Sei tornata, improvvisamente ti ho sentito. Senza ragione. Ero al supermercato vicino allo scaffale dei succhi di frutta e delle offerte del giorno; hti ho sentito e risentito. Non me ne ero neanche accorta della tua assenza, troppo accentrata su pensieri fissi e aspettative, ma forse ci sei sempre stata. Sei rimasta, ancora. nonostante tutto. Io non ti percepivo e tu sei stata in penombra, silenziosa. Sei diventata Attesa?
Stamattina , al Risveglio un avviso :
“ Occhieggiano le Margherite! ”.
Era tua quella Voce? Quando sono uscita, le ho viste spuntare dall’alba alta e vicino alle ultime foglie secche. Gli alberi sono ancora spogli, le prime gemme si nascondono, eppure sono tante, di già… E’ ancora freddo e timide aspettano, pronte. La loro attesa è la mia, adesso sono con te, non scapperò più . Dammi Rifugio, proteggimi, nutri la Malinconia che questa volta sento vicina e insieme a te. Allora sentivo solo te, cara Commozione, o almeno così mi sembrava (“Che bello, che bello!”). Ora sei in compagnia, mi concedi riconoscere quell’altra parte malinconica che sorge insieme a te.
Le Gemme e le Margherite hanno sguardi senza confine, restano lì dove sono, sbocciano, crescono, fioriscono, s’inchinano e poi, appassiranno, senza rimpianti. Si trasformano. Così stiamo facendo anche noi, te e io, stiamo cambiando, ci avviciniamo e ci allontaniamo, ci unisce la distanza nella presenza; Sfumiamo fra noi , come (una) Canzone ascoltata da lontano, diventa Eco.
Grazie.
NPAL & Guigoz’s Project, Appunti di Viaggio, 2023
(continua – 1103024
“Lettera a Commozione” 11 . 3 . 2024 – (12.49)
12 . 3 . 2024
Occhieggiano ancora le Margherite ed anche qualche Myosiotis , detti “Occhi della Madonna” e dei fiori di Tarassaco che più gialli di così non si potrebbe!
Cara Commozione, ci sei e continui a cambiare. T’intrecci insieme a Meraviglia e Tenacia, insieme tenete lontani pensieri fissi e timori. Una Ghirlanda gioiosa, di celebrazione e protezione.
Qui, verdeggiano persino i pensieri, in sentore di viaggi e di sorprese. Benvenuti, benvenuti!
G r a z i e .
NPAL (Nomadic Provisional Art-Life), & Lab Harambee, Selva di Sogno, Miasto 2003
Questo post è in progress, come i precedenti. Anzi, di più. . .
Scrivere post limitandomi a poche righe o ad un’immagine soltanto, mi consente di sorprendermi, prima o poi. La volta successiva all’inizio ritorno a leggere o a quardare. Ascolto, e continuo. E, così via.
Questa specie di piccolo rito mi sostiene, posso riconoscere la mia tendenzaa a procrastinare (il mio intralcio principale) e ricordarmi del percorso e di ascoltare “le storie”.
“Le storie la raggiungevano, prima o poi. Quando stava in silenzio, le accoglieva meglio. Quando invece era presa da pensieri o affacendata a volte le trascurava, ascoltandole di sfuggita, senza dialogarci. Oppure, quando era triste, tristissima, le aspettava, persino evocandole, per avere compagnia e farsi tramite di quella scintilla ad altre solitudini. “
Con l’avvento di Facebook le storie potrebbero non restare intrappolate nella rete di approvazione o di diniego?
(quanti “I like” ci sono sotto ad un post?) .
Le storie chiedono libertà di trasmetersi, come piace a loro, amano sia il silenzio sia lo stupore. Si meritano puro ascolto. Sono ospiti, non proprietà condominiali da affitare o vendere.
Sì, ho nostalgia dei “tempi dei blog” e di quegli incontri con persone conosciute, così intensi nell’infinito spazio fra le parole. Quante storie e sussurri insieme ad un nome, in sospeso fra presenza percepita e invisibilità. Una narrazione libera di scorrere, via. Eppure, ci univa.
Mi hanno sempre affascinato le immagini (“aperte”) che hanno in sé qualcosa d’indefinito. Alludono, evocano senza descrivere una forma. Abitano lo spazio, non al servizio di un concetto da riconoscere ed assimilare. Piuttosto evocheranno un’appartenenza, una visione senza l’obbligo di credere in un’affermazione. Forse per questo, sono sempre stupita ad ascoltare davanti ad un’opera di “arte preistorica” cosiddetta dai posteri nata invece come atto magico dalla connessione consapevole e poetica fra Umanità & Natura – e viceversa?!
Si tratta di una visione (perduta) ma eternamente presente, magari in pen-Ombra se la separazione dualistica – di genere, valore e legittimità – viene data per scontata da un automatismo di giudizio e di classificazione. Invece, i nostri Antenati preistorici non si sentivano separati dalla Natura e dall’Altro Mondo: essere vivi ed esprimerlo significava trasmettere ed incarnare una connessione, senza finalità rappresentative/affermative. Una necessità, essenziale per la vita ed anche per la sua compartecipe nell’inevitabile trasformazione in divenire, la morte.
Stamattina, ho ritrovato immagini ed uno scritto descrittivo della Grotta Chauvet (*). E mi sono commossa nel riconoscere l’inseparazione di due immagini: quella di una fiera (Leone/ssa?) e di una figura umana, con vulva (triangolo pubico) bene in vista. La testa animale s’abbina o sostituisce, quella femminile enunciata ( o cercata) nella descrizione per una “Venere” , non del tutto riconoscibile come tale. Chi guarda potrebbe restare in perplessità cercandola, come se qualcosa mancasse, o fosse confusa nel soggetto classificato come tale.
Oggi, siamo abituati a guardare cercando corrispondenze o differenze rispetto ad idee o concetti predefiniti, piuttosto che a sentire sensibilemente ed essere parte della visione in atto – (“Mentre guardi una rosa, diventa una Rosa. Diventa il suo Profumo!“).
Eppure, quella vulva è lì, affonda ne si rispecchia nella fessura della roccia, ne è tridimensialmente tradotta, mentre la sua forma riconoscibile muta, a seconda del punto di vista. Presenza ed assenza – (si vede & non si vede, in-visibile) – si uniscono nel cambiamento della percezione interiore (dietro allo sguardo … “altri occhi”). Un Altro Sguardo. Fluttua il sentire oltre alla divisione dell’in-visibile (dall’interno all’esterno, dal particolare al tutto e, viceversa… ).
Si resterà muti, ad ascoltare?
Lasciar passare pensieri, non tradurli in parole. L’immagine avrà la libertà di svanire almeno in parte. Ecco, un’opportunità per restare silenziosamente ad ascoltare. Ciò che non si rivela, resterà sospeso in attesa d’essere riconosciuto, di nuovo. Il Silenzio ci potrà parlare. Un’altra Voce, un Altro Suono, un’Altra Musica!
“Ma siamo sicuri che non siano in due (o più)?”, ho risposto.
*1.
(01/02012022 continua – in progress)
*1. immagine pescata dalla rete (web)
3 . 12.2022
Segnare un posto, lasciare qualcosa su un posto vuoto, occuparlo provvisoriamente.
“Passare da Onda in Onda.”
Onda su Onda, ascoltando quella canzone, mi sentivo trasportare in un ritmo incessante. Più tardi l’avrei riconosciuto, tangibilmente . . .(seguirà piccola narrazione).
(030120222 – in progress)
*2.
4 .01 . 2022
Onda su onda, attraversata si sentiva. L’acqua era fuori e dentro di lei. Sentiva la sua forma mutare nel fluire incessante.
Così fuori, così dentro.
Il corpo dov’era? Spogliato di forma esterna. Multidimensionale essenza, semplicemente vibrazione. Frequenza di un riflesso, sull’Acqua.
Nello specchio un sorriso muta le lacrime e s’apre al divenire, all’infinito.
*3.
immagini *2. e *3. : NPAL (Nomadic Provisional Art-Life), “Project for Voices” – Milano & Elsewhere 20102021
4 . 4 . 202 – Viaggio in remoto a Maia.
Sono arrivata ad Airport One, sull’Anello.
Non vedo i miei compagni ma so che ci sono.
Prima di partire indosso tuta e stivali grigio chiaro d’ ordinanza (*).
Salgo su una navicella monoposto, stretta. Patisco, ma non troppo, stare in uno spazio così esiguo; il viaggio sarà’ brevissimo. Dopo una partenza a scheggia la navicella si stabilizza per qualche minuto e riparte fendendo il buio. Incontriamo la luce di tre Stelle allineate.
Ploff, ecco, siamo arrivati. La porta si apre automaticamente. Dopo un suono soffice, una luce blu intermittente si accende.
Scendo. Paesaggio di sogno, di una bellezza incredibile: un’ immensità ghiacciata e traslucida, illuminata da tre stelle incastonate a V su una volta blu scuro. Che Cielo!!
Montagne e picchi ghiacciati, si intravedono in lontananza. Una bellezza primordiale, accecante.
Nel Ghiaccio s’intuiscono, in punti in cui è piu sottile, quasi delle porte chiuse, trasparenti.
Vicino a me, niente e nessuno. Eppure, non mi sento sola.
Cammino facendo attenzione, cerco di congedare la paura di cadere e scivolare sul ghiaccio scintillante. Confido nell’aiuto dei miei stivali con spesse suole antiscivolo. Ed invoco le Guide (SW and e SN).
Si, ma dove vado?
Continuo a camminare ascoltando lievi vibrazioni nell’aria condensata, per orientarmi in qualche modo. Ed ecco, un suono, indica il percorso.
“Di là, vai!”
Senza altri riferimenti, proseguo nel bianco luminescente.
Improvvisamente, percepisco un movimento sotto il ghiaccio, un guizzo. Aspetto, ascolto.
Davanti a me appare dal Nulla una piccola Foca Bianca lucente. Si avvicina, mi annusa, mi invita a giocare con lei.
Resto piuttosto perplessa. Ci osserviamo reciprocamente ed ipotizzo che per giocare potrebbe intendere essere seguita in un percorso di scivolate sul ghiaccio, senza pattini… Allora, mi immagino di averli sotto agli stivali e pattinando la seguo.
Si ferma, la raggiungo. Un girotondo, ed infine dopo qualche altro metro, si ferma. Cresce, diventa grande, sempre più lucente.
Anche il suono cresce e diventa voce tonante. Viene da sotto il ghiaccio. Il ghiaccio si assottiglia ad Est. Sta per rompersi?
Ho paura (a parte il freddo forse mitigato dalla tuta, ricordo di non saper proprio nuotare).
La Foca Bianca si trasforma in un Tricheco gigantesco, con lunghe Zanne. Comunque, mantiene la sua espressione giocosa, e con un balzo mi carica sul dorso. Si immerge dove il ghiaccio si è’ sciolto e, mi porta con sé.
All’inizio sono spaventata, cerco di concentrarmi sul suono e sul movimento fluido, ondeggiante del Tricheco/Foca. Mi affido.
In breve ll viaggio acquatico finisce. Siamo davanti ad una grotta ghiacciata. Entriamo.
Dentro, una forte luce azzurra e profumo di neve. Il suono, che non è mai cessato, diventa sottile, timbrico, deciso ma anche delicato (come la neve).
Saluto il Tricheco che ritorna sulla banchisa in acqua. Mentre si immerge, ritorna ad essere una giovane Foca.
Spero d’incontrarli ancora.
Mi guardò intorno. Sul fondo della grotta la Luce diventa sempre più intensa e si condensa in una Presenza luminosa che vibra e risuona. La grotta e’ un altare di Ghiaccio, la Luce una divinità di puro Suono, si riflette in aperture sull’acqua . . . Mi sento toccata, accarezzata e punta dalla Luce. Senza dolore. Un processo di sensibilizzazione?
L’ Azzurro entra in me, e lascia delle lettere i fluttuanti, celesti: K O R E C K.
E’ il mio nome? Chiedo. Non ricevo risposta. Il suono cambia, si espande. Ascolto, mi sento diventare evanescente, liberata da pensieri ed incombenze.
Ed allora, quale sarà’ il mio ruolo?
Il suono sommessamente si modula e rimodula . . . . (indecifrabile) e segue “S C S O M della Visione e dello Specchio” , corrispondenza:
“Proteggere e pulire gli specchi ed i riflessi in ingresso ed in uscita – Favorire l’autenticità delle immagini nella loro provvisorietà“.
Chi parla?
La Voce mi ricorda quella sommessa della Fata e Strega, nel Bosco. Ma guarda, ora la grotta e’ verde e sento odore di Foresta.
La luce diventa una Fiammella Blu /Verde, per un attimo.
Infine, vengo assorbita e catapultata nel buio assoluto. Senza navicella, senza nessun riferimento.
Adesso sono qui, da dove sono partita. La mia tuta è , diventata verde/turchese -non a tinta unita, bensì a nuvole d’acquerello.
Sento riemergere immagini d’infanzia molto vivide e mi commuovo.
Ringrazio chi e cosa, senza separazione, percepisco di ringraziare: il Tutto. Che bello sentirsi grata!
Un saluto ai miei compagni di viaggio, ancora.
Grazie.
– Nome terrestre Kaapi Carla Barnabei- Codice Astro 0202010101 Koreck – Scsom della Visione e dello Specchio *(click)
testimonianza dalla pagina FB di Q’Arta– NPAL (Nomadic Provisional Art Life 04012022
rielaborazione di un’immagine pescata in rete
*4.
Nomadic Provisional Art Life 04012022 (in progress)
06 . 02 . 2022
Cosa poteva fare per la loro salvezza (della Bambina e di sé stessa)?
Non sapeva nuotare, avrebbe potuto galleggiare sull’Acqua?
Invocò a lungo, di essere trasportata, senza chiedere dove:
“Trasportatemi da qualche parte…”
disse sospirando.
E così, accade il miracolo. Un piccolo iceberg apparve, galleggiava sull’Acqua. E dentro, c’erano loro.
– Frammento di e per “Antica Novella – (Esordio)” (in progress/continua – 06012022)
Proprio oggi, mettendo a posto una libreria vetrina, in seguito al crollo di un ripiano, ho trovato questa foto, ed un appunto sul retro. E’ quello che resta di un quadro mancato, quello che mi avevi chiesto tante volte, anticipando un regalo.
No, non l’ho mai dipinta quell’immagine del Resegone, traducendo uno schizzo veloce: il paesaggio dalla finestra della nostra casa di Valghegrentino che tu e Renata avevat ristrutturato e restaurato con tanta cura. E, vi avrò certamente deluso entrambi, anche se non me lo avete mai detto.
Nella vicinanza che oggi sento con te e con lei, rinnovo la mia richiesta di perdono sia a voi, per tutto quello che non ho inteso, riconosciuto e rispettato, sia a me stessa, per non “essere (stata) abbastanza”.
Prima o poi, arriva sempre un momento nella nostra vita in cui ci si accorge dell’amore che non si è riconosciuto, e non fa differenze se dentro o fuori di noi, in fondo quel confine fra me e voi è (stato) una opportunità per affidarsi all’infinito. Ed oggi, cerco di farlo.
Tanti auguri, papà Carletto, per il tuo centesimo compleanno, per questo e tutti gli innumerevoli nostri incontri in-visibili, di noi tre ed oltre, per sempre.
Grazie.
Carluccia
N.B.: certamente questa foto non supplisce al quadro. Ho scritto nell’elenco delle priorità: un acquarello del Resegone, accompagnato da un “raccontino” che, proprio ora, sta comiciando a sussurrare. Ho già preparato un foglio adatto (A3), ed un quadernetto (dei tuoi) 🙂
post da scrivere (in divenire)
27 e 28 . 11 . 2021
Sono tornata a scrivere, qui. Troppo poco sarà per un vero e proprio post completo? Sì, probabilmente.
Quindi, cominciamo a percepire la continuazione del precedente post in sospeso. In fondo, la causa della provvisorietà potrebbe essere non solo nella precarietà impermanente della nostra natura, e riflettersi nella bellezza della sospensione che come un filo sospeso su un burrone non respinge il raggio di sole abbagliante; si offre al vuoto ed alla luce.
Se la percezione cambia, ed accetta di dialogare con la paura riconoscendola, un’ offerta potrebbe non essere un sacrificio ma una meravigliosa trasformazione.
“Non potrai vedere se non cambi punto di vista, dove il paesaggio e’ cambiato, cambia . . . E cambierà.“
L’abbaglio è stato criminalizzato. “Stai attento agli abbagli” che fa il paio con ”Stai attento alle illusioni”.
Piuttosto, direi invece di stare attenti e presenti nell’intento, non solo a quello dichiarato ma alla sua ombra: quella che rivelandosi ci aiuterà a riformularlo, incluidendo nel nostro “anelito a riscuotere un risultato” tutte le paure, i condizionamenti e le aspettative da liberare. Così, l’intento in divenire, avrà una strada da percorrere e noi cammineremo in buona copmpagnia veritiera , non di una pretesa di risultato ma di un percorso di liberazione (magari imprevedibile.)
Non so se son stata abbastanza chiara, scrivendo. Ed allora scrivo:
“Benvenuti !”
agli abbagli ed alle illusioni, magari lo continuerò a dire senza troppo aprirmi alle aggressioni ed alle tempeste, oltre i miei limiti. Ma come non ascoltare ? Qualcosa o qualcuno, invisibile, sussurra
“Quello che deve accadere, accade!”.
Ed allora, pronti e via . . . Via!
P.S.: la foto narra di un incontro nel Deserto Meridionale dei Gobi. Non si intende, con gli occhi fisici, se Cammello o Cammella) stia sorridendo o avvertendomi che, mi sono avvicinata troppo. Un sorriso non esclude nessuna comunicazione, no? Ricordo che stavamo aspettando di partire in carovana, allineati. Ed io ho partecipato a piedi mentre la Creatura ruminante e meravigliosa alla quale ero stata assegnata camminava vicino a me mentre parlavamo, fitto fitto fra noi.
Era il 2017. Non ha ancora superato l’imbarazzo di cavalcare o cammellare (nessun ruolo da sottoposti/sovrapposti). Eppure, qualche volta, l’ho fatto, liberamente e per neccessità (vera o presunta).
In entrambi i casi, cammellare in groppa o a piedi, la connessione fa la differenza, per un allineamento ed un dialogo silenzioso o sonoro, una vibrazione che avvicina i punti di vista di due creature, addirittura unendoli e cancellando differenze e distanze (presunte). E’ cambiato il mio sguardo?
“Ti elevano , su una Torre . . . (magari) per buttarti giù!”
(al momento te ne rendi conto?)
(lascio qui questa citazione, come inizio di un nuovo post. Per ora, in coda a questo… una coda al vento) (10.53)
8 . 12 . 2020
Giorno dell’Immacolata Concezione. Per un soffio non mi è sfuggito che oggi è festa. Ed allora, che festa sia!
Torno a scrivere qui, non so cosa. Per ora inizio con una citazione, spero diventi un’azione di pace (l’intento c’è, rispetto ad un conflitto che continua a farsi sentire anche se a bassa voce, e forse chiede attenzione. Ascoltarlo per liberarlo e lasciarlo andare, finalmente?!). Grazie
(continua – in progress)
immagine dell’archivio trovata in rete tempo fa ed ora nell’archivio Npal senza riferimento, indicazioni saranno ben accolte!
9 . 12 . 2020
Vinca Alba Maior – ‘Suis le chemin de la forêt profonde’
(monotype aquarelle et collage sur vélin)
“Sento odor di Bosco.”
stai dicendo. Eppure, siamo in casa. Non importa di chi sia abitualmente questo spazio abitativo. Siamo qui.
La finestra è chiusa. Fuori piove. L’immagine del bosco, non è distinta. Unisce le orme al silenzio, la distanza si ravvicina e quasi scompare.
Rimane un sussurro che ancora non è diventato canto quasi come la traccia sonora della caduta di una foglia mentre s’allontana dal suo ramo. O, il suono ovattato nello spazio tutt’intorno a noi quando cade la neve. Quei suoni sommessi che sembra di sentire appena e non si sa se ce li stiamo immaginando?
Ecco ora , sono in attesa di quel canto corale che mi manca . Sto canticchiando piano per sentirlo e seguirlo, evocandolo, ancora . . .
Piove, piove, luccica la strada. Qui, fra le gocce di cristallo s’affacciano piccoli arcobaleni, anche se il lampadario è spento e fuori poca luce al tramonto e piove, piove.
Vorrei scriverti una lettera, perchè vorrei parlarti, ma non si può. Siamo confinati per lockdown (Covid 19 Virus), o almeno così crediamo.
Vorrei parlarti, sì. E’ come se mi avesse colpito un fulmine. E se l’ha fatto, è accaduto, intensamente ma dolcemente, nel senso che non ho sentito un colpo ma . . . luce. Ammesso che la luce si possa sentire, nel senso di feeling o di abbaglio, sono in questo chiarore forte ed evanescente, cioè in movimento, non stabile.
Vorrei scriverti una lettera, non un messaggio (whatsap o sms) e o una email. No, proprio una lettera, scritta su carta, magari con un disegnino, non esplicativo, ma che si manifesti di per sé, sul foglio. E, che sia nella sua libertà indipendente, come la meraviglia. 🙂
Forse, non una lettera vorrei scriverti. Piuttosto riconoscere uno spazio, che sia ponte fra te e me, noi, o addirrittura un burrone per perdersi e cielo per volare ( via, da soli ed insieme, un sentiero per aria, non qualcosa da possedere in terra). Qualcosa da condividere ma non per obbligo, per scoperta di un viaggio che già incominciato perda il suo programma (se mai lo abbia avuto).
Adesso che la libertà sta cambiando suoni e colori, s’assottiglia nel tempo (breve o no, chissà) che ci resta, ci incontra diversamente , diventa essenziale e senza fronzoli nè aspettative. Libertà libera da definizioni, di esser quello che è e che non è stata finora.
(continua – in progress 29042020)
Immagini:
NPAL LAb 2015-16 Findhorn Foundation – “Così vicini all’Oceano ed alle Stelle” – “So close to the Ocean, the Moon and the and Stars”)
Un breve racconto da “La mia vita” libro di mio padre Carlo Barnabei – partigiano della brigata Gap “Sergio Bassi”
PIAZZALE LORETO
“E’ appena trascorso il giorno glorioso del 25 Aprile. E’ mattina, ho da poco finito il turno di guardia alla mitraglia appostata sul terazzino della seconda Portineria della mia Fabbrica, l’Alfa Romeo, in via Renato Serra. Gli scontri in città sono finiti. Trovo il modo di fare una scappata a casa. Mentre cammino per raggiungere la mia abitazione, apprendo la notizia che Mussolini è stato giuistiziato. Il suo corpo è esposto a piazzale Loreto. Ho un sussulto, vado subito a vedere se è vero, incredulo.
Arrivo e la piazza è gremita all’inverosimile; mi appare la scena che tutto il mondo conosce. Al traliccio di un manufatto sinistrato (angolo corso Buenos Aires) sono appesi per le gambe i corpi di Claretta Petacci e Benito Mussolini. Quei corpi non mi fanno compassione, rappresentano la fine della tragedia che ha sconvolto il mondo. Il luogo è transennato, e vigilato dalle Guardie Partigiane. Le salme provengono da Dongo, sono state deposte in questo piazzale dove, il 10 agosto 1944 per rappresaglia ad una presunta azione partigiana di sabotaggio (contro un camion tedesco (in viale Abruzzi – 8 Agosto 1944 ), dei militi fascisti (della legione Ettore Muti di RSI) avevano fucilato, 15 antifascisti detenuti, prelevati dal carcere di San Vittore (per ordine del comando di sicurezza nazista).
Poco dopo il comando C.N.L., avvertito il pericolo che i corpi vengano calpestati dalla folla inferocita, nell’intento di sottrarli allo scempio, dispone di esporli al cospetto di tutti.
Un fiume di persone passa davanti alla transenna, lì vicino se ne sono fermate altre. Ecco: vedo di spalle una donna anziana, vestita di nero; appoggiata alla transenna, gesticola, impreca, maledisce quei corpi poco distanti da lei, quasi li tocca! Le persone vicine assistono in rispettoso silenzio.
Quella scena è sempre rimasta impressa nella mia mentee d è l’immagine inesorabile della condanna del nazifascismo. “
Aggiungo una “NOTA”: Nella narrazione di quei giorni da parte di mio padre, ricordo un’altra immagine che in questo suo racconto non appare: sul corpo di Claretta Petacci appeso capovolto la gonna è stata chiusa ( legata) alle ginocchia, grazie ad un gesto di rispetto di qualcuno. Quest’immagine e quella della donna anziana in nero che maledisce, non mi sembrano in contraddizione ma complementari. Nella loro distanza uno spazio per la nostra umanità. Per non dimenticarla mai, sia in rivolta sia in pace, verso tutti, nessuno escluso.
Ora e sempre resistenza rinnovata.
Una delle mie foto preferite di mio padre Carlo (Carletto). L’ho trovata recentemente, non l’avevamo mai vista insieme e non appare nel suo libro (pubblicato ne 2004 e depositato all’Archivio dei diari di Pieve).
Probabilmente, sta facendo un comizio (sul davanzale di una finestra), nel 1945. Chissà se quei giornio mio zio Peppino Roncaglioni (nome di battaglia “el Negher” partigiano della brigata Gap di “Visone” G. Pesce) fosse ancora vivo. Morirà a 21 anni in ospedale per rappresaglia fascista il giorno prima della Liberazione.
Nel ’49 mio padre e mia madre Renata, staffetta partigiana e sorella di Peppino, si sposeranno e continueranno per tutta la vita insieme a rispettare quella scelta politica ed umana senza compromessi con coraggio, trasmettendola . Grazie (non aggiungo altro) – Carluccia
Guardo i Fiori nel vaso, sul tavolo in cucina. “Stanno appassendo, dovrei cambiarli!”, è un pensiero automatico.
Appassendo nel vaso raccontano la storia
delle foglie quando lasciano il ramo, cambiano colore e distanza dalla
terra. Volano giù.
Così, le margherite bianche ingiallendosi mi richiamano alla stagione della mia età di oggi, in bilico fra Autunno ed Inverno. E, se i miei capelli sono diventati di un colore così simile a quello delle margherite e delle foglie ingiallite, mi rallegro del cambio di stagione, dentro e fuori di me, di nuovo. Me ne rallegro, perchè mi sembra di far parte di un cambiamento che non solo mio, sia oltre me. Inarrestabile.
Non esiste una età in cui ci si butta via o si butta via qualcun altro o qualcos’altro.
(continua / in progress 15092019)
Manca la foto, ma c’è (sul cellulare), domani la trasferirò. Nel frattempo, ne metto un’altra . . .
NPAL Lab – “s o t t o c a s a” – Milano, Parco Lambro & Altrove
28 . 0 . 2019
“Sarà ben ora di buttarli questi fiori! Guarda, sono proprio appassiti!”. Stai dicendo. Forse, sei in ansia o indispettita?
“Non lo sai che i fiori appassiti vanno buttati, il vaso va lavato e riposto?”
e continui a dire di quello che sembra e, forse non è, di quello che si deve fare.
“Non lo capisci?”
(dialogo interrotto)
(continua)
30 . 9 . 2019
30 . 9 . 2019
Cantano gli ultimi Uccelli prima di migrare da questa Estate infinita.
A volte, non so di cosa sto parlando. Ascolto e parlando mi trovo in un discorso che non conosco. Se non me ne accorgo subito, potrebbe durare a lungo.
In caso contrario, di soprassalto mi chiedo cosa mai io stia dicendo. Se me ne rendo conto solo in parte,
per il resto non so che fare (che faccio)?
Quando non mi spavento troppo, chiedo di riascoltare quello che ho detto. Lo scrivo, o lo riscrivo, per riscoprirlo.
Forse, In questo modo per riascoltare e rileggere, ho scritto la maggior parte dei post(s) in questo blog?
Solo di recente, ho completato le sezioni About e Info, in alto nel frontespizio di Boscoparlante ( iniziato neel 2003) e, poco fa, vi ho trovato scritto:
“Senza preclusioni, osserva l’orizzonte. Fino a quando scomparirà.”
(ora, lascio uno spazio vuoto, per tornare a scrivere in questa attesa. E, lascio in sospeso alcune frasi, connesse da spazi da lasciare vuoti e o da visitare).
NPAL (Nomadic Provisiobal Art-Life) Lab – Findhorn Foundation (Manda’s living room) 2012
17 . 8 . 2019
What’d you say about?”
Ho sempre creduto , forse in automatico, al dialogo dando per scontato che ci fosse, sempre e con tutti ( o quasi).
Invecchiando, mi sono accorta che se il dialogo manca dentro di me (fra tutte le mie parti separate), non posso pretendere di trovarlo fuori, intorno.
E, da quando finalmente l’ho trovato (le mie parti separate si sono riconosciute e cercano integrazione/riunione) non posso comunque pretendere che ci sia con qualcuno o con tutti.
Se (dialogo) c’è, (allora) c’è. Viceversa, se non c’è, non c’è . . .
“Comunque, non escludere possa accadere, Non si sa mai…).
(il testo di “A tratti” qui sotto, nei commenti
(continua – in progress)
“Series of Masks”- NPAL Lab – Milano & Elsewhere 2015/2016
14 . 8 . 2019
“The space among all those words”
18 . 8 . 2019
Per tutta la vita mi sono accentrata sulla mancanza, invece di riconoscere quello spazio vuoto come un’occasione per sperimentare libertà, riconoscimento, consapevolezza e gratitudine.
“Ad un certo punto, la vita si rivolta, come un abito quando lo si toglie di dosso. “
Cosa succede, forse, dipende da come è l’abito, da quanto e come lo si è indossato e da come lo si leva?
“Dipende dalla vita e dalla morte . . . “
Così mi avevi già risposto, ed io avevo subito pensato: ecco, un’altra volta questa risposta!
Kiki Smith’s – Peters Project
19 . 8 . 2019
La vita si rivolta, e questo, da qualche tempo, non mi spavento più come prima.
Cerco di restare, (qui) ad ascoltarla. Perchè, mi sembra proprio che la vita non sia da possedere ma da lasciare accadere. Magari nutrendo, in noi un intento che
non sia un programma ma una specie di porta per loro, la vita & la morte.Quando le considero insieme e non separate, sento che c’è salvezza sia nell’una sia nell’altra.
E, quando qualcosa di destabilizzante accade o qualcosa finisce, quando qualcuno si allontana ed io mi perdo, aspetto che l’abito della vita si rivolti di nuovo e cambi (ma ormai lo so, non è mio . . .).