A d i e u


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Milano & Altrove, Luglio 2007

s e i

Quando non puoi stare in una situazione ma non la vuoi negare, insomma quando non vuoi scappare, che fai?

E’ necessario inventare affinchè questa impossibilità possa esprimersi in modo non distruttivo (senza fuga). Facile, a dirsi,eh.

Attenzione attenzione, si tratta di accettazione e non di negazione!

Che fare ?

Qualcosa che asssomigli a un salto mortale, a una piroetta che ti sposti là, lasciandoti per qualche istante sospeso. Non al di sopra, non al di sotto. Sospeso, senza ganci e forse anche senza rete (radicato però):

E allora, lo vedi…? Il filo,eccolo.

Invisibile e meraviglioso filo di funambolo non professionista, teso fra due opposti (stare o fuggire). Ci si può dimenticare di lasciare andare la presa (non trattenere, non agganciare) fuggendo ?
Mmm, altrochè.

“Che fare ?”

Questa domanda, ohibò. Ti porta altrove. Così succede, lo strupore contagioso ti conduce dove un’estasi quotidiana semplice ti dice di sì, (tranquillo, ce la fai, stai qui o lì…)

Non c’è niente da perdere (nessuna conquista o subordinazione, nessuna sconfitta o vittoria).

Come ti chiami?

Io mi chiamo Nesssuno. Ed è dolce naufragare in questo mare…
Accidenti! Urca, che citazioni) 😉


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Qui & Altrove, 23 Luglio 2007

s e t t e

Qui ora, a celebrar partenza (domani, ore 12)…
Arrivederci e addio (o viceversa) …!

Un abbraccio

🙂 kaapi carla


Di Segni


Japanese hanging scroll. Two swimming carp


his hanging scroll was drawn about 80 years ago. Two swimming carp is drawn well.
A carp is the fish which is popular from ancient times. It is good composition.
I do not know this painter’s name. But, anyway it is the Japanese painting drawn seriously.
There are little wrinkles. Little damage is in mounting. But it is still hung enough.

Lo sfondo, dipinto prima del resto, s’anima di contorni luminosi ed appare un guizzo nell’acqua, un volo liquido. Vicino all’eternità del cielo di notte e dello stesso luminoso nel sole.

Pennellate d’inchiostro sulla carta si fanno acqua, anzi oceano. Semplicemente raccontano della vita ciò che trasparente c’è nella materia manifesta in forme mutevoli. Energia, pura energia.

Un contorno chiaro, lasciato forse per riserva sullo sfondo scuro, quasi tre quarti della striscia dipinta soltanto in parte. Acqua e vuoto o cielo?

Distanze rappresentate da differenti tonalità l’inchiostro. dipinte una ad una, trasparenze negli occhi sporgenti, i baffini morbidi, pinne setose scorrevoli. E così via, si potrebbe a lungo continuare. Eppure c’è dell’altro, indescrivibile.

Ed io vorrei imparare con questo pennello, con queste dita, a non credere solo a ciò che vedo (o non verdo). Disegnare o essere disegnati?

Vorrei lasciarmi attraversare dai segni che l’esistenza trasmette. Segni, sia dentro sia fuori di me,siano tracce, richiami, linee di mappe terrestri o d’aria, rughe sulla pelle e nell’anima. Ragnatele e corone d’alghe.

Lasciarsi attraversare. Non passivamente e neanche per avere potere, o essere toccata dalla grazia, dall’estasi o da qualcosaltro…
Solo per appartenere veramente all’universo. Non sapendo come. Senza possedere, senza credere, senza giudicar(mi), senza conquistare o essere conquistati. Insomma, amare (senza)…!

Il foglio è bianco. Ed oggi è un altro giorno

(o anche un giorno antico).

S u r r e n d e r


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei
Qui & Altrove, Parco di Via Palestro, Luglio 2007

v i a g g i o


Ci sono


*

* *


Corrispondenze fra ciò che vedo ed è stato visto diversamente. I disegni lo raccontamno.

Nello spazio di una mappa c’è sempre qualcos’altro. Forse, chi la segna non vede, non sa fino in fondo.
Noi disegnamo, raccontiamo, comunichiamo, oppure siamo anche disegnati , raccontati, comunicati …?

“A nostra insaputa i segni ci segnano, raccontano memorie antiche e future.
Storie sospese, in divenire, fra una e l’altra, fra noi. Dentro e fuori.”



Ci sono e chissà cosa diventeranno.


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Milano & Altrove, 13 Giugno 2007

d e n t r o f u o r i


Ci siamo? Chissà cosa diventeremo…

🙂


* Old Suzan

* * Mappa stellare Dogon
( 1.)
( 2.)

( 12 – continua )

Questo post si è combinato “per caso”…! Che sia un’indicazione a rileggere (non basta mai)

” DIEU D’ EAU” di Marcel Griaule
Lo farò … appena finirà la sQuola, oppure mi porto il libro durante gli esami …?! 😉

“Dieu d’Aeau” di M. Griaule ed.ed Fayard

oppure “Dio d’Acqua” ed. B. Boringhieri o anche Red

Pietre per le mie tasche

Seppellite le madri una dopo l’altra
ci lasciamo trasportare dalla corrente
le buone e le cattive ragazze.

Nessuno più ci chiederà,
quando torni a casa?
Tutte le valigie si svuotano e ci lasciano.

Dopo le prime ore di dolore in caduta libera
diventeremo sirene o sibille senza età, intoccabili.

Un’amica dipinge le mani di sua madre
su stoffa, vetro, carta.
Una cattura con le parole un certo nitore degli occhi
un certo chiuso dolore.
Una fa volteggiare i suoi piccoli in un vortice di petali dipinti
nell’autunno della loro nonna.

Io raccolgo le tue storie,
pietre per le mie tasche
per ancorarmi a terra
quando la radice cede.

Karen Press


traduzione di Paola Splendore

in
“Lo Straniero”
n° 4- Giugno 2007


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Qui & Altrove, Giugno 2007

1. e 2.


Questa poesia mi fa piangere. Come una pioggia leggera a primavera.
Le tracce sbiadiscono ma restano segni invisibili solo agli occhi.
Ci sono segni che trasformano, parole che stordiscono la paura
ed incoraggiano la nuda verità…?


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Milano & Altrove, Giugno 2007

a u l a 2 2 3

Pietre per le mie tasche

Seppellite le madri una dopo l’altra
ci lasciamo trasportare dalla corrente
le buone e le cattive ragazze.

Nessuno più ci chiederà,
quando torni a casa?
Tutte le valigie si svuotano e ci lasciano.

Dopo le prime ore di dolore in caduta libera
diventeremo sirene o sibille senza età, intoccabili.

Un’amica dipinge le mani di sua madre
su stoffa, vetro, carta.
Una cattura con le parole un certo nitore degli occhi
un certo chiuso dolore.
Una fa volteggiare i suoi piccoli in un vortice di petali dipinti
nell’autunno della loro nonna.

Io raccolgo le tue storie,
pietre per le mie tasche
per ancorarmi a terra
quando la radice cede.

Karen Press


traduzione di Paola Splendore

in
“Lo Straniero”
n° 4- Giugno 2007


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Qui & Altrove, Giugno 2007

1. e 2.


Questa poesia mi fa piangere. Come una pioggia leggera a primavera.
Le tracce sbiadiscono ma restano segni invisibili solo agli occhi.
Ci sono segni che trasformano, parole che stordiscono la paura
ed incoraggiano la nuda verità…?


© lab Harambèe – carla kaapi barnabei

Milano & Altrove, Giugno 2007

a u l a 2 2 3

S e n z a
s f o r z o


© lab Harambèe – Milano & Altrove, 30 Maggio 2007

s e g n i c i e l o

<font face="Courier New" color="#727972" size=3

Tada oreba

Oru tote yuki no

Furi ni keri

<font face="Courier New" color="#727972" size=3

C’ero soltanto.

C’ero.

Intorno

mi cadeva la neve.

<font face="Courier New" color="#727972" size=2

Kobayashi Issa (1783.1828)

<font face="Courier New" color="#727972" size=1

A volte, bisogna stare proprio fermi, in silenzio. Non c’è proprio niente da fare.

Per non scappare via, stare qui.

Qualcosa intanto scorre, e va…

🙂


A
che
titolo


© lab Harambèe – Vèrger & Altrove, Primavera 2007

v a


La borsa dello Specchio
da un sentiero d’Acqua
attraversata …

(non è una poesia)
* 55156 – continua *


Old Nomad Bag for Mirror Oyna Alta.
(Uzbek)

Durante gli spostamenti da un pascolo all’altro i nomadi portavano anche un sacchetto o borsa per gli specchi chiamati Oyna Alta. Nella
yurta uno specchio riposto non cessava di essere ciò che era.

Agiva come custode di un tempo che già era stato e segnava spazio a nuovi risvegli. Nella
yurta
,come in un grembo, attendeva.

(dom. 20 . 5. 07 – 9.29 )


A
che
titolo


© lab Harambèe – Vèrger & Altrove, Primavera 2007

v a


La borsa dello Specchio
da un sentiero d’Acqua
attraversata …

(non è una poesia)
* 55156 – continua *


Old Nomad Bag for Mirror Oyna Alta.
(Uzbek)

Durante gli spostamenti da un pascolo all’altro i nomadi portavano anche un sacchetto o borsa per gli specchi chiamati Oyna Alta. Nella
yurta uno specchio riposto non cessava di essere ciò che era.

Agiva come custode di un tempo che già era stato e segnava spazio a nuovi risvegli. Nella
yurta
,come in un grembo, attendeva.

(dom. 20 . 5. 07 – 9.29 )


S p l e n d o r e
&
S t u p o r e


© lab Harambèe – Vèrger & Altrove, Primavera 2007

v i c i n o

Lo splendore come stupore. Stupito, dal verbo stupir(si).
Ora,senza affermarlo, sentirlo lo stupore.

Sentire così che, come ogni visione, non sia mio (nel senso del possesso e del sapere) o nostro (nel senso che noi sì, lo sappiamo e ce losuamo conquistato abbiamo, noi).

Lo stupore che sia piuttosto un’appartenza? Apparterrà, lo stupore , al Nulla meraviglioso che nel suo apparente movimento di assorbimento in sé riconosce essenza all’invisibile o a ciò che trasformato verso l’essenza le si avvicina, forse.

La scoperta che scopre e che risveglia, oltre a ogni apparenza, ad essere semplicemente qui ora. Senza credere,senza sapere, senza essere qualcuno senza avere qualcosa. Semplicemente essenza.
Una solitudine che si trasforma in un’appartenza. Innominabie, indicibile lontananza.


“Una goccia sola, è pioggia. Ma lo sa…?

Lo sanno la foglia ed il ramo quanto sono lontani
o vicini dalla terra/cielo, e fra loro ?”


S p l e n d o r e
&
S t u p o r e


© lab Harambèe – Vèrger & Altrove, Primavera 2007

v i c i n o

Lo splendore come stupore. Stupito, dal verbo stupir(si).
Ora,senza affermarlo, sentirlo lo stupore.

Sentire così che, come ogni visione, non sia mia (nel senso del possesso e del sapere) o nostro (nel senso che noi sì, lo sappiamo e ce lo siamo conquistato abbiamo, noi).

Lo stupore che sia piuttosto un’appartenza? Apparterrà, lo stupore, al Nulla meravigliso che nel suo apparente movimento di assorbimento in sè riconosce essenza all’invisibile o a ciò che trasformato verso l’essenza vi  si avvicina, forse?

La scoperta che scopre e che risveglia, oltre a ogni apparenza, ad essere semplicemente qui ora. Senza credere, senza sapere, senza essere qualcuno senza avere qualcosa. Semplicemente essenza.
Una solitudine che si trasforma in un’appartenza. Innominabie, indicibile lontananza.


“Una goccia sola, è pioggia. Ma lo sa…?

Lo sanno la foglia ed il ramo quanto sono lontani
o vicini dalla terra/cielo, e fra loro ?”