Ci sono momenti in cui mi dimentico di ciò che, pochi istanti prima, avrei voluto scrivere … Ed allora, cosa scrivo (adesso è proprio così)? Bene (C l i c k ), scrivo quello che sento allora, cioè ora. E, questo è proprio un momento in cui sto dimenticando ciò che poco fa avrei voluto raccontare.
C’è una pausa, uno spazio che si intromette fra un’immagine passata ed una presente, ma che non c’è o comunque, non si vede. Un paesaggio mancante o così infinito da annullare ogni definizione, riferimento o nome. Resta ben visibile, uno spazio rarefatto. Li’, mi smarrisco. C’è un balbettio, fra vedere e non vedere. Non sapere, sempre. Un balbettio, sì; me lo ricordo. Quando si balbetta, che succede? Si incespica, su una lettera, su un suono o chissà dove (veramente).
Ci si interrompe, la voce si spezza, non si può continuare, fino alla fine, mai. L’interruzione mi fa sprofondare in un baratro: non sono arrivata alla fine della parola, o della frase, e resto sospesa, arranco, scivolo, precipito, ma dove? Sto parlando al presente, ma quando balbettavo, e ci “credevo” proprio, era così. Se solo mi fossi fermata ad ascoltare, quel baratro avrebbe assorbito il mio precipitare e l’avrebbe trasformato in un volo. Musica di giostra , o di carillon, sento ora… la ballerina col tutù rosa, fra gli specchi, gira e gira. La sua danza deborda dal palcoscenico, (chissà dove), traccia movimenti tribali. S’accende un fuoco. (. . . )
Una storia vale un’altra, quello che conta è raccontare, anzi accogliere le storie, che di nostra proprietà non sono, lasciarle passare. E, restituirle al Vento.
Grazie, sempre. 🙂
NPAL Lab/ Home, PS (provisional set) 2013/14
Eccone una, una storia, un’altra.
Quando sento certe canzoni, le ascolto e le canto come se fossero scritte dentro di me. Mi meraviglio di ricordare canzoni degli anni settanta, parola per parola, quando dimentico tutto o quasi!
La voce accoglie e rilascia, tante storie, mie e non… quando si dice che la separazione non esiste ed è proprio un soffio in-separazione, un balbettio che passa dal baratro e quando meno te lo aspetti, ti porta da altre parti. Come viaggiare in un altro mondo, pur restando qui. O, forse, si resta sul confine
fluttuante fra i mondi, provvisoriamente (cioè per ora).
Forse le azioni consuete alle proprio o altrui della personale o altrui Facebook’s page, tralasciate in loco, s’affacciano qui? Eh, da un po’ Scrivo nei commenti del blog un link come un appunto da sviluppare in seguito, in un post, qui.
Eccone uno!
Post in progress, assolutamente . . .
NPAL Diary – Sound & Meeting/Testimony
25 . 8 .2014
Ah, il Silenzio . . . Presenza di libero suono, senza chiacchere. Silenzio; che va taciuto o detto, c’e’ differenza? Che sia segreto o cio’ che non va taciuto, segretamente in sospeso e non posso sapere ne’ cosa ne’ come, sarà’ espresso e da chi… Non so, se il Silenzio sia in me o in noi, ammesso che ci sia distanza, o vicinanza, fra me , fra noi, fra voi e tra loro . . .
NPAL diary, Findhorn Foundation / the Park, July 2014
N.B.: post in progress, più che mai… ) sono in una condizione di “straripamento emotivo”, quindi posso scrivere solo a tratti, altrimenti resterei al pc, o a scrivere-disegnare su un quaderno, giorno e notte. Cè anche altro da fare… quindi, scriverò a tratti…. 🙂
11. 22 – Da qualche tempo mi dedico a The Work (oppure qui) e la dinamica di ribaltare, ciò che avverto all’esterno verso di me diventa qualcosa che io, percependolo, agisco in me o verso l’altro, è qualcosa che non ricevo ma che io stessa agisco più o meno in-consapevolmente verso me stessa o l’altro.
Oh yes, facciamola finita con le accuse agli altri, cominciando dai genitori, in questa vita e pure nelle altre … Ora, eccomi di fronte alla mia connessione, assunzione di responsabilità ! Ad un certo punto il dramma-commedia svanirà e “ribaltare” rivela questo gioco nella vita… La consapevolezza responsabile prima si presenta , ogni tanto, svegliando lo spirito libero della gioia attraverso il rilascio della tensione, e poi, spesso ed infine, quasi sempre, ad ogni passo incerto o troppo sicuro.
A proposito, c’è una sicurezza, a volte, che mi spaventa. L’avverto forse più sovente negli altri, e quindi zac! Ribalto su di me, non è qualcun altro o qualcosa, all’esterno, a spaventarmi, son io, ed allora mi chiedo: perché mi spavento? Mi son trovata “da un’altra parte, scrivendo (ancora) e mi fermo qui. Avevo cominciato a scrivere perchè rileggendo una poesia-canzone di Bob Dylan mi ha infastidito o toccato una sua frase, mi era sembrata eccessiva ed allora l’ho ribaltata su di me. E’ questa:
“I found hopeless love in the room above
When the sun and the weather were mild
You’re as fine as wine, I ain’t handing you no line
I’m gonna have to put you down for a while”
Huch’s Tune – BOB DYLAN
Un’altra domanda: ho scritto questo post invece di qualcosa d’altro simile ad un Report del Viaggio a Iona (sono appena tornata in Italia, almeno fisicamente)? Chissà Perchè … 🙂 . Comunque, continua … Grazie ❤
Rastak Group è “a new ensemble for contemporary Persian folk music was formed as an experimental music group in 1997. The group seeks to collect, record and interpret traditional persian folk music for a global audience, incorporating language, culture and history also me ring traditional instruments and forms with contemporary rhythms. The musicians who comprise Rastak have graduated from the best universities in Iran and have done extensive research into Persian folk music.”.
Non conoscevo questo gruppo ma il mio incontro con la musica persiana risale a tante, tante Lune fa. Quando portavo musica e soprattutto musica tradizionale dei mondi a scuola per le nostre lezioni. Quanti bei ricordi…!
Ora, dopo aver incontrato questa musica per una fortunata (apparente) casualità, sto ascoltando un dialogo, fra noi. Provo ad azzardare alcuni suoi argomenti. E’ un ensamble misto, donne ed uomini, tutti suonano con un’ispirazione , stanno giocando molto seriamente, proprio come sanno fare molto bene i bambini. Credono a quello che stanno facendo insieme e giocano, si giocano il confine o il limite fra di loro e l’universo, fra la loro cultura e tutte le altre.
Riascolto, e sento: la tromba del giudizio universale, il campanello del gatto, il battito ritmato del cuore e quello del bissare alla porta. Sento l’invocazione del vento e della pioggia, la disperazione della separazione e la gioia di scoprire che non esige e non esiste, sento lo strillo napoletano dei vicoli, di chi vendendo gioca la sopravvivenza, sento il pianto trattenuto nell’attesa che diventa di gioia o di morte a secondo se la “barca” arriva o no.
Ed intanto, sento l’accettazione, di essere insieme sempre, anche quando si è soli, soprattutto … Grazie.
NPAL Travel & Meeting – British Museum, London, January 2014 – Man’s Clothes, recycled metal foll bottl-neck wrappers, copper wire by EL Anatsui, Ghana 1999 – 2001
“The traditional narrow-strip woven silk kente cloth of Ghana is a source of pride and a receptacle of cultural memories. It is a leitmotif that runs through much of El Anatsui’s work.
He uses it to pursue the themes of the memory and loss, particularly the erosion of cultural values through unchecked consumerism, here symbolised by the bottle-neck wrappers.
Yet El Anatsui’s work is ultimately optimistic, in the case using cloth as a metaphor for both the fragility and the dynamism and strength of traditional clothes may be seen i the textiles section of the galleries.
El Anatsui (1944) was born in Ghana but since the 1970s has been working at Nsukka where he is professor of Sculpture at the University of Nigeria”.
It’s been such a long long time Since we loved each other and our hearts were true One time, for one brief day, I was the man for you Last night I heard you talkin in your sleep Saying things you shouldn’t say, oh baby You just may have to go to jail someday Is there a place we can go, is there anybody we can see?
Maybe it’s the same for you as it is for me I ain’t seen my family in twenty years That ain’t easy to understand, they may be dead by now I lost track of em after they lost their land Shake it up baby, twist and shout You know what it’s all about What are you doing out there in the sun anyway? Don’t you know, the sun can burn your brains right out My enemy crashed into the dust
Stopped dead in his tracks and he lost his lust He was run down hard and he broke apart He died in shame, he had an iron heart I wear dark glasses to cover my eyes There are secrets in em that I can’t disguise Come back baby If I hurt your feelings, I apologize Two trains running side by side, forty miles wide Down the eastern line You don’t have to go, I just came to you because you’re a friend of mine I think that when my back was turned The whole world behind me burned
It’s been a while Since we walked down that long, long aisle We cried on a cold and frosty morn We cried because our souls were torn So much for tears So much for these long and wasted years
Il rif di ” Ring them Bell” ritorna, tanti anni dopo?
Ogni performance di Bob Dylan segna la mappa a cui fa riferimento, come se scrivesse sulla stessa mappa celata in ogni canzone . . . Ogni versione della stessa canzone cambia, e ritornerà cambiata Riporta sempre a quella Mappa, a quel segreto, a quel patto, a quella missione; (ritornerò cambiata?).
In ogni sua performance segna, una versione dopo l’altra, che il tempo a passare non è quello misurato dall’orologio, controllato dal conto dei minuti, delle ore e degli anni. E’ un altro, è altro. Innanzitutto, è una testimonianza viva, come le stagioni, la pioggia… e i fulmini. E, lo è proprio in quel momento. lì. Grazie
Ring them bells, ye heathen From the city that dreams Ring them bells from the sanctuaries ’Cross the valleys and streams For they’re deep and they’re wide And the world’s on its side And time is running backwards And so is the bride
Ring them bells St. Peter Where the four winds blow Ring them bells with an iron hand So the people will know Oh it’s rush hour now On the wheel and the plow And the sun is going down Upon the sacred cow
Ring them bells Sweet Martha For the poor man’s son Ring them bells so the world will know That God is one Oh the shepherd is asleep Where the willows weep And the mountains are filled With lost sheep
Ring them bells for the blind and the deaf Ring them bells for all of us who are left Ring them bells for the chosen few Who will judge the many when the game is through Ring them bells, for the time that flies For the child that cries When innocence dies
Ring them bells St. Catherine From the top of the room Ring them from the fortress For the lilies that bloom Oh the lines are long And the fighting is strong And they’re breaking down the distance Between right and wrong
NPAL Memories & Meetings – Pollution – 1806014
Seguiranno, poco a poco, in progresss nei commenti altre versioni live.
“When man looks for experience he becomes the body.
When he looks for knowledge he becomes the mind.
When he looks for God he becomes the Heart.
When he looks for Truth he becomes Nothing.”
~ Mooji – June 2014
NPAL – Kc barnabei – Findhorn Foundation 2012 – Bridge
Che sia possibile distinguere “cercare ” da possedere e “diventare “da identificarsi (sembrare, rappresentare), soltanto quando si diventa Niente ?
Diventare il corpo, la mente, il cuore e niente …. un bel percorso di desertificazione, nessuna forma, nessun tempo nè spazio.
E, mi sembra, solo il percorso, soltanto il percorso non il risultato del percorso, sotto forma di eventi o incontri, possa essere fuori dallo slogan, dalla parola d’ordine…dall’auto-rappresentazione.
Quel percorso che non è “nostro ” ma che noi ci troviamo ad essere, misteriosamente inseparati da quello che sembra essere altro da noi stessi. Ci sono parti di me di noi e degli altri, in una stessa mappa o rete, sono tutte inseparate.
Che meraviglia, quando la nostra percezione separante (che separa luna forma o parte, dalle altre, le giudica, le contrappone e le incasella) comincia a cambiare. Ci sono piccoli lampi di luce, qualche sprazzo dell’altra percezione che non vede la separazione, e si libera in una pacificata, unica immagine in cui non manca niente e nessuno è escluso, nessuno, neppure Dio.
Nessuno è più giudicato, incasellato, inchiodato in un posto secondo un ruolo congelato. Nessuno ha più bisogno di attingere supporto o energia esterna, non ci sono più compensazioni, parlare di un’altro per non parlare di sè o di parlare solo di sè come se si fosse altro. Non c’è più nessun bisogno o identificazione, perchè nel vuoto innominabile dii respiro libero niente è cancellato, eppure tutto sembra cambiare e svanire, come una nube nel cielo.
Un miracolo? Forse, un miracolo e comunque il percorso che si rivela e non è mio: la distanza illusoria fra me ed un altro essere non è più mancanza ma spazio, spazio nello spazio infinito dove tutti siamo una parte realmente inseparata , fino a quando non la percepirò più separata, distinta e sola o abbandonata.
Quindi, non c’è più lasciarsi o ritrovarsi, solo “tornare a Casa”!
La realtà di questo paese e del mondo, la disoccupazione, l’Ici da pagare, le votazione, i biglietti da fare, le non-vacanze ed i non-copleanni esprimono una parte di un sì alla vita ed alla condivisione che non è più “fare l’aperitivo insieme” o chiaccherare (senza offesa), s-parlare di qualcuno, senza accorgersene. Ed allora, cos’è?
Stare soli a riconoscere il confine della nostra parte illusoriamente separata ed, umilmente, ogni volta connettersi a quella parte della mappa misteriosa che tutto comprende?
E’ invisibile e misteriosa e non richiede, forse di essere vista per trovare il nostro posto, come una regione od uno stato in una cartina geografica. Si tratta, forse, di affidarmi a quella connessione che non posso definire, sentire l’apparteneza soprattutto quando tutto scompare e sono sola?
Perfino la differenza fra domanda e risposta scompare, nello spazio! La libertà di una distanza da quello che è o sembra, e la vicinanza alla Mappa che non conosco, verso Casa.
Grazie.
“Liberatemi dall’attaccamento e lasciate solo l’amore”.
Un segno per un post in progress. Da molto molto tempo, sento di esprimere il significato che ha avuto, ed ha, per me aver incontrato, vissuto l’opera di Bob. Ci riuscirò, prima o poi? Potrei, comunque, cominciare il percorso (Never Endig Tour). Grazie, Bobby e buon compleanno …!
http://vimeo.com/m/81378472 Il post e’ in progress( tanto per cambiare… 🙂 ) anche perché’ sto preparando al viaggio imminente (Londra e Galles) motivato anche dalla visita a questa mostra.
Quando le parole non arrivano, così davanti alla pagina bianca. Un ticchettio di gocce nel lavandino. Sembra Pioggia. Adesso.
Un anno fa non ero qui, e forse neanche due anni fa. Ero, comunque, là e qui, diversamente là e qui. Eppure adesso, ci sono. Cado giù, giù. Come una Foglia. Grazie 🙂
NPAL Tour & Meeting, Ottobre 2013
(1- continua)
2 .11 . 2013
I was thinking of a series of dreams Where nothing comes up to the top Everything stays down where it’s wounded And comes to a permanent stop Wasn’t thinking of anything specific Like in a dream, when someone wakes up and screams Nothing too very scientific Just thinking of a series of dreams
Thinking of a series of dreams Where the time and the tempo fly And there’s no exit in any direction ‘Cept the one that you can’t see with your eyes Wasn’t making any great connection Wasn’t falling for any intricate scheme Nothing that would pass inspection Just thinking of a series of dreams
Dreams where the umbrella is folded Into the path you are hurled And the cards are no good that you’re holding Unless they’re from another world
In one, numbers were burning In another, I witnessed a crime In one, I was running, and in another All I seemed to be doing was climb Wasn’t looking for any special assistance Not going to any great extremes I’d already gone the distance
“Der Blaue Reiter” (The Blue Rider), 1903 Wassily Kandinsky