Quello che conta son le storie, non quello che trovi o porti a casa.
S’apre uno spazio d’ascolto ad ogni incontro, con qualcuno, qualcosa, un paesaggio, un’immagine, un segno visivo o sonoro. Oltre le parole, s’apre uno spazio di ascolto, non sai cosa arriva non sai perché. Restare connessi attraverso l’ascolto senza spettative e senza richieste, come una porta ( o una finestra) che si lascia attraversare, come una strada che si trasforma al passaggio dell’acqua, in fiume …
Le storie sono sempre presenti, persino su una pagina personale di ebay, dove qualcuno espone cose da vendere. Sono presenti soprattutto dove non le cercheresti mai, forse stanno in attesa e, ti sorprendono, se le lasci apparire. Dipende da noi quello che troviamo, così come dipende sempre da noi se non troviamo qualcosa…? 🙂
Le storie si manifestano come suono, hanno un ritmo secolare che ha loro consentito di intrecciarsi fra loro e di cambiare, trasformandosi in un’altra storia, connessa ad altre, e così via. La separazione nel tempo e nello spazio è dissolta, se ascolti e racconti, se sei ascoltato e raccontato.
Quando racconti, sei una Voce fra tante, accogli una storia in te … Sia benvenuta!
“Lasciati e trovati. e poi , lasciati di nuovo . . . “
Era scritto a mano. La calligrafia leggera, pendeva un po’ di qua ed un po’ di là, come se volasse sopra la riga che usualmente guida in un direzione.
E’ una mappa d’appartenenza.
La mappa è invisibile ed anche l’apparenza, lo è. Lo saranno, se davvero appartengono ad uno spazio indiviso (non uno spazio rappresentato, codificato, confinato, classificato, temuto od amato, venduto o perduto, ecc,). Là, dove non c’è separazione di forma, valore e tempo, fra noi, intendendo me, (tutte le parti di me), e te (tutte le parti di te) o lei (tutte le sue parti, lui (tutte le parti in lui).
Più grande sarà la libertà di stare lontano e vicino, più grande sarà lo spazio… verso una dimensione non misurabile, inseperata. C’è un percorso da fare, potrebbe già essere in corso, sicuramente non avrà un punto di arrivo ( e, forse, neanche di ritorno)!
*2. NPAL “No Border” – 10062013, Milan & Elsewhere
NPAl Diary & Journey 1606017 (in progress)
19 . 06 . 2017
Once upon a time you dressed so fine
You threw the bums a dime in your prime, didn’t you?
People’d call, say, “Beware doll, you’re bound to fall”
You thought they were all kiddin’ you
You used to laugh about
Everybody that was hangin’ out
Now you don’t talk so loud
Now you don’t seem so proud
About having to be scrounging for your next meal.
How does it feel
How does it feel
To be without a home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You’ve gone to the finest school all right, Miss Lonely
But you know you only used to get juiced in it
And nobody has ever taught you how to live on the street
And now you find out you’re gonna have to get used to it
You said you’d never compromise
With the mystery tramp, but now you realize
He’s not selling any alibis
As you stare into the vacuum of his eyes
And ask him do you want to make a deal?
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
You never turned around to see the frowns on the jugglers and the clowns
When they all come down and did tricks for you
You never understood that it ain’t no good
You shouldn’t let other people get your kicks for you
You used to ride on the chrome horse with your diplomat
Who carried on his shoulder a Siamese cat
Ain’t it hard when you discover that
He really wasn’t where it’s at
After he took from you everything he could steal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Princess on the steeple and all the pretty people
They’re drinkin’, thinkin’ that they got it made
Exchanging all kinds of precious gifts and things
But you’d better lift your diamond ring, you’d better pawn it babe
You used to be so amused
At Napoleon in rags and the language that he used
Go to him now, he calls you, you can’t refuse
When you got nothing, you got nothing to lose
You’re invisible now, you got no secrets to conceal.
How does it feel
How does it feel
To be on your own
With no direction home
Like a complete unknown
Like a rolling stone?
Oggi, riascoltando questa canzone, ri-trovo una testimonianza che testimonia una condizione per tutti di una discesa là sotto, in quel punto detto “di non ritorno”, nel senso che comunque ritornerai da qualche parte, ma non sarà più la stessa. In quel punto, capire che è stata una fortuna arrivare fin li’ e, morire nella personalità di chi credevi d’essere e credevano tu fossi.
Essere, almeno una volta in questa vita come “Like a rolliing I stone”, rilasciare le certezze, rischiarle e vivere da mendicante, senza mendicare. Lasciare la maschera che consentiva di medicare celando quell’elemosina da “ricchi”. E, mendicare davvero, senza più maschera.
Liberarsene e, senza saperlo al momento, trovare la consapevolezza e trasformare quel mendicare nel viaggio di chi porge la ciotola vuota agli altri, senza nome e, soprattutto, apprezzandola, sia vuota sia piena:
“Accetta ed onora quel dono che è anche il vuoto”.
Apprezzare e celebrare quel vuoto, soprattutto dentro di sé. Uno spazio che si sta liberando, un ritorno a casa, dolce, struggente, misterioso, indescrivibile. Tutto scompare 🙂
Qualcosa resta? Sì, seguire la musica, il canto che percepisci dentro di te e qualche volta anche fuori, come quando ascolti davvero.
Ascoltare davvero è , sia seguire una voce quando corrisponde ad un ritmo che ti annienta e ti fa rinascere, trasformata.. sia accettare altri ritmi e trovare una distanza…ma continuando a cantare ?
Questo è un posto a cui appartengo, ma non è al posto che appartengo veramente.
Appartengo a ciò a cui il posto stesso appartiene. Ed è un’appartenenza, che sto scoprendo o che si sta rivelando. Non solo a me, si sta rivelando . . . . Perchè?
Siamo indivisi, e scoprirlo è un percorso.
Sì, è un percorso e , come tale attraversa e si fa attraversare, oltre (o nonostante), le parole, le aspettative e , soprattutto, oltre ogni catalogo o catalogazione . . .
“Si tratta di affidarsi, e non di con-trattare . . . “
Dicevi, come una Nuvola nel Cielo. Sussurrava il Vento.
Sì, le Nuvole sussurrano, altrimenti come potrebbero cambiare forma… ? Il Vento le attraversa mentre insieme cantano. Oltre è un luogo (o non-luogo) esiste, non è speciale. Lì, non è dove sei di più ( o meno) , ma senza misura sei , così vicino al Niente che ancora temi (?).
Oh, (mi) fai delle domande meravigliose, non sono inquisitorie. Sono un dono, aprono mondi da esplorare.
*2.
Ti ringrazio.
o
E, questa gratitudine è una chiave che apre la mia porta chiusa, e chiude la mia porta aperta. Libera (me ) da paure ed entusiasmi (chiusure & aperture), riconosce il confine.
Il confine, esiste?
Vivrò ancora, con me e con te, per scoprirlo.
E tu, invisibile, trasformerai ogni domanda. Fino fondo, là dove non c’è misura o fine separata da un altro inizio.
Tra parentesi, svanisce la fuga, in uno spazio. Forse, neanche lo conosco ma mi sembra limitato spazio, nell’essere comunque infinito … Posso esplorarlo (nell’illusione che sia limitato). Sì, esploriamo l’illusione (dicevamo)!
” C’era in lei/lui un Esploratore/ Esploratrice (viceversa, senza esclusione),che ogni tanto lanciava un richiamo: “Andiamo!” diceva, subito aggiungeva sorridendo “Guarda non so dove, che bello! Andiamo”
Andiamo.
NPAL Diary & journey – “G a t e”, Findhorn Summer/Autumn 2012
NPL Diary 21022017 (in progress)
22 . 4 . 017.
Sì, andiamo.
Eppure, mentre vado sento di restare, ma non sto restando qui, se intendo un luogo circoscritto. Resto qui e vado, solo se non censuro nessuna dimensione, in me, in te in quell’unica reale sconfinata, inseparta dimensione, (senza qui e senza ora) . . .
Grazie 🙂
I believe that she’d stop him if she would start to care I believe that she’d look upon [the side and? deciding?] to care And I’d go by the Lord and where she’s on my way But I don’t belong there. No I don’t belong to her I don’t belong to [anybody? ev’rybody?] She’s my [price? prize?]-forsaken angel but she don’t hear me cry She’s a lone-hearted mystic and she [can? can’t?] carry on When I’m there she’s all right but [when?] she’s not when I’m gone. Heaven knows that the answer she’s don’t call in no one She’s the way a sailing beauty for she’s mine for the one And I lost the [heavy changing? hesitating?] by temptation as it runs But she don’t holler me but I’m not there I’m gone. Now I’ll cry tonight like I cried the night before And I’ll [lease out the house? her eyes? the heights?] but I dream about the door So long Jesus savior blind faith [worth to tell? where’s to tell?] It don’t have confirmation she’s my own fare thee well. And I went out she used to live here I was born to love her But she knows that the kingdom [waits? weights?] so high above her And I run but I race but it’s not too fast to [slump?] But I don’t [perceive? deceive?] her I’m not there I’m gone. Well it’s all about confusion as I cry for her [veil?] And I don’t need anybody now beside me to tell And it’s all [information? affirmation?] I receive but it’s not She’s a lone-hearted beauty but she don’t block the spot And she gone. Yes she’s gone like the rainbow that’s shining yesterday But now she’s home beside me and I’d like to hear she’d stay She’s a home-seeking beauty and it don’t trust anyone And I wish I was beside her but I’m not there I’m gone. Well it’s a-too hard to speaking and I don’t quite believe It’s so bad ‘cause [she’s using? amusing?] and she’s hard too hard to leave It’s unknown it’s a crime the way she [moved?] me around But she told for to hate me just as a [born pathetic? gone pathetic?] clown. Yes I believe that it’s rightful oh I believe it in my mind I been told like I said when I before [carried? carry?] on the crime And she’s all that you told her like I said carry on I wish I was there to help her but I’m not there I’m gone.
NON CI SONO (1956) parole e musica Bob Dylan traduzione di Alessandro Carrera [Va tutto] bene, e lei è sempre qui in giro nel mio quartiere piange notte e giorno, lo so perché [è successo lì? lui era lì?] è una pietra miliare ma lei è sfortunata e [disperata tutti i giorni?], ma [a far difficile la cosa?] io c’ero. Credo che lei vorrebbe dirgli basta se cominciasse a pensarci su credo che vorrebbe ripensare a questo lato della cosa e [decidere di?] pensarci su e io rispetto Dio e dove me la vedo venire incontro ma il mio posto non è qui. No, il mio posto non è vicino a lei, non è vicino a [nessuno?] è lei l’angelo [abbandonato? senza prezzo?] che mi è stato dato [in premio?], ma non mi sente se piango è una mistica dal cuore triste e [sa? non sa?] come tirare avanti finché ci sono io va tutto bene ma [quando?] non è così quando me ne vado. Lo sa il cielo che la risposta – lei non è tipo da chiamare nessuno è lei la via, una bellezza dalle vele spiegate perché è mia, per la sola… e io ho perso [il mutamento greve? l’esitazione?] per come va la tentazione ma lei non mi può chiamare con un grido, ma io non ci sono, me ne sono andato. Mi viene da piangere stasera, come mi veniva da piangere anche ieri e io [affitterò la casa? i suoi occhi? le altezze?] ma sogno di prendere la porta addio Gesù, salvezza, fede cieca [da annunciare? dov’è da dire?] non c’è conferma, il mio addio è lei. Sono andato fin là dove abitava, il mio destino era di amare proprio lei ma lei sa che il regno [dei cieli] [attende? pesa?] alto sopra di lei e corro ma corro ma non troppo forte da non poter [cadere?] ma [non sento la sua presenza? non la inganno?], non ci sono me ne sono andato. È tutta una gran confusione mentre io sono qui che piango per il suo [velo?] e non ho bisogno di nessuno al mio fianco che me lo dica ed è tutta [informazione? affermazione?] che ricevo, ma non lo è lei è una bella dal cuore triste ma non occupa il posto e se n’è andata. Sì, se n’è andata come l’arcobaleno che ieri splendeva ma adesso è a casa con me e vorrei sentirle dire che rimarrà è una bella in cerca di una casa dove stare e non c’è da fidarsi di nessuno e vorrei esserle vicino ma non ci sono, me ne sono andato. Sì, è troppo difficile da dire e io ancora non (ci) credo è una brutta faccenda perché [lei usa? è spiritosa?] ed è troppo, troppo difficile lasciarla è una cosa inaudita, è un delitto come che mi ha fatto fare quello che voleva lei ma le è stato detto, per potermi odiare, ma c’è un [pagliaccio nato patetico? abbandonato?]. Sì, credo che sia giusto, oh, nell’animo lo credo mi hanno detto, come ho detto io, quando prima [portavo? porto?] io il peso del delitto quando lei è tutto quello che le hai detto, come ho detto, tira dritto vorrei essere lì ad aiutarla ma non ci sono, me ne sono andato.
Nota. Ho utilizzato alcune trascrizioni apparse su vari web site(s), ma alcune erano incomplete e tutte presentavano varie discrepanze. Credo che questa sia la trascrizione più esauriente finora disponibile, ma posso sempre essere smentito da ricerche ulteriori. Comunque non penso che si possa mai arrivare a un testo definitivo di I’m not There (1956) perché un testo definitivo non c’è mai stato. Può darsi che alcune delle parole incomprensibili non siano nemmeno parole, ma sillabe improvvisate da Dylan sul momento per completare il verso. La traduzione cerca di essere letterale, con qualche necessaria integrazione di senso che può essere giusta o sbagliata, ma senza sapere rispetto a che cosa lo sarebbe. Alessandro Carrera
Metto fra parentesi, spesso, qualcosa che sopraggiunge mentre sto scrivendo. E’ come un appunto. Quando rileggo, riparto da lì.
Ricordi quando sussurravi (per di più in inglese) ? Ed io, non capivo niente ma se ascoltavo il suono, mi sembrava d’intendere.
Mi hai insegnato, quando parlavi così, e non sussurravi; forse era la tua voce assente (ma presente),ad insegnarmi che non si tratta di capire le parole.
E’ una sintonia, se c’ c’è, oltre le parole. E se c’è stata, c’è sempre… nella connessione (ma non fra noi due separati, necessariaMente).
“Di una sintonia, magari ci si può accorgere che pur essendoci davvero, sia in una direzione diversa da come credavamo.”
Una sintonia, forse non rispetto ad un altro (ad un’altra o ad altro) ma verso di noi inseparati ed, in quanto tali, non identificanti in “me/noi”.
In quel momento come fosse quella sintonia dodecafonica, non funzionale ad una melodia precostituita, piuttosto un’avventura, poco avvenente nell’aspetto , dietro l’apparenza, e così profonda nelle radici, infinite. Grazie 🙂
NPAL Diary and Journey, Gobi Desert 2015
(seguirò post, prima o poi, in progress 🙂 )
19 . 10 . 016 (poco dopo la Mezzanotte)
(in progress 😉 )
20. 10 . 016 ( quasi un’ora dopo la Mezzanotte . . . )
Eppure … (e p pure)
Eppure. Il suo suono non recupera ma ipotizza verso l’Infiito, del non-giudizio , del non so (cosa, chi, dove, quando e perché o per come. . . ).
Nella prossima vita, se ci sarà, mi piacerebbe essere una/un musicista o direttamente, un suono!
Eppure, racconta una storia (bellissima?) :
“Non si fidava della negazione, della separazione e, neanche del recupero. No, non si fidava di loro né dei loro significati, come erano codificati e come ammiccavano.”
Non sapeva il motivo , ma sentiva costrizione nella negazione, perché separava (e viceversa), escludeva qualcosa. Vi sentiva un’ingiustizia, nel dividere cioò che stava insieme davvero, come l’Ombra e la Luce.
Le avevano insegnato che senza ombra la luce non c’è ( o viceversa). Sì, le avevano insegnato che dipende dal punto di vista quello che si vede e quindi, quello che si percepisce dipende da come si guarda ( si vede o sente o ….) . E, quello che si sente nella pancia come un’emozione, va a finire in un pensiero che la mente dirige e controlla. La mente separa.
Per questo, si ribellava: sia pur accettando le rime, comunque sentire poesia. Nel detto e nel non-detto, e perfino nell’in-separato!
Quanto tempo, e non-tempo, passò fino a quando si accorse che la ribellione l’avesse portata ad amare quello per cui si ribellava?”.
Allora, come va a finire la storia ( ma c’è una fine ?) ? 🙂
(in progress – continua)
20 . 10 . 2016
Allora, come va a finire la storia. Ma è una storia?
Per guardare fuori dalla finestra, devo girare la testa a destra, verso Nord-Est.
“Le storie mi hanno cresciuta, in questa vita e nelle altre” ho scritto, subito dopo aver pensato con affetto a tutti coloro che me le hanno raccontate: nomi, visi, paesaggi ed accadimenti, una sequenza infinita di immagini davanti a me, in me. Un paesaggio interiore, di immagini svanite. Perché “La natura delle immagini è di svanire”. (*)
E, se “I vecchi dovrebbero essere esploratori” (**), sto esplorando il vuoto meraviglioso che lasciano le immagini (quando svaniscono). Mi meraviglio e non mi fa più così paura. Anzi, siamo diventati amici.
Le storie, sono il soggetto, arrivano da noi, ci abitano e bisogna farle proseguire. Ascoltarle e trasmetterle… Ma prima aspettare che ci abbiano attraversato, trasformato e portato via ogni immagine, o quasi.
Tutte le storie che mi hanno cresciuta, mi hanno scossa come un fulmine e poi, seppellita sotto terra a cercare, cercare e cercare di nuovo.
Sono state e sono vive, le storie, diventando uno spazio d’ascolto: un ritmo senza melodia, (suono di cascata, della foglia che tocca terra lasciando il ramo, il flop del sacchetto della spazzatura nel cestone apposito) la voce di un sorriso,quando torni e quando vai via, l’urlo selvaggio di un neonato … ed il silenzio, sopratutto.
Mentre guardo fuori dalla Finestra, da quassù, proprio a Nord Est, passa un Uccello (lo vedo dal basso ). Starà migrando?
C’era una volta e, non c’era!
*Selene Calloni W. racconta in modo incantevole anche attraverso citazioni (“James Hillman- Il cammino del “fare anima” e dell’ ecologia profonda” – Ed. Mediterranee
** T.S. Eliot in “La forza del carattere” James Hillman – Adelphi ed.
Altrochè . . . . (che avverbio interessante, direi. L’altro (o l’Altro) rispetto a qualcosa d’altro, è in una prospettiva (che)).
Chissà ,se questa convergenza prospettica sia in direzione di passato o di futuro e, magari (ohiohi), del presente.
“Qui ed ora”, quando non è una etichetta ( e non è per niente sbagliato se lo fosse -per giunta), prospetterebbe indietro (passato) ed in avanti (futuro) qualcosa di non ipotizzato?
Magari, in un modo non- separato in cui il presente momento ipotizzi un ponte fra prente, passato e futuro. Insomma, un miracolo?
Ehi, (fra parentesi.): il punto interrogativo (?) sia una suggestion, o uno stratagemma che sfoca(no) il pensiero da una definizione definitiva verso l’(immaginario) infinito!
In giorni come questo, mi interrogo sempre, sulla celebrazione o addirittura, sulla rappresentazione.
A che servono le celebrazioni? Potrebbero essere pericolosamente conservatrici dello status quo al vento della memoria consolatoria? E, come veramente non dimenticare e contemporaneamente non consolarsi con il ricordo, stare nella responsabilità di dove siamo, dentro e fuori di noi, ora?
Post decisamente in progress, direi … 🙂
NPAL Diary 2504016
28 . 5 . 016 “CAPRO & CAPO”.
Se Resistenza fosse, come abbiamo da tempo scoperto, soprattutto R- Esistenza, come troviamo quello spazio che fa conoscere innanzitutto l’Esistenza, e poi che ne facciamo di quella “r”, o ancor prima, cosa ci allontana dall’esistenza autentica? Persi in battaglie contro qualcuno a cercare “capri espiatori”. Inconsapevolmente comandati da”capi espiatori” interiori (come invasioni assunte sotto forma di dinamiche-demoni, per compensazione o chissà perché) che dirigono la rabbia in direzione esterna, contro qualcuno qualcosa, disperdiamo energia e vita, recriminando, invece di riconoscere, ed assumere le nostre responsabilità*********************
Dedicato a “Chi” mi ha scritto una frettolosa e-mail (tra l’altro con alcuni errori che non mi son sognata di recriminare neanche leggendo), segnalandomi un errore e forse, non cogliendo, il messaggio di quell’errore :
“Si dice capro non capo espiatorio.”
Capro & Capo: ecco, il capro sacrificato, uscito dall’ombra dice che sei tu a sacrificare te stesso/a, ascolta: la dinamica del colpevolizzare altri, o scagionare te stesso/a , ti capeggia, (capo) e ti costringe (capa/testa/cappa), come testa/mente a stare dove sei (oppressa da una cappa di smog?) , cercando fuori e mai in te, quello che puoi cambiare (la casa che cerchi, la comunità che cerchi, mai la troverai veramente, se prima non la cerchi in te, facendo spazio e pulizia dai rancori.” “Chi” ha scritto quella frettolosa e rancorosa e-mail , perso/a dal colpevolizzare qualcuno con la motivazione di “scaricare la rabbia su chi difende lo status quo” non s’accorge di proiettare su altri la propria paura di cambiare il proprio status quo interiore e non, per poi lamentarsi, lamentarsi e lamentarsi (da arrabbiato/a, con atteggiamento combattivo, a parole): perdendo l’occasione di dialogare con chi ha di fronte, sia pur virtualmente, ed accettare i limiti di ciascuno, replica di nuovo la denuncia di errori e di mancanza di dialogo (le persone spariscono, si valorizzano, senza nessuna ragione, dice… ). Ma “Chi” dov’è?
L’evasione dalle proprie responsabilità e dal proprio cambiamento, comunque non appaga neanche, anzi inquina. Piuttosto, congediamo, gentilMente, ogni volta, la dinamica della separazione, che fa cercare quei nemici che “ci espropriano“, quando invece siamo proprio noi noi i primi ad espropriare, rispetto a noi stessi , ad altri, all’esistenza. Se e quando questa dinamica si ripresenta, riconosciamola e congediamola di nuovo. Con cura. Quindi, come on! (innanzitutto, mi dico, ora)!
Augurare un Intento di pace ed un sereno cammino, può significare , ad entrambi (elementi separati in me/te , o Te & Me, Noi & Loro,ecc.) :” Vai tranquilla/o, rischia! Correre il rischio di perdersi, insegna come sia impossibile, distruttivo o devastante, impuntarsi a controllare tutto e tutti.” Buon Viaggio. 🙂
Grazie!
Un riferimento, non un libro da leggere, o dover leggere, ma un’esperienza: http://thework.com/en(in Inglese)
N.B.: rileggendo tutto il post, mi sono accorta, or ora, che nella parte iniziale, scritta il 25 aprile, appare lo “status quo”!
N.B.2: ci sono errori, chissà cosa mi racconteranno, alla prossima rilettura del post!
“Gli errori non vanno condannati vanno ascoltati. “Che siano la Voce dell’Ombra?” 🙂
N.B. 3: forse abbiamo, ora, almeno una ipotesi (delirante) per quella “r”, Capro & Capo insieme a “Chi”, chiunque sia (nessuno escluso) ?
NPAL 2805016 : in sostegno al sacrosanto Delirio che porta fuori dalla colpevolizzare qualcosa o chiunque, me stessa compresa.
Nessuna evasione di responsabilità e cambiamento, con almeno un minimo di leggerezza, per disinnescare le nostre personali zavorre e pillole (pillol@) di consolazione (date e/o assunte…). Oh yesss 🙂
Ho ritrovato un articolo sul blog di Renato e Manu, ora entrambi in un’altra dimensione, da qualche anno. L’ho trovato insieme ad un ricordo per il mio caro amico Antonio Caronia, postato l’anno scorso su Facebook.
“Sono piuttosto cauta, ora, nella frequentazione di Facebook. Cerco di passare attraverso la negazione ed anche le mie riserve, come cerco di farlo rispetto ad ogni automatismo nella comunicazione (ad esempio:domanda e risposta, giudizio, organizzazione del consenso ed auto-conseso – I like- , compensazione, dimenticare la responsabilitò, stare nel pettegolezzo e sorridere a vanvera,). Però apprezzo quel meccanismo che riporta ad oggi le pagine postate, un anno prima,lo stesso giorno. Oggi ha riportato insieme il loro ricordo.”
Comincio quindi, qui, un post in progress (doto il tempo imitato che ho). Il loro ricordo porta immediatamente delle connessioni. Comincio con Renato e Mau, che non conoscevo di persona, ma è come se li avessi conosciuti …
“Sulle “Medicine Naturali” incombe la scure Europea o almeno sembra o forse incomberà … vaghiamo nel vago. Le “medicine naturali” e la “pratica dell’autogestione della salute” prendono in considerazione e curano le cause della malattia, con un’ attenzione particolare all’alimentazione e agli stili di vita.
La nostra amica Etain racconta così il suo rapporto con le medicine naturali: …L’attenzione credo che sia un grande segreto. Qualche mese fa, mi sono accorta che gli episodi di vomito ed emicrania che mi capitavano inspiegabilmente erano periodici e infatti avvenivano due giorni prima delle mestruazioni. Va bene, sarà la menopausa, pensai, ma ero sconcertata: io che non ho mai sofferto per le mestruazioni, le gravidanze o i parti, ora mi tocca questo? Per fortuna da un po’ di tempo ho un vero medico, il quale mi ha dato una tintura di salvia.
Allora ho preso la tintura per il primo mese, ma ho anche preso l’abitudine di passare a salutare la salvia vicino al cancello di casa e di mangiare una foglia. Bene, arriva il giorno del crollo e non crollo, sto molto meglio delle altre volte. Il secondo mese non prendo più la tintura, mangio salvia e saluto la pianta. Arriva il giorno del male e sto bene, meglio di prima. Il terzo mese non mangio più foglie di salvia, saluto solo la pianta tutti i giorni (con un pò di paura, perché se non mi ascolta e sto male, sono due giorni d’inferno) ed ecco che arriva il giorno delle mestruazioni senza il minimo disturbo. Bisogna chiedere aiuto e credere che arrivi! Devono bastare le orme dell’Uomo Verde come conferma della sua presenza. –
L’Occidente nutre ancora sospetti sulla medicina omeopatica, che usa quantità infinitesimali di sostanza naturali per guarire, ma il concetto di “sola Informazione” che passa da una pianta ad un essere umano, in altre parti del mondo fa parte di tradizioni sciamaniche. Spiega uno sciamano dell’Amazzonia: “Quando devo fare un medicinale, vado a cercare la pianta che mi aiuta e sto in silenzio li per lungo tempo. Ascolto il canto della pianta e quando l’ho imparato faccio ritorno. Preparo una bacinella d’acqua del fiume e poi, tenendo nel cuore la pianta, io canto quel canto sopra la superficie dell’acqua. Uso quell’acqua per guarire. Io faccio questo perché non tutti gli uomini hanno la capacità di ascoltare a lungo.”
( il brano è tratto da Lato Selvatico )
Immagino Etain che va dal “medico della mutua” e gli racconta il suo approccio all’omeopatia… e provo anche a immaginarmi il medico…
Seguire e fidarsi delle intuizioni, imparare ad ascoltare le voci e le energie sottili del mondo naturale, vivere con cura e leggerezza ogni giorno che ci è dato; nel tempo globalizzato del capitale ogni piccolo gesto di autogestione potrebbe diventare un gesto di liberazione.
Ascoltare la “Salvia” . . . e buon cammino.”
15 . 2 .2016
Qualche volta, mi hanno raccontato di un Bosco interiore. Se invisibile, si fa sentire attraverso una Radice comune ad altre storie di connessioni o ad una storia infinita.
A volte le immagini fotografiche hanno dell’incredibile, forse per una sproporzione o per un’improbabile associazione fra forme e creature diverse, rimandano ad un altro punto di vista e, forse ad un altro mondo.
Qui io vedo tre alberi. Vedo bene?
(un punto di vista è un punto di vita, un altro punto di vista è un altro punto di vita). 🙂
Da quando sono tornata dal Viaggio in Mongolia, una settima precisa fa, sento un’attrazione irresistibile per l’in-visibilità. No, non cancello, non separo. Piuttosto, sento la memoria, il suo profumo vivo.
La mia percezione si è rarefatta, sento lo spazio, ho bisogno della sua libertà, e della mia, dal “riempimento delle cose e delle persone”. No, non voglio liquidare tutto, ma rispettare l’essenza, di “chi e cosa”. Per questo, occorre spazio. Liberamoci, dunque. Ora, scrrivo, sospinta dalla voce di un’immagine appena scoperta. Mi dice:
“Quello che non vedi, c’è …!”
Ecco, qui sotto, l’immagine. Il titolo. “Hanging-Scroll-Japanese-Painting-White-Hawk-Paint-Japan-Asian-art-Paper-old”. Ma il Falco (Hawk) lo si vede o no ?
“Non ti farò un ritratto, mai. Di te disegnerò l’impressione, lo spazio liberato da un’inclinazione di lato verso la luce.
Insomma, contemplare senza un perché, senza un’aspettativa, senza un tornaconto o un ritorno.
Stare lì, stare qui, senza un preciso scopo. Soltanto stare qui. Ed è tanto (senza confine).
“Non dare misura all’Infinito, Amore (mio & tuo)”
Nostro, non è una misura, una specialità, un possesso un’organizzazione. Semplicemente, è non-separazione. Sentendo la pacifica assenza (di chi, di cosa?).
Grazie 🙂
Sto partendo, pe Terre lontane, agognate, per la conclusione e, forse, l’inizio di un’altra fase di vita . Il mio non-testamento testimonia una difficoltà a stare qui, ed anche, a cogliere il volo, perché ancora non capisco la differenza fra qui e stare oltre (se).
Così, mi perdo, comunque, e mi ritrovo nel Viaggio.
“Partire è un po’ come morire.”
Parto per la Terra dei Nomadi Guerrierieri/e, Iniziando dalla capitale in movimento (accampamento nomade) , in trasformazione.
Partire è stare in un nomadismo che segue spostamenti geografici ma è stabile alla Radice?!
Nessuna contrapposizione fra restare e muoversi, se si riconosce il processo di trasformazione a cui tutti apparteniamo.
Thanks, again.
Dicevi:
“Tornare a casa è restare qui, ora.
Non esiste un prima ed un dopo, un qua e là, separando nella visione te (me. chiunque) dall’ infinito”.
(anche la congiunzione (“e”) invece dell’opposizion (o””) potrebbe essere separante?