Se mi metto a contare sbaglio. E,l’errore mi insegna, dietro alla parola s’identifica nello sbaglio una colpa. Proprio lì dentro, ed in fondo, alla colpa c’è la scoperta. Una scoperta che, forse da tempo lungo e sottile, attende. Una scoperta lo sa di essere un po’ defilata, il suo nascondersi si rivela. Rivela di per sè. Trasmette, insegna sempre.
Ogni cosa esistente, visibile ed invisibile, ha in sè una rivelazione, in sè e per sè, collegata da una rete energetetica vibrante, di suoni e colori, luminosa/ombrosa, di ragione e senza ragione. Incantata.
Incanto quotidiano. Semplicità speciale, da riconoscere, attende.
Le paroe non bastano. Anzi, eccedono, nella loro precarietà…!
Una pianta di zucchine, fra foglie fiori e frutti, convive con altre piante, intorno. Condividono la terra e l’aria. Sotto al cielo, in profondità variabile.
Certi le chiamano erbacce, erbe da estirpare (soffocano, dicono, ciò che deve crescere per diventare raccolto, da prendere).
Invece, chissà come si chiamano le piante, fra loro .
Mi chiedo. E, se fossimo noi le erbacce, nell’universo? Oppure, non esistono male erbe, solo erbe diverse. Impreviste forme. Nessuna esclusione. Insieme, unita diversità.
Noi umani accentriamo al nostro lnguaggio azioni e classsificazioni, come fosse l’unico ed il pricipale.
D’accordo, lo farò. Nessuna fuga?
Ma quale instabilità o variabilità nel confine che distingue me dall’altro/i, quale precarietà persino nel noi (quando distingue e divide amici/nemici) !
Mi hanno insegnato “parla sempre in prima persona per assumerti la responsabilità…!”. Io, me ne accorgo, a volte, di non essere mai sola, anche se mi sembra di esserlo ;-). Anche se non si vede qualcuno!
Se mi metto a contare chi c’è, cosa vedo?
Non conterò più. Ascolterò. Dirò, so che ci siete, invisibili.
Sento la musica. I passi soffici, le tracce del cuore, le stelle negli occhi. Gli arcobaleni, i segni sotto le foglie, nello spazio, dentro.
Le piume di esseri che non hanno certo il nome da noi preteso, indefinibili. E gli sguardi, attenti, curiosi. Eccolo, il teatro invisibile ! Accettare il limite rende lo spettacolo vero, illuminante. Ce lo hanno insegnato, lo abbiamo dimenticato, il potere o la forza del teatro. La sua guarigione dell’im-possibile.
Un amore incondizionato, che guida, atTraverso una precaria e variabile distinzione (di forma e di sapere) là. Là, dove nessuna distinzione separa ed avvalora.
,nel perdurare di un viaggio (i n – f i n i t o) a Findhorn (grazie e grazie).