Di Segni


Japanese hanging scroll. Two swimming carp


his hanging scroll was drawn about 80 years ago. Two swimming carp is drawn well.
A carp is the fish which is popular from ancient times. It is good composition.
I do not know this painter’s name. But, anyway it is the Japanese painting drawn seriously.
There are little wrinkles. Little damage is in mounting. But it is still hung enough.

Lo sfondo, dipinto prima del resto, s’anima di contorni luminosi ed appare un guizzo nell’acqua, un volo liquido. Vicino all’eternità del cielo di notte e dello stesso luminoso nel sole.

Pennellate d’inchiostro sulla carta si fanno acqua, anzi oceano. Semplicemente raccontano della vita ciò che trasparente c’è nella materia manifesta in forme mutevoli. Energia, pura energia.

Un contorno chiaro, lasciato forse per riserva sullo sfondo scuro, quasi tre quarti della striscia dipinta soltanto in parte. Acqua e vuoto o cielo?

Distanze rappresentate da differenti tonalità l’inchiostro. dipinte una ad una, trasparenze negli occhi sporgenti, i baffini morbidi, pinne setose scorrevoli. E così via, si potrebbe a lungo continuare. Eppure c’è dell’altro, indescrivibile.

Ed io vorrei imparare con questo pennello, con queste dita, a non credere solo a ciò che vedo (o non verdo). Disegnare o essere disegnati?

Vorrei lasciarmi attraversare dai segni che l’esistenza trasmette. Segni, sia dentro sia fuori di me,siano tracce, richiami, linee di mappe terrestri o d’aria, rughe sulla pelle e nell’anima. Ragnatele e corone d’alghe.

Lasciarsi attraversare. Non passivamente e neanche per avere potere, o essere toccata dalla grazia, dall’estasi o da qualcosaltro…
Solo per appartenere veramente all’universo. Non sapendo come. Senza possedere, senza credere, senza giudicar(mi), senza conquistare o essere conquistati. Insomma, amare (senza)…!

Il foglio è bianco. Ed oggi è un altro giorno

(o anche un giorno antico).

S u r r e n d e r


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei
Qui & Altrove, Parco di Via Palestro, Luglio 2007

v i a g g i o


Ci sono


*

* *


Corrispondenze fra ciò che vedo ed è stato visto diversamente. I disegni lo raccontamno.

Nello spazio di una mappa c’è sempre qualcos’altro. Forse, chi la segna non vede, non sa fino in fondo.
Noi disegnamo, raccontiamo, comunichiamo, oppure siamo anche disegnati , raccontati, comunicati …?

“A nostra insaputa i segni ci segnano, raccontano memorie antiche e future.
Storie sospese, in divenire, fra una e l’altra, fra noi. Dentro e fuori.”



Ci sono e chissà cosa diventeranno.


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Milano & Altrove, 13 Giugno 2007

d e n t r o f u o r i


Ci siamo? Chissà cosa diventeremo…

🙂


* Old Suzan

* * Mappa stellare Dogon
( 1.)
( 2.)

( 12 – continua )

Questo post si è combinato “per caso”…! Che sia un’indicazione a rileggere (non basta mai)

” DIEU D’ EAU” di Marcel Griaule
Lo farò … appena finirà la sQuola, oppure mi porto il libro durante gli esami …?! 😉

“Dieu d’Aeau” di M. Griaule ed.ed Fayard

oppure “Dio d’Acqua” ed. B. Boringhieri o anche Red

Oh…!


© lab Harambèe – Milano & Altrove, 28 Maggio 2007

a m o r e

“Amore mio, dici. Invochi. Sento, invochi non me, ma l’amore, in me.
Tu. Trasmetti.

Invochi e tu sai invocare senza chiedere. E’ una Contemplazione muta in quel Canto, un Sogno va oltre sè stesso e diventa Altro.”

Ed io, con Umiltà sorpresa. Lombrico che strscia. Foglia che accolta lascerà il Ramo. Farfalla che continuamente muta, contemplo dell’Aria d’Amore il Silenzio.”



Ed è Incanto, sa. Sa della Guerra dentro e fuori e dell’essere, qui. Nè vinto nè vittoroso, semplicemente trasparente alla trasmissione dell’Esistenza… Canale.
Niente. Che Meraviglia …


Surrender… Di nuovo!


TRADITIONAL IKATA ADRAS UTZBECK

“Until recently the peoples of Uzbekistan, like other nations, attributed great meaning to the magic power of certain objects, plants and animals, aimed to use them as talisman against the agency of evil spirits. This piece is full of symbolism and sacred meaning. General ornaments are bodom-almond, comb, spiral pattern, etc.”

Oh…!


© lab Harambèe – Milano & Altrove, 28 Maggio 2007

a m o r e

“Amore mio, dici. Invochi. Sento, invochi non me, ma l’amore, in me.
Tu. Trasmetti.

Invochi e tu sai invocare senza chiedere. E’ una Contemplazione muta  quel Canto, un Sogno va oltre sè stesso e diventa Altro.”

Ed io, con Umiltà sorpresa. Lombrico che strscia. Foglia che accolta lascerà il Ramo. Farfalla che continuamente muta, contemplo dell’Aria d’Amore il Silenzio.”



Ed è Incanto, sa. Sa della Guerra dentro e fuori e dell’essere, qui. Nè vinto nè vittoroso, semplicemente trasparente alla trasmissione dell’Esistenza… Canale.
Niente. Che Meraviglia …


Surrender… Di nuovo!


TRADITIONAL IKAT ADRAS UTZBECK

“Until recently the peoples of Uzbekistan, like other nations, attributed great meaning to the magic power of certain objects, plants and animals, aimed to use them as talisman against the agency of evil spirits. This piece is full of symbolism and sacred meaning. General ornaments are bodom-almond, comb, spiral pattern, etc.”


S p l e n d o r e
&
S t u p o r e


© lab Harambèe – Vèrger & Altrove, Primavera 2007

v i c i n o

Lo splendore come stupore. Stupito, dal verbo stupir(si).
Ora,senza affermarlo, sentirlo lo stupore.

Sentire così che, come ogni visione, non sia mio (nel senso del possesso e del sapere) o nostro (nel senso che noi sì, lo sappiamo e ce losuamo conquistato abbiamo, noi).

Lo stupore che sia piuttosto un’appartenza? Apparterrà, lo stupore , al Nulla meraviglioso che nel suo apparente movimento di assorbimento in sé riconosce essenza all’invisibile o a ciò che trasformato verso l’essenza le si avvicina, forse.

La scoperta che scopre e che risveglia, oltre a ogni apparenza, ad essere semplicemente qui ora. Senza credere,senza sapere, senza essere qualcuno senza avere qualcosa. Semplicemente essenza.
Una solitudine che si trasforma in un’appartenza. Innominabie, indicibile lontananza.


“Una goccia sola, è pioggia. Ma lo sa…?

Lo sanno la foglia ed il ramo quanto sono lontani
o vicini dalla terra/cielo, e fra loro ?”


S p l e n d o r e
&
S t u p o r e


© lab Harambèe – Vèrger & Altrove, Primavera 2007

v i c i n o

Lo splendore come stupore. Stupito, dal verbo stupir(si).
Ora,senza affermarlo, sentirlo lo stupore.

Sentire così che, come ogni visione, non sia mia (nel senso del possesso e del sapere) o nostro (nel senso che noi sì, lo sappiamo e ce lo siamo conquistato abbiamo, noi).

Lo stupore che sia piuttosto un’appartenza? Apparterrà, lo stupore, al Nulla meravigliso che nel suo apparente movimento di assorbimento in sè riconosce essenza all’invisibile o a ciò che trasformato verso l’essenza vi  si avvicina, forse?

La scoperta che scopre e che risveglia, oltre a ogni apparenza, ad essere semplicemente qui ora. Senza credere, senza sapere, senza essere qualcuno senza avere qualcosa. Semplicemente essenza.
Una solitudine che si trasforma in un’appartenza. Innominabie, indicibile lontananza.


“Una goccia sola, è pioggia. Ma lo sa…?

Lo sanno la foglia ed il ramo quanto sono lontani
o vicini dalla terra/cielo, e fra loro ?”