Prima, stavo per aprire una pagina di Word per scrivere, ed invece, ho aperto questa pagina del blog. Ora, sto scrivendo qui.
“Descrivere un avvenimento senza commenti o giudizi”.
E’ possibile.
“L’Acqua è libera. Non portarla, per forza, al tuo Mulino”.
Emotivamente acquatica, mi muovo serpeggiando, fino a quando non a caso, cado. Magari precipitassi!
La caduta nega l’esplorazione del precipizio. Saltare non è una destrezza per arrivare dall’altra parte. E’ la conoscenza del precipizio, da subito, da adesso.
Nessuna preparazione per saltare facendo qualcosa di speciale. Nessun punto d’arrivo, e forse neanche di partenza.
L’esplorazione del precipizio, nell’Ombra fitta di chi sono stata, sono e sarò. Nessuna etichetta, giudizio, colpa o giustificazione.
“Tutto fluttua, soprattutto quando sembra fermo o immutabile.”
C’era una volta, e non c’era. Eppure, qualcosa c’è. Se (la/o) lascio accadere e le/gli riconosco la libertà di manifestarsi come e quando sarà, forse non (lo/la) riconoscerò, mai più.
Eppure, se sto nella sensazione libera dall’aspettativa e dalla paura di ciò che “deve o non deve accadere”, comincio a sentire, a sentirlo, a sentirti e non è certamente come avrei voluto.
Invece, la libertà che sento (da te, da me, da noi,da loro da …) è quella che ho sempre cercato, senza neanche saperlo!
E’ libertà libera da riferimenti, come l’amore. E, mai come ora, liberaMente ti sento, mi sento, vi sento.
Un paesaggio di nuvole in viaggio, una porta ed una chiave in altre forme, un portale che s’apre su un confine inesistente (presunto confine secondo una percezione separata, divisa & nella divisione).
“Da tempo, stava arrancando, anche in pianura. nella casa così sospesa fra un ritorno di cose ed idee partite e tornate indietro. Tornare indietro, come se fosse un’altra. Quella che sta diventando.”
Qui, al sesto piano, mi pare che la sospensione drammatizzi un volo e, come se fosse già avvenuto, guardo giù.
1.
“Vorrei scendere.”, disse. Eppure, stava camminando su un sentiero che era una strada.”
“Vorrei scendere”, si trovò a ripetere.”
Ed improvvisamente, tutti i grattacieli scompaiono insieme ai falsificati Boschi verticali. Ne restarono poche tracce, come pozzanghere.
NPAL 3011014 Diary (listening to the Vision of Joanna, again)
* * * * * * * * * * * *
Visions of Johanna – Portsmouth UK, Summer 2000 –
1. NPAL Diary in Transit – London, WhiteChapel Gallery, January 2014
(altre limmagini in progress, prossimamente, cioè presto 🙂
* * * * * * * * * * * *
P.S.: Come on, jump on and spring up . . . !
2 12 . 014
“Fai il primo passo nella fede: Non hai bisogno di vedere tutta la scala, basta fare il primo passo.”
Ci sono momenti in cui mi dimentico di ciò che, pochi istanti prima, avrei voluto scrivere … Ed allora, cosa scrivo (adesso è proprio così)? Bene (C l i c k ), scrivo quello che sento allora, cioè ora. E, questo è proprio un momento in cui sto dimenticando ciò che poco fa avrei voluto raccontare.
C’è una pausa, uno spazio che si intromette fra un’immagine passata ed una presente, ma che non c’è o comunque, non si vede. Un paesaggio mancante o così infinito da annullare ogni definizione, riferimento o nome. Resta ben visibile, uno spazio rarefatto. Li’, mi smarrisco. C’è un balbettio, fra vedere e non vedere. Non sapere, sempre. Un balbettio, sì; me lo ricordo. Quando si balbetta, che succede? Si incespica, su una lettera, su un suono o chissà dove (veramente).
Ci si interrompe, la voce si spezza, non si può continuare, fino alla fine, mai. L’interruzione mi fa sprofondare in un baratro: non sono arrivata alla fine della parola, o della frase, e resto sospesa, arranco, scivolo, precipito, ma dove?
Sto parlando al presente, ma quando balbettavo, e ci “credevo”, era proprio così. Se solo mi fossi fermata ad ascoltare, quel baratro avrebbe assorbito il mio precipitare e l’avrebbe trasformato in un volo. Musica di giostra , o di carillon, sento ora… la ballerina col tutù rosa, fra gli specchi, gira e gira. La sua danza deborda dal palcoscenico, (chissà dove), traccia movimenti tribali. S’accende un fuoco. (. . . )
Una storia vale un’altra, quello che conta è raccontare, anzi accogliere le storie, che di nostra proprietà non sono, lasciarle passare. E, restituirle al Vento.
Grazie, sempre. 🙂
NPAL Lab/ Home, PS (provisional set) 2013/14
Eccone una, una storia, un’altra.
Quando sento certe canzoni, le ascolto e le canto come se fossero scritte dentro di me. Mi meraviglio di ricordare canzoni degli anni settanta, parola per parola, quando dimentico tutto o quasi!
La voce accoglie e rilascia, tante storie, mie e non… quando si dice che la separazione non esiste ed è proprio un soffio in-separazione, un balbettio che passa dal baratro e quando meno te lo aspetti, ti porta da altre parti. Come viaggiare in un altro mondo, pur restando qui. O, forse, si resta sul confine
fluttuante fra i mondi, provvisoriamente (cioè per ora).
Questo post segue una linea a zig-zag, da un giorno ad un altro successivo e poi, qui in cima, scrivo oggi, quattro giorni dopo.
Lascio un appunto. Sto scrivendo qui nel blog, dando valore a ciò che non riesco a trovare in facebook. il silenzio per ascoltare. Un vuoto che fa sentire l’eco e non il brusio, di “I like” e forse, regala l’illusione di libertà o almeno lascia sentire la domanda “Chi sono?” (e non chi sembro). Grazie!
“A lot of people make it sort of a love song—slow and easy-going. But it isn’t a love song. It’s a statement that maybe you can say to make yourself feel better. It’s as if you were talking to yourself. It’s a hard song to sing. I can sing it sometimes, but I ain’t that good yet. (…) I sometimes am able to do it, but it happens, when it happens, unconsciously. (…) I can make myself feel better some times, but at other times, it’s still hard to go to sleep at night.”
BOB DYLAN about “Don´t Think Twice, It’s All Right” – “The Freewheelin’ Bob Dylan” Liner Notes
NPAL Meetings & Silence 1609014
(in progress – continua 4)
8 . 9 . 2014
C’è un post in arrivo. Gira in tondo …
NPAL Meeting & Diary 0609014
(in progress – continua 1)
9 . 9 . 014
“Arriverò felice da fare schifo e libererò tutti i tuoi pianti trattenuti”.
Comincerei la frase, se si potesse, e quindi: ma io, mi e ti chiedo: un pianto libero non può essere di qualcun altro che non piange e non sorride insieme… o no?
Forse le azioni consuete alle proprio o altrui della personale o altrui Facebook’s page, tralasciate in loco, s’affacciano qui? Eh, da un po’ Scrivo nei commenti del blog un link come un appunto da sviluppare in seguito, in un post, qui.
Eccone uno!
Post in progress, assolutamente . . .
NPAL Diary – Sound & Meeting/Testimony
25 . 8 .2014
Ah, il Silenzio . . . Presenza di libero suono, senza chiacchere. Silenzio; che va taciuto o detto, c’e’ differenza? Che sia segreto o cio’ che non va taciuto, segretamente in sospeso e non posso sapere ne’ cosa ne’ come, sarà’ espresso e da chi… Non so, se il Silenzio sia in me o in noi, ammesso che ci sia distanza, o vicinanza, fra me , fra noi, fra voi e tra loro . . .
NPAL diary, Findhorn Foundation / the Park, July 2014
N.B.: post in progress, più che mai… ) sono in una condizione di “straripamento emotivo”, quindi posso scrivere solo a tratti, altrimenti resterei al pc, o a scrivere-disegnare su un quaderno, giorno e notte. Cè anche altro da fare… quindi, scriverò a tratti…. 🙂
11. 22 – Da qualche tempo mi dedico a The Work (oppure qui) e la dinamica di ribaltare, ciò che avverto all’esterno verso di me diventa qualcosa che io, percependolo, agisco in me o verso l’altro, è qualcosa che non ricevo ma che io stessa agisco più o meno in-consapevolmente verso me stessa o l’altro.
Oh yes, facciamola finita con le accuse agli altri, cominciando dai genitori, in questa vita e pure nelle altre … Ora, eccomi di fronte alla mia connessione, assunzione di responsabilità ! Ad un certo punto il dramma-commedia svanirà e “ribaltare” rivela questo gioco nella vita… La consapevolezza responsabile prima si presenta , ogni tanto, svegliando lo spirito libero della gioia attraverso il rilascio della tensione, e poi, spesso ed infine, quasi sempre, ad ogni passo incerto o troppo sicuro.
A proposito, c’è una sicurezza, a volte, che mi spaventa. L’avverto forse più sovente negli altri, e quindi zac! Ribalto su di me, non è qualcun altro o qualcosa, all’esterno, a spaventarmi, son io, ed allora mi chiedo: perché mi spavento? Mi son trovata “da un’altra parte, scrivendo (ancora) e mi fermo qui. Avevo cominciato a scrivere perchè rileggendo una poesia-canzone di Bob Dylan mi ha infastidito o toccato una sua frase, mi era sembrata eccessiva ed allora l’ho ribaltata su di me. E’ questa:
“I found hopeless love in the room above
When the sun and the weather were mild
You’re as fine as wine, I ain’t handing you no line
I’m gonna have to put you down for a while”
Huch’s Tune – BOB DYLAN
Un’altra domanda: ho scritto questo post invece di qualcosa d’altro simile ad un Report del Viaggio a Iona (sono appena tornata in Italia, almeno fisicamente)? Chissà Perchè … 🙂 . Comunque, continua … Grazie ❤
Rastak Group è “a new ensemble for contemporary Persian folk music was formed as an experimental music group in 1997. The group seeks to collect, record and interpret traditional persian folk music for a global audience, incorporating language, culture and history also me ring traditional instruments and forms with contemporary rhythms. The musicians who comprise Rastak have graduated from the best universities in Iran and have done extensive research into Persian folk music.”.
Non conoscevo questo gruppo ma il mio incontro con la musica persiana risale a tante, tante Lune fa. Quando portavo musica e soprattutto musica tradizionale dei mondi a scuola per le nostre lezioni. Quanti bei ricordi…!
Ora, dopo aver incontrato questa musica per una fortunata (apparente) casualità, sto ascoltando un dialogo, fra noi. Provo ad azzardare alcuni suoi argomenti. E’ un ensamble misto, donne ed uomini, tutti suonano con un’ispirazione , stanno giocando molto seriamente, proprio come sanno fare molto bene i bambini. Credono a quello che stanno facendo insieme e giocano, si giocano il confine o il limite fra di loro e l’universo, fra la loro cultura e tutte le altre.
Riascolto, e sento: la tromba del giudizio universale, il campanello del gatto, il battito ritmato del cuore e quello del bissare alla porta. Sento l’invocazione del vento e della pioggia, la disperazione della separazione e la gioia di scoprire che non esige e non esiste, sento lo strillo napoletano dei vicoli, di chi vendendo gioca la sopravvivenza, sento il pianto trattenuto nell’attesa che diventa di gioia o di morte a secondo se la “barca” arriva o no.
Ed intanto, sento l’accettazione, di essere insieme sempre, anche quando si è soli, soprattutto … Grazie.
NPAL Travel & Meeting – British Museum, London, January 2014 – Man’s Clothes, recycled metal foll bottl-neck wrappers, copper wire by EL Anatsui, Ghana 1999 – 2001
“The traditional narrow-strip woven silk kente cloth of Ghana is a source of pride and a receptacle of cultural memories. It is a leitmotif that runs through much of El Anatsui’s work.
He uses it to pursue the themes of the memory and loss, particularly the erosion of cultural values through unchecked consumerism, here symbolised by the bottle-neck wrappers.
Yet El Anatsui’s work is ultimately optimistic, in the case using cloth as a metaphor for both the fragility and the dynamism and strength of traditional clothes may be seen i the textiles section of the galleries.
El Anatsui (1944) was born in Ghana but since the 1970s has been working at Nsukka where he is professor of Sculpture at the University of Nigeria”.