T r o u g h t

lab Harambèe – kaapi carla barnabei  – Milano 6 Altrove, Marzo 2010

d o o r

“Con tutte le divisioni del terreno si vede bene la mappa dei confini e si perde il territorio.

Non voglio stare da una parte o dall’altra, piuttosto ci passerei attraverso…”.

*

Ad ogni partenza, un bilancio fa spazio al nuovo. Il bilancio va esaminato, soppessato, ineterpretato e congedato.

Il congedo è un nuovo progetto. Qui, oltre alla vita c’è ben poco da investire,  sulla vita si sa non si possono fare investimenti, neaNche a breve termine. La vita passa, cambia, si mescola a volte finisce, o così potrebbe sembrare, insomma ci si fa affidamento nell’istante in corso. E subito dopo non si sa.

Quando ho vissuto una settima al Circo Togni , ero piccola e l’avevo chiesto a papà come regalo di compleanno, c’era un Clown anziano che mi aveva raccontato una storia d’amore. Quella fra il Filo ed un’Acrobata.

Ogni giorno durante le prove e più tardi nello spettacolo, si parlavano e lei lo attraversava, per ascoltare fino in fondo la storia.

Ogni gorno continuava  andando da  molte parti, e altrove. Mentre lei sospesa lassù ascoltava, veniva trasportata, restava ed andava via.

Attraversava sì, ma non solo il filo: persino le sembrava, di invecchiare in un solo momento, di tornare indietro di secoli.

In quel posto c’era già stata, lo sentiva nelle caviglie.

Quella canzone nel vento l’aveva già sfiorata, glielo  diceva il cuore.

O invece, ringiovaniva di colpo,  si vedeva un’altra, in un tempo lontano , a venire.

Insomma, ogni congedo poteva essere l’ultimo o il primo.

Paddy  Hamilton


**

Sapeva che sarebbe, prima o poi arrivata da Lui, in quel luogo o in un altro.

Avrebbe potuto saperlo dal filo, ma lui non ci era mai voluto salire.

Non aveva bisogno di conferme o di speranze.  Era sicuro di far parte di una storia in cui tutte e due erano previsti, e gli bastava. Che cosa  accadesse in fondo gli pareva secondario. Che conta, lui si diceva, è che ci sia il vento, già è musica. Che conta è che ci sia una storia, farne parte. E svanire in un’altra, insieme. Ancora.

Di storie me ne ha raccontate altre, almeno una ogni giorno. Eppure, s’intrecciavano tra loro, sia pur in ordine sparso; qualcuna arrivava per ultima ma raccontava di qualcosa che era accaduto prima di qualcosa d’altro raccontato all’inizio. Così che, non si poteva più distinguere nè prima nè dopo.

Come in  un disegno che si compone e non finisce mai, non si può distinguere  inizio e fine . . . Come quella musica che nasce da un’ eco imprecisata, si fa, si disfa e ritorna ad esser eco. Quale suono originario? Da dove?  Chissà.

( 5 . 5 . 51  –  c o n t i n u a )

C o m p a r t i r

"Desde Chile Gracias por compartir tanta belleza"
Marlene Sandoval
 

Una partenza gioios(a PARTIR)…condivisa (COM) nello spazio-tempo indiviso (passato presente futuro).

La Terra accoglie l’Ombra lunga.
Riconosce rami spogli. Nuda.
e, di già, dei Germogli il Sogno.

( 28 – continua )


2 4    M a y

 

Buon compleanno Bob…!

Non leggerai e probabilmente  detesti i festeggiamenti d’augurii…!
Forze apprezzeresti un mazzolino di Viole, fiori esili e forti, dai petali come ali  di farfalle…

Bobby, grazie… oggi più che mai!
😉



Il post finisce qui, per ora
(con il portatile non ho più la connessione, si è
rotta la chiavetta?)
Lascio solo un segno, anzi un segna.posto…

(24 – continua)


F r a m m e n t a r i a


Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii – 1909.

P e a s a n t  G i r l s

Sei dispersiva, anzi, sei proprio frammentaria. Mi dicevano, a scuola o fuori. Non riuscivo a concludere brevemente, prendevo una strada partendo da un argomento o andando in una direzione, e mi trovavo da tutt’altra parte. Mi perdevo, scoprivo. Mi incantavo. E ne ero felice, abbastanza.

Non me ne sono mai pentita,  superat l’affanno di concluder all’ultimo momento, di corsa. Accettato che il risultato fosse sempre parziale ripetto a quello desiderato, atteso, sono stat molto felice, spesso. Non esente dai sensi di colpa, ma mai pentita di essermi persa, così.
Felice di perdermi, nonostante il timore di non essere riconosciuta.

Perdendomi ho cominciato a trovarmi, pezzetino a pezzettino. Ho cercato e cercato, soprattutto  certi frammenti dispersi in profondità, ne sentivo il richiamo flebile, disperato, appassionato; ma non li vedevo, cercandoli nel buio e nel silenzio,  nella melma e nell’invasione, nel baratro e nella compiacenza, nella mischia ed in solitudine assoluta.

I frammenti trovati, cioè quelli che si  son fatti trovare, con estrema difficoltà o per miracolo, mi han fatto un regalo.  Sì, che regalo  sorprendent: capire, o più precisamente sentire, come  ciò che vediamo, ascoltiamo, riconosciamo, sia in fondo sempre un frammento di un innominabile, indefinibile tutto. Quel tutto e/o niente, che di meraviglioso ha il proprio mistero, la propria ineffabile, inpermanente trasparenza, l’ombra ed ogni propria qualità dissolta. Come ho trovato stamattina in un blog (un  momento), regalo fra i regali, 


“NON SI RISOLVE,  SI DISSOLVE”

Moto caotico del frammento, della separzione apparente, del sogno in veglia (o viceversa) ?
 Molto tempo dopo, qualche hanno fa, “altri” mi hanno dertto: ” Non cercate un movimento lineare, nion è il tuo. Tu cammini a zig zag, come nei boschi. quella è la tua natura.”

Lo stupore, di una chiave per una porticina (kaapi) di un appagamento (paritosh) che non  fosse tanto quello del (mio) desiderio ma della (mia) natura. Meraviglioso (non l’io), il niente (senza capirci, bene inteso… 😉
E mi son ricordata una canzone dei C.S.I. “Bolormaa “  – in “Tabula rasa elettrificata dei C.S.I.che mi è piaciuta immadiatamente al primo ascolto:


“Osservo con timore Bolormaa
la contorta
concetto fatto
carne, nervi, viscere, legamenti
sinuoso movimento

Monito terrorista che
la  retta è per chi ha fretta,
non conosce

pendenze,
smottamenti,
rimonte.

Densamente spopolata
è la felicità,
densamente spopolata
è la felicità.

Preziosa.

La felicità
è senza limite,
viene e va.

La felicità
à senza limite
viene e va.

Viene.
Viene e poi
se ne va.

Splendida Bolormaa
arresa all’amore

fluida molle
resistente
lascia
fluire il dolore

che la felicità
è senza limite
Viene.
E va

e viene..”


©lab Harambèe – Kapi carla barnabei
Milano & Altrove, Aprile 2007

l e t t o

Ancor oggi,  ondeggio. Dovunque, più o meno. Non posso fare altrimenti, provo a restringermi, assottigliarmi, a essere lieve, Qualche volta ci riesco (forse). Altre volte, naufrago. Mi perdo, nel panico. Ma non mi pento.
Raccolgo i frammenti, quando la paura me li fa sentire separati, e cantiamo insieme. Ora ho imparato (ri-forse)Cosa? Una canto popolare , una ninna nanna o una canzone di Bobby, ovviamnete , gran maestro di trasformazione e di alchimie di frammenti…


Tu, io, noi, separati ed indivisi !
Senza nome. Senza-forma.
Grazie.

( 5. c o n t i n u a)

1 0 0    F a r f a l l e

Farfalle e Fiori si distinguono appena.  Ali, foglie e petali
quasi indistinti fra loro, nell’attimo che che precede e segue il volo.


E’ un Paper-cut cinese (Carta ritagliata), miracoloso intaglio a mano,
 per trasparenze di finestre, specchi  e lanterne, a festa.

lab Harambèe – c. k. barnabei
Milano  &  Altrove, Aprile 2006

 

Sui vetri della finestra, invece,
dei ritagli rudimentali in carta di riso,
fatti da me nell’ottobre 1994
.  

Quando fuori è buio dalla luce della casa,
anche quella di un solo lumino,
filtrando  sul muro della casa di fronte,

un piccolo teatro d’ombre…

Però, sarebbe ora di cambiarli
questi ritagli…  Per un’altra scena!


 


Post in progress… A dopo.

( c o n t i n u a )


Cinque Maggio

Sono nata negli anni cinquanta…Ed ancora ascolto ua musica che del passato nel presente m’incanta…
Per incantesimo non intendo qualcosa o qualcuno che incanti, di esterno a me. Intendo un’innominabile presenza che mi collega ad un’assenza. Assenza viva,che  oggi mi ha liberato.

 Nell’ombra sono rinata, nell’accettare poca luce nella mia casa, nella mia grotta. Il segreto è l’accettazione, ma che significa accettare?
Accettare una visione che scopre, starci dentro quanto sveste da tuttio i riferimenti,chi credevo di essere,(me l’avevano detto e l’avevo creduto..).

Ora,  sentire il vento addosso, significa non sapere, finalmente.   Non so dove andrò o dove resterò. In fondo non c’è differenza. Dipende da cosa si intende per luogo, casa, presente. Chi sono, dove sono.

Un suono di un telefonino o un canto  disperso, un miagolio di gatti in amore, un urlo nel codominio assiepatao. Un fulmime  a ciel sereno.
Ed è notte, mattino luminoso, riflesssi sull’acqua rimbalzono  sentiero, lucine che segnano la direzione come lucciole superstiti. 
Oppure è deserto di dune in cambiamento basta un soffio e il deserto interiore sfuma. Diventa spazio solo, come il letto di un fiume senza acqua, se dell’acqua non si perde memoria.

Cinque maggio…  Ero appena nata in un tris di cinque, e mia mamma sorrideva  alle primule mentre cercava un quadrifoglio nell’erba alta.
Grazie, grazie a te, ancora, sempre. Noi inseparate, ora, ci ascoltiamo
A te  dedico questa musica, come se la sentissimo insieme, tu sulla poltrona azzura ed io sul cuscino arancione pr terra, con le pantofole tu  ed io scalza io, stesso sospiro. E qualche lacrima,di  quelle dolci dopo  quelle così aspre della separazione presunta d’altro tempo.

 Alla fine, come all’inizio. Si annullano le distanze, nasce e muore qualcosa che non finisce e cambia, cambia, cambia. Ininterrottamente,continua, ad altro nome, ad altre sponde. Finisce e continua. Grazie, grazie.

Dal nuovo disco di Bobby una canzone -"This dream of you" – mi fa piangere, nel disegno sottile che si vede,si cancella e ritorna come una ragnatela (cambiano i tessitori ma non la mappa da tessere)…L’ho ascoltata, riascoltata ("E’ una beguine ?") e (ti) ho scritto.
 Ciao ;-)

(1 – continua )

Verdegall


M u r i    e   P o n t i

1.
 
Ho praticato le immagini, all’interno/esterno, per tutta la ia vita. Al lavoro e non. Di giorno e di notte le ho incontrate, le ho accolte, disegnate, mi son fatta da loro attraversare. Ho persino sfiorato l’invasione e non so se sono io ad essere stata occupata (invasa?) dalle immagini o viceversa.


2.

Un po’ di riposo, alle immagini, che si sciolgano, si trasformino, altrove. Un po’ di riposo da/a me …
Attraverso il ghiaccio dello specchio, appannato, ciò che s’intravede non si spiega. Si svelerà ?



3.

Ho sempre preferito lo spazio alle cose. Ma non lo sapevo. Ho accumulato ed ora cerco di disperdere. Mi lascio portare via. E’ il vento?
Resto, qui o  non so dove. Sento  tutte le voci che mi hanno toccato, dentro. E non trattengo più, scoprendo che in questo modo non si è più soli. C’è il vento, e che vento.  Anche quando fuori tutto sembra calmo, che ci sia aria di tempesta ?

Eppure, un sospiro,sfiora come una carezza le foglie appena nate, verdissime di giallo e blu.  Improvvisamente gli alberi  si sono vestiti  di leggerezza.  Grazie.  🙂


!. 2.  3. 
Muri e Ponti

 
© lab Harambèe/Kaapi Carla Barnabei, Venezia  & Altrove
 Gennaio 2006 /  Marzo 2009


( c o n t i n u a )


C o n t i n u a

 

Ci sono due mani. S’avvicinano.
Un teschio su un palo ed un altro.Ondeggiano leggermente.
Non fanno paura. Sono stendardi, indicano. Forse proteggono.

Una  voce impercettibile talmente è profonda, parla di te. Non ci sono altre immagini. Io sono qui e ascolto.
Non c’è bisogno di aspettare, o di capire.

Richiama. Risuona, ma non si sa.

Fra poco l’Equinozio porterà un altro cerchio a chiudersi.. .
O ad aprirsi.


Mi dicevano:

"Se la luce non può  essere senza ombra,l’ombra ha la sua luce.
Non cercare di separale, mai."

"Ascolta."

Quando arrivava Primavera mio Nonno Felice mi portava 
nel Giardino dove lavorava e mi diceva:
"Sei  diventata alta quasi come  questa Betulla."

Però io mi sentivo sempre piccola piccola, vicino a lui
(e ne ero fiera…)

Verso sera tornavamo a casa in biciletta con le prime Viole del Pensiero (avevano occhi grandi. Le avremmo trapiantate, una ad una neill’orto comune (Orto delle Meraviglie in fondo al cortile dietro ad un cancello intrecciato ad onde,nella Vignetta).

Seduta su un cuscino  giallo oro legato sulla canna, sentivo il vento fra i capelli. Lungo il viaggio, insieme cantavamo piano nell’onda odorosa  di quei fiori così piccoli.



( 14 . c o n t i n u a )

Domenica, 9.30

Colori abbaglianti. Dipinti parlanti (la vita del simbolo) anche senza codice. Basta ascoltare, parlano all’energia che scorre dentro (di te/me/noi), oltre le parole ed i significati. Mi verrebbe da dire, ora, che il linguaggio non serva,non comunichi veranemte senza la libertà di ascoltar-(si/ci9 in noi e fra noi. Non conta dare/ricevere  risposte/affermazioni, conta0 sentitire la vita, esserne veicolo.

"Il simbolo è vivo."

Rosso splendente vicino al verde dell’erba e del creato, assorbiti dall’ombra….

Parlando di colori e contrasti cromatici,  giovedì scorso durante una lezione , abbiamo considerato la complementarietà rispetto sia a ciò che c’è sia a ciò che manca (un colore primario è complementare al secondario che non lo contiene e viceversa non è complementare al secondario nel quale c’è. Fondamentale riconoscere tutte le relazioni,  prima e dopo, insieme. Non separare distinguendo e rispettando differenze e variabilità).

Eh sì,preferiamo le congiunzioni alle opposizioni quando quest’ultime dividono,  a parte eccezioni… Che il ciclo si completi e si rinnovi naturalmente, nel rispetto della danza. Fra la vita e la morte, dell’in-visibile… Senza opportunismo, connivenza, compiacenza e complicità nella "realta" o almeno con la necessità un minimo di consapevolezza (ho appena letto il giornale).

🙂
Buon Oggi e buona Primavera!

P.S.: le immagini (sacre) 1. 2. 3. sono riproduzioni dipunte su un mobile cinese (spacciato per tibetano), ma parlano lo stesso, mi sembra 😉

© lab Harambèe – kaapi carla barnabei
Milano  &  Altrove, Marzo 2006

d o p o

( 15 . c o n t i n u a )

U n o
 e
 l’A l t r o



© Lab Harambèe – Kaapi carla barnabei
Milano & Altrove, Febbraio 2008

f r a  u n a  s t a  n z a 
e  l’ a l t r a

 


© Lab Harambèe – Kaapi carla barnabei
Milano & Altrove, Febbraio 2007

s  p e c c h i o

Fra una stanza e l’altra, fra un’immagine e l’altra, ci sono storie ed anche non ci sono… Sono diverse da quelle che so e da quelle che non conosco.
Oppure sono così simili da non essere riconosciute. Imprevedibili. Inaspettate.



"Se ascolti, riconosci, trasmetti.

Non cercare di capire…
Ascolta. (Ama) "

( 3 . continua )