed allora, cosa ne sapevo della differenza fra la musica e le parole?
“C’è una bella differenza fra parole cantate e dette.
La distanza di un racconto che, se non ascolti in quel preciso momento, non potrai sentire.
Sentirai altro, forse un bisogno nascosto dietro una domando o un’affermazione. Vedrai una maschera tua o altrui e ti confonderai, credendola qualcosa d’altro.
Non disprezzare le maschere, cerca sempre, sia che sia una maschera tua o altrui, lo spazio che c’è proprio fra la tua e chi sei veramente ma non sai, ancora.“
Così, pressapoco dicevi, ed io restavo ammutolita. Non ti vedevo ma come ti sentivo! Le tue non erano parole, piuttosto erano suono di un lampo improvviso nell’oscurità. La mia vista annebbiata, un sussulto profondo e poi… non so dire. Magari, potrei cantarlo? ………………………………………………………………………………………………………………………………
NPAL ” Mirrors”, Mongolia August 017
Come uno specchio non rifletto chi sembri ma chi sei … Ed allora, ascolta!
A volte, la storia arriva da te e, non è un racconto. No, è un incontro … Ascolto la differenza, tra racconto ed incontro, quando arriva da me. E, dico “da me”, ma in quel momento non sono separata, dietro al mio nome od una maschera. Non sono sola. La magia di una storia viva è proprio che s’accompagna a te e forse, ti sveste d’ogni maschera, pretesa, pregiudizio . . . E, nuda posso sentire il vento in profondità, se sono in ascolto.
Certe volte, sono distratta e la maschera è sottomessa a quell’attesa, aspettativa o altro, così che io perdo il vuoto che ci separa e ci unisce oltre ogni forma, ed ogni definizione di personalità.
Grazie!
La sua Voce (di Bob) è come una storia in progress, se l’ascolti parti per un viaggio dentro di te e, seguendola, non trovi confine, se non quello fra Terra e Cielo (e lì Terra e Cielo, Inferno e Paradiso non sono categorie e non sono separati, mai).
Contemporaneamente ti porta oltre il tempo, là dove Passato, presente e futuro non sono inseparabili . . . Sempre!
“Lasciati e trovati. e poi , lasciati di nuovo . . . “
Era scritto a mano. La calligrafia leggera, pendeva un po’ di qua ed un po’ di là, come se volasse sopra la riga che usualmente guida in un direzione.
E’ una mappa d’appartenenza.
La mappa è invisibile ed anche l’apparenza, lo è. Lo saranno, se davvero appartengono ad uno spazio indiviso (non uno spazio rappresentato, codificato, confinato, classificato, temuto od amato, venduto o perduto, ecc,). Là, dove non c’è separazione di forma, valore e tempo, fra noi, intendendo me, (tutte le parti di me), e te (tutte le parti di te) o lei (tutte le sue parti, lui (tutte le parti in lui).
Più grande sarà la libertà di stare lontano e vicino, più grande sarà lo spazio… verso una dimensione non misurabile, inseperata. C’è un percorso da fare, potrebbe già essere in corso, sicuramente non avrà un punto di arrivo ( e, forse, neanche di ritorno)!
You threw the bums a dime in your prime, didn’t you?
People’d call, say, “Beware doll, you’re bound to fall”
You thought they were all kiddin’ you
You used to laugh about
Everybody that was hangin’ out
Now you don’t talk so loud
Now you don’t seem so proud
About having to be scrounging for your next meal.
How does it feel
How does it feel
To be without a home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You’ve gone to the finest school all right, Miss Lonely
But you know you only used to get juiced in it
And nobody has ever taught you how to live on the street
And now you find out you’re gonna have to get used to it
You said you’d never compromise
With the mystery tramp, but now you realize
He’s not selling any alibis
As you stare into the vacuum of his eyes
And ask him do you want to make a deal?
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You never turned around to see the frowns on the jugglers and the clowns
When they all come down and did tricks for you
You never understood that it ain’t no good
You shouldn’t let other people get your kicks for you
You used to ride on the chrome horse with your diplomat
Who carried on his shoulder a Siamese cat
Ain’t it hard when you discover that
He really wasn’t where it’s at
After he took from you everything he could steal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Princess on the steeple and all the pretty people
They’re drinkin’, thinkin’ that they got it made
Exchanging all kinds of precious gifts and things
But you’d better lift your diamond ring, you’d better pawn it babe
You used to be so amused
At Napoleon in rags and the language that he used
Go to him now, he calls you, you can’t refuse
When you got nothing, you got nothing to lose
You’re invisible now, you got no secrets to conceal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Oggi, riascoltando questa canzone, ri-trovo una testimonianza che testimonia una condizione per tutti di una discesa là sotto, in quel punto detto “di non ritorno”, nel senso che comunque ritornerai da qualche parte, ma non sarà più la stessa. In quel punto, capire che è stata una fortuna arrivare fin li’ e, morire nella personalità di chi credevi d’essere e credevano tu fossi.
Essere, almeno una volta in questa vita come “Like a rolliing I stone”, rilasciare le certezze, rischiarle e vivere da mendicante, senza mendicare. Lasciare la maschera che consentiva di medicare celando quell’elemosina da “ricchi”. E, mendicare davvero, senza più maschera.
Liberarsene e, senza saperlo al momento, trovare la consapevolezza e trasformare quel mendicare nel viaggio di chi porge la ciotola vuota agli altri, senza nome e, soprattutto, apprezzandola, sia vuota sia piena:
“Accetta ed onora quel dono che è anche il vuoto”.
Apprezzare e celebrare quel vuoto, soprattutto dentro di sé. Uno spazio che si sta liberando, un ritorno a casa, dolce, struggente, misterioso, indescrivibile. Tutto scompare 🙂
Qualcosa resta? Sì, seguire la musica, il canto che percepisci dentro di te e qualche volta anche fuori, come quando ascolti davvero.
Ascoltare davvero è , sia seguire una voce quando corrisponde ad un ritmo che ti annienta e ti fa rinascere, trasformata.. sia accettare altri ritmi e trovare una distanza…ma continuando a cantare ?
Come una Mollica di Pollicino, per poter tornare indietro anche se, ritornare non sempre ti riporta da dove, credi o credevi, di essere partito:
“L’Acqua diventa Ramo. I Rami diventano Acqua.
Trema il Fulmine così vicino alla Stella.
Ho rivisto “Abrazo de la Serpiente”, ci sono tornata (per caso?) sospinta, come una barchetta di carta, dal Vento, da un link ritrovato in Fb. Ho sentito che mi parlava, parlava proprio alla parte di me che vuole “partire, senza scappare, però…”.
“Da cosa potresti scappare?”
Da qui….
“Oh, non puoi! Qui e là sei sempre tu, oppure non lo sei, mai.”
Preferisco la seconda ipotesi.
“Sì, però però arrivarci è un Viaggio!”
Va bene. Mi aiuteresti a partire?
“Lo stai facendo, anzi sei già in viaggio. Ascolta!
(la meta non è il viaggio).
Sì, ascolta, il tuo Canto ti sta cercando . . .”
Grazie.
28 . 5 . . 2017
“Qualunque sia il tuo dolore e la tua pretesa o ricerca di guarigione, ascolta. Ascoltati, trova il confine, là dove ascoltare è ascoltarti ma rimane ascoltare. Là, oltre alla tua persona/lità. Ascolta. Ascoltati ascoltando, con umiltà e semplicità, vai oltre. Riconosci la tua paura, ascoltala, Qualunque mezzo sarà buono se alla fine lo rilascerai. Non cercare scorciatoie e se le troverai, ringrazia! … Fino ad allora, o finora, non si sa in quale vita o quando, vai, vai, vai…. e resta andando e, vai restando. Mi intendi?”-
(così, sento diverse voci nello stesso o canto, e sono una…).
La tua voce è un canto, e come un canto, seguo il ritmo del respiro, il mio che non è solo mio … vado e resto, resto e vado. La bambina in me, non è negata e non comanda più. Riconosce il Cerchio e partecipa, lieve.
Così, sento diverse voci nello stesso canto, e sono una…
Mi sono svegliata, con l’immagine (la prima, qui sopra), davanti agli occhi.
Ho risentito quella emozione di disturbo, della scorsa estate in Siberia, quando ci siamo incontrati con Olga. Eravamo un gruppo in un seminario-Viaggio, non un tour turistico (senza offesa per Alpitour), eppure mi sono sentita come in un safari, davanti agli obiettivi, cellulari e macchine fotografiche: la sciamana Olga nella sua stupenda casina, di quattro per quattro metri, ci guardava con severità e compassione.
Cellulari in mano e macchine fotografiche pronte, riflessi condizionati di ripresa e giudizio. Tutto pronto.
Alla fine, si è fatta fotografare. Così piccola, così di un altro Mondo (un Ponte fra i Mondi). Si stringeva al figlio e… non so scriverne. Le foto son venute tutte sfocate, che coincidenza! Io mi sono sentita svenire, avrei voluto svanire, del tutto!
Da allora, per ogni tipo di rappresentazione, sento una diffidenza che sto cercando d’esplorare. Forse l’ho sempre sentita per l’arte, meno per la fotografia, ma ora è riemersa potente. Hanno detto che fotografare ruba l’anima. Magari non ruberà l’anima, ma la disturba! Se “fissi” in un’immagine permanente, qualcosa o qualcuno separandolo, dalla sua appartenenza multidimensionale, e mostrarlo come una “figurina”, l’anima è disturbata, e soffre. Ed, ad soffrire è anche la nostra anima. Mentre l’ego gongola?
Ecco il ricordo, di una foto che non ho fatto.
Le fiamme del fascio di rami di Ginepro per la fumigazione si espandono nella piccolissima stanza, dove il gruppo è voluto entrare insieme, invece di rispettare la richiesta (10 per volta); cadevano ovunque i lapilli , alla fin del rituale di guarigione , che non descrivo. Avete presente l’energia del Vulcano? Eravamo indifesi, in balia del Mistero.
Le presenze (umane) erano troppe, troppo pesanti, e pensavano senza sosta, giudicando, classificando? Olè! Un dente si è spezzato (sarebbe potuto rompersi ben altro, più gravemente. Quante, quante paure sono emerse, urlanti! . Molti rimproveri indignati : era una sciamana esagerata, non avrebbe dovuto fare così, “Gli sciamani non sono aggressivi, non lasciano tracce sul corpo… “.
Pensavano di essere ad uno spettacolo e lo spettacolo li aveva troppo spaventati? Davanti alla potenza della naturalezza ci si può spaventare, d’accordo. Dipende dal tuo Intento, e dal tuo “bisogno”, cosa ti succede. Puoi scappare, giudicare, cercare scampo dall’abbandono, oppure arrenderti, inchinarti e ringraziare, davvero, o altro. A te la scelta. E, basta. Non è uno spettacolo (di magia).
Ormai, tutto può essere documentato (ed essere consultabile in rete, su youtube o altro). Tutto, tranne l’invisibile. Rispettiamo almeno quello. E, chiediamo(ci) quale potrebbe essere la causa di tutta questa compulsione di rappresentazione. La risposta potrebbe essere davvero interessante, un viaggio avventuroso e magari pericoloso, dentro di noi.
“La nostra personalità è terrorizzata dalla perdita di controllo, corre al riparo, si nasconde con maschere affascinanti, o terrificanti, e ci fa credere che siamo noi quello che sembriamo, crediamo o ci fanno credere, di essere o dover essere.”
Il Teatro delle Origini, lo sa, usa le maschere per rappresentare l’invisibile, che tale rimane, segreto. Se lo contatti muori, da vivo , e lo sai, non sarai più lo stesso, vivendo .
La naturalezza è l’unico potere, autentico, riunisce le parti separate, è una connessione, non una contrapposizione,
“Vivi in battaglia, dentro di te, per la pace. In viaggio, disarmata, ma non senz’armi. Da sola, ma non separata.Non pretendere. Ascolta. Ora. “
Questo è un posto a cui appartengo, ma non è al posto che appartengo veramente.
Appartengo a ciò a cui il posto stesso appartiene. Ed è un’appartenenza, che sto scoprendo o che si sta rivelando. Non solo a me, si sta rivelando . . . . Perchè?
Siamo indivisi, e scoprirlo è un percorso.
Sì, è un percorso e , come tale attraversa e si fa attraversare, oltre (o nonostante), le parole, le aspettative e , soprattutto, oltre ogni catalogo o catalogazione . . .
“Si tratta di affidarsi, e non di con-trattare . . . “
Dicevi, come una Nuvola nel Cielo. Sussurrava il Vento.
Sì, le Nuvole sussurrano, altrimenti come potrebbero cambiare forma… ? Il Vento le attraversa mentre insieme cantano. Oltre è un luogo (o non-luogo) esiste, non è speciale. Lì, non è dove sei di più ( o meno) , ma senza misura sei , così vicino al Niente che ancora temi (?).
Oh, (mi) fai delle domande meravigliose, non sono inquisitorie. Sono un dono, aprono mondi da esplorare.
*2.
Ti ringrazio.
o
E, questa gratitudine è una chiave che apre la mia porta chiusa, e chiude la mia porta aperta. Libera (me ) da paure ed entusiasmi (chiusure & aperture), riconosce il confine.
Il confine, esiste?
Vivrò ancora, con me e con te, per scoprirlo.
E tu, invisibile, trasformerai ogni domanda. Fino fondo, là dove non c’è misura o fine separata da un altro inizio.
Tra parentesi, svanisce la fuga, in uno spazio. Forse, neanche lo conosco ma mi sembra limitato spazio, nell’essere comunque infinito … Posso esplorarlo (nell’illusione che sia limitato). Sì, esploriamo l’illusione (dicevamo)!
” C’era in lei/lui un Esploratore/ Esploratrice (viceversa, senza esclusione),che ogni tanto lanciava un richiamo: “Andiamo!” diceva, subito aggiungeva sorridendo “Guarda non so dove, che bello! Andiamo”
Andiamo.
NPAL Diary & journey – “G a t e”, Findhorn Summer/Autumn 2012
NPL Diary 21022017 (in progress)
22 . 4 . 017.
Sì, andiamo.
Eppure, mentre vado sento di restare, ma non sto restando qui, se intendo un luogo circoscritto. Resto qui e vado, solo se non censuro nessuna dimensione, in me, in te in quell’unica reale sconfinata, inseparta dimensione, (senza qui e senza ora) . . .
Grazie 🙂
I believe that she’d stop him if she would start to care I believe that she’d look upon [the side and? deciding?] to care And I’d go by the Lord and where she’s on my way But I don’t belong there. No I don’t belong to her I don’t belong to [anybody? ev’rybody?] She’s my [price? prize?]-forsaken angel but she don’t hear me cry She’s a lone-hearted mystic and she [can? can’t?] carry on When I’m there she’s all right but [when?] she’s not when I’m gone. Heaven knows that the answer she’s don’t call in no one She’s the way a sailing beauty for she’s mine for the one And I lost the [heavy changing? hesitating?] by temptation as it runs But she don’t holler me but I’m not there I’m gone. Now I’ll cry tonight like I cried the night before And I’ll [lease out the house? her eyes? the heights?] but I dream about the door So long Jesus savior blind faith [worth to tell? where’s to tell?] It don’t have confirmation she’s my own fare thee well. And I went out she used to live here I was born to love her But she knows that the kingdom [waits? weights?] so high above her And I run but I race but it’s not too fast to [slump?] But I don’t [perceive? deceive?] her I’m not there I’m gone. Well it’s all about confusion as I cry for her [veil?] And I don’t need anybody now beside me to tell And it’s all [information? affirmation?] I receive but it’s not She’s a lone-hearted beauty but she don’t block the spot And she gone. Yes she’s gone like the rainbow that’s shining yesterday But now she’s home beside me and I’d like to hear she’d stay She’s a home-seeking beauty and it don’t trust anyone And I wish I was beside her but I’m not there I’m gone. Well it’s a-too hard to speaking and I don’t quite believe It’s so bad ‘cause [she’s using? amusing?] and she’s hard too hard to leave It’s unknown it’s a crime the way she [moved?] me around But she told for to hate me just as a [born pathetic? gone pathetic?] clown. Yes I believe that it’s rightful oh I believe it in my mind I been told like I said when I before [carried? carry?] on the crime And she’s all that you told her like I said carry on I wish I was there to help her but I’m not there I’m gone.
NON CI SONO (1956) parole e musica Bob Dylan traduzione di Alessandro Carrera [Va tutto] bene, e lei è sempre qui in giro nel mio quartiere piange notte e giorno, lo so perché [è successo lì? lui era lì?] è una pietra miliare ma lei è sfortunata e [disperata tutti i giorni?], ma [a far difficile la cosa?] io c’ero. Credo che lei vorrebbe dirgli basta se cominciasse a pensarci su credo che vorrebbe ripensare a questo lato della cosa e [decidere di?] pensarci su e io rispetto Dio e dove me la vedo venire incontro ma il mio posto non è qui. No, il mio posto non è vicino a lei, non è vicino a [nessuno?] è lei l’angelo [abbandonato? senza prezzo?] che mi è stato dato [in premio?], ma non mi sente se piango è una mistica dal cuore triste e [sa? non sa?] come tirare avanti finché ci sono io va tutto bene ma [quando?] non è così quando me ne vado. Lo sa il cielo che la risposta – lei non è tipo da chiamare nessuno è lei la via, una bellezza dalle vele spiegate perché è mia, per la sola… e io ho perso [il mutamento greve? l’esitazione?] per come va la tentazione ma lei non mi può chiamare con un grido, ma io non ci sono, me ne sono andato. Mi viene da piangere stasera, come mi veniva da piangere anche ieri e io [affitterò la casa? i suoi occhi? le altezze?] ma sogno di prendere la porta addio Gesù, salvezza, fede cieca [da annunciare? dov’è da dire?] non c’è conferma, il mio addio è lei. Sono andato fin là dove abitava, il mio destino era di amare proprio lei ma lei sa che il regno [dei cieli] [attende? pesa?] alto sopra di lei e corro ma corro ma non troppo forte da non poter [cadere?] ma [non sento la sua presenza? non la inganno?], non ci sono me ne sono andato. È tutta una gran confusione mentre io sono qui che piango per il suo [velo?] e non ho bisogno di nessuno al mio fianco che me lo dica ed è tutta [informazione? affermazione?] che ricevo, ma non lo è lei è una bella dal cuore triste ma non occupa il posto e se n’è andata. Sì, se n’è andata come l’arcobaleno che ieri splendeva ma adesso è a casa con me e vorrei sentirle dire che rimarrà è una bella in cerca di una casa dove stare e non c’è da fidarsi di nessuno e vorrei esserle vicino ma non ci sono, me ne sono andato. Sì, è troppo difficile da dire e io ancora non (ci) credo è una brutta faccenda perché [lei usa? è spiritosa?] ed è troppo, troppo difficile lasciarla è una cosa inaudita, è un delitto come che mi ha fatto fare quello che voleva lei ma le è stato detto, per potermi odiare, ma c’è un [pagliaccio nato patetico? abbandonato?]. Sì, credo che sia giusto, oh, nell’animo lo credo mi hanno detto, come ho detto io, quando prima [portavo? porto?] io il peso del delitto quando lei è tutto quello che le hai detto, come ho detto, tira dritto vorrei essere lì ad aiutarla ma non ci sono, me ne sono andato.
Nota. Ho utilizzato alcune trascrizioni apparse su vari web site(s), ma alcune erano incomplete e tutte presentavano varie discrepanze. Credo che questa sia la trascrizione più esauriente finora disponibile, ma posso sempre essere smentito da ricerche ulteriori. Comunque non penso che si possa mai arrivare a un testo definitivo di I’m not There (1956) perché un testo definitivo non c’è mai stato. Può darsi che alcune delle parole incomprensibili non siano nemmeno parole, ma sillabe improvvisate da Dylan sul momento per completare il verso. La traduzione cerca di essere letterale, con qualche necessaria integrazione di senso che può essere giusta o sbagliata, ma senza sapere rispetto a che cosa lo sarebbe. Alessandro Carrera
Invece, se la preoccupazione è dentro di te, in te, bisogna occuparsene.
Il verbo “occupare” mi ha sempre affascinato, perché ha, in sè, due opposti (o contrari apparenti): essere occupato nell’impegno, fuori e magari pure dentro,ed essere occupati da altri od altro, fuori ed anche dentro.
Quante sfumature in questa apparente contrapposizione, uniscono gli opposti! E, quanti interrogativi.
Essere impegnato in un lavoro, in una attività, in una passione, fuori o dentro , senza separazione (dentro/fuori( ovunque (tempo e luogo)? Essere occupati, tenuti in pugno, controllati da altri o altro, fuori (e magari fin dentro di noi, in fondo) e o essere inconsapevolmente occupati, condizionati, controllati, manipolati da parti di noi, dentro, che agiscono, spesso a nostra insaputa, sottomettendo le altre parti (di noi) ed, a volte, persino l’anima?
“Alla mia età veneranda, sto scoprendo, anzi sono scoperta da Spirito Bambino e, mi chiedo sorridendo se tutte quelle divisioni dalla mente (mia ed altrui) puntigliosamente definite, esistano, o se esistano solo come differenze di sfumature. Come se, fra due opposti, esistesse una gamma di tonalità in divenire, viva, libera da ogni nostra di controllo, che trasformi continuamente gli opposti e la presunta separazione in altro da sé stessi, (e da “noi”), esprimendo una distanza. Una distanza, una terza possibilità , a sua volta, possa espandersi come creatura differenziandosi e comunque, restando inseparata in connessione con la sua ( e nostra) Origine.
E, di fronte a questo miracolo in divenire, all’alba ed al tramonto, puoi stare in silenzio, ad ascoltare.
Storie arrivano, ti confortano e, quando sarai abbastanza confortato/a, o anche solo un pochino sollevato/a, cambieranno sconfinando. Forse potrai trovarti in un altro paesaggio, in un’altra storia. No, non cercare di classificarla, di darle titolo o di venderla. Non è tua e va, va…. Continuerà. Potrai seguirla? Chiediglielo e, chieditelo.
E, magari partirai, o sarai già, in Viaggio!”.
2.
“Ora. ti chiedo: chi sono?”
“Sei un artista! Perché non lo vuoi ammettere?”.
“Lo sai quanto io resti perplessa o infastidita, per questa parola… Sto cercando il perché, da tanto. Intanto lasciami dire : mi sento , più che altro, una semplice cantastorie ma, da come sento, non sono io, son le storie a cantare … Sì , e le ringrazio, sempre! .
E, ti chiedo di nuovo (sai già, a quale proposito). Sono un canale (di racconti e d’immagini che non sono mie, arrivano e vanno)? Come un Bastimento raggiunge la Riva, ci raggiungono e poi, ci lasciano, ma sempre fra noi, l’Oceano . . .” 🙂
Grazie grazie, sempre.
3.
NPAL Diary & Meetings, Mongolia, August 2015
2. NPAL Diary & Journey – Provisional Installation, Milan 2014
3. NPAL Diary & Journey – HorseS and Infinity – Mongolia , September 2015