F r a m m e n t a r i a


Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii – 1909.

P e a s a n t  G i r l s

Sei dispersiva, anzi, sei proprio frammentaria. Mi dicevano, a scuola o fuori. Non riuscivo a concludere brevemente, prendevo una strada partendo da un argomento o andando in una direzione, e mi trovavo da tutt’altra parte. Mi perdevo, scoprivo. Mi incantavo. E ne ero felice, abbastanza.

Non me ne sono mai pentita,  superat l’affanno di concluder all’ultimo momento, di corsa. Accettato che il risultato fosse sempre parziale ripetto a quello desiderato, atteso, sono stat molto felice, spesso. Non esente dai sensi di colpa, ma mai pentita di essermi persa, così.
Felice di perdermi, nonostante il timore di non essere riconosciuta.

Perdendomi ho cominciato a trovarmi, pezzetino a pezzettino. Ho cercato e cercato, soprattutto  certi frammenti dispersi in profondità, ne sentivo il richiamo flebile, disperato, appassionato; ma non li vedevo, cercandoli nel buio e nel silenzio,  nella melma e nell’invasione, nel baratro e nella compiacenza, nella mischia ed in solitudine assoluta.

I frammenti trovati, cioè quelli che si  son fatti trovare, con estrema difficoltà o per miracolo, mi han fatto un regalo.  Sì, che regalo  sorprendent: capire, o più precisamente sentire, come  ciò che vediamo, ascoltiamo, riconosciamo, sia in fondo sempre un frammento di un innominabile, indefinibile tutto. Quel tutto e/o niente, che di meraviglioso ha il proprio mistero, la propria ineffabile, inpermanente trasparenza, l’ombra ed ogni propria qualità dissolta. Come ho trovato stamattina in un blog (un  momento), regalo fra i regali, 


“NON SI RISOLVE,  SI DISSOLVE”

Moto caotico del frammento, della separzione apparente, del sogno in veglia (o viceversa) ?
 Molto tempo dopo, qualche hanno fa, “altri” mi hanno dertto: ” Non cercate un movimento lineare, nion è il tuo. Tu cammini a zig zag, come nei boschi. quella è la tua natura.”

Lo stupore, di una chiave per una porticina (kaapi) di un appagamento (paritosh) che non  fosse tanto quello del (mio) desiderio ma della (mia) natura. Meraviglioso (non l’io), il niente (senza capirci, bene inteso… 😉
E mi son ricordata una canzone dei C.S.I. “Bolormaa “  – in “Tabula rasa elettrificata dei C.S.I.che mi è piaciuta immadiatamente al primo ascolto:


“Osservo con timore Bolormaa
la contorta
concetto fatto
carne, nervi, viscere, legamenti
sinuoso movimento

Monito terrorista che
la  retta è per chi ha fretta,
non conosce

pendenze,
smottamenti,
rimonte.

Densamente spopolata
è la felicità,
densamente spopolata
è la felicità.

Preziosa.

La felicità
è senza limite,
viene e va.

La felicità
à senza limite
viene e va.

Viene.
Viene e poi
se ne va.

Splendida Bolormaa
arresa all’amore

fluida molle
resistente
lascia
fluire il dolore

che la felicità
è senza limite
Viene.
E va

e viene..”


©lab Harambèe – Kapi carla barnabei
Milano & Altrove, Aprile 2007

l e t t o

Ancor oggi,  ondeggio. Dovunque, più o meno. Non posso fare altrimenti, provo a restringermi, assottigliarmi, a essere lieve, Qualche volta ci riesco (forse). Altre volte, naufrago. Mi perdo, nel panico. Ma non mi pento.
Raccolgo i frammenti, quando la paura me li fa sentire separati, e cantiamo insieme. Ora ho imparato (ri-forse)Cosa? Una canto popolare , una ninna nanna o una canzone di Bobby, ovviamnete , gran maestro di trasformazione e di alchimie di frammenti…


Tu, io, noi, separati ed indivisi !
Senza nome. Senza-forma.
Grazie.

( 5. c o n t i n u a)

Cinque Maggio

Sono nata negli anni cinquanta…Ed ancora ascolto ua musica che del passato nel presente m’incanta…
Per incantesimo non intendo qualcosa o qualcuno che incanti, di esterno a me. Intendo un’innominabile presenza che mi collega ad un’assenza. Assenza viva,che  oggi mi ha liberato.

 Nell’ombra sono rinata, nell’accettare poca luce nella mia casa, nella mia grotta. Il segreto è l’accettazione, ma che significa accettare?
Accettare una visione che scopre, starci dentro quanto sveste da tuttio i riferimenti,chi credevo di essere,(me l’avevano detto e l’avevo creduto..).

Ora,  sentire il vento addosso, significa non sapere, finalmente.   Non so dove andrò o dove resterò. In fondo non c’è differenza. Dipende da cosa si intende per luogo, casa, presente. Chi sono, dove sono.

Un suono di un telefonino o un canto  disperso, un miagolio di gatti in amore, un urlo nel codominio assiepatao. Un fulmime  a ciel sereno.
Ed è notte, mattino luminoso, riflesssi sull’acqua rimbalzono  sentiero, lucine che segnano la direzione come lucciole superstiti. 
Oppure è deserto di dune in cambiamento basta un soffio e il deserto interiore sfuma. Diventa spazio solo, come il letto di un fiume senza acqua, se dell’acqua non si perde memoria.

Cinque maggio…  Ero appena nata in un tris di cinque, e mia mamma sorrideva  alle primule mentre cercava un quadrifoglio nell’erba alta.
Grazie, grazie a te, ancora, sempre. Noi inseparate, ora, ci ascoltiamo
A te  dedico questa musica, come se la sentissimo insieme, tu sulla poltrona azzura ed io sul cuscino arancione pr terra, con le pantofole tu  ed io scalza io, stesso sospiro. E qualche lacrima,di  quelle dolci dopo  quelle così aspre della separazione presunta d’altro tempo.

 Alla fine, come all’inizio. Si annullano le distanze, nasce e muore qualcosa che non finisce e cambia, cambia, cambia. Ininterrottamente,continua, ad altro nome, ad altre sponde. Finisce e continua. Grazie, grazie.

Dal nuovo disco di Bobby una canzone -"This dream of you" – mi fa piangere, nel disegno sottile che si vede,si cancella e ritorna come una ragnatela (cambiano i tessitori ma non la mappa da tessere)…L’ho ascoltata, riascoltata ("E’ una beguine ?") e (ti) ho scritto.
 Ciao ;-)

(1 – continua )

Verdegall